La Città Futura

il progetto rossoverde per Portogruaro
 

Le vignette di Lorenzo Bussi: Bandiere

22 marzo 2011
Pubblicato da Lorenzo Bussi

Bandiere

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Le vignette di Lorenzo Bussi: Trigrulore

16 marzo 2011
Pubblicato da Lorenzo Bussi

Trigrulore

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Buon compleanno, Italia!

Pubblicato da Adriano Zanon

  Il 27 gennaio 1861
  si svolsero le prime elezioni
  per il nuovo Parlamento.       

Avevano diritto 419.938 cittadini su oltre 22 milioni di abitanti, ma i votanti furono solo 239.583, poco sopra l’uno per cento ed i voti validi furono 170.567. Si consideri che allora i dipendenti statali erano circa 70 mila. Su 443 deputati furono eletti 85 fra principi, duchi e marchesi, 28 ufficiali, 72 fra avvocati, medici ed ingegneri. Mentre il Senato rimaneva formato da designati della corona. 

Ovviamente a quei tempi non c’era da nessuna parte una grande partecipazione elettorale. Sia negli Stati Uniti, la prima grande democrazia moderna, che nel Regno Unito, che nel 1832 aveva fatto una riforma per allargare la base elettorale, si votava in base al censo. Nella penisola potevano farlo i cittadini maschi sopra i 25 anni e che pagavano un importo minimo di imposte, dalle 40 lire annue del Piemonte alle 20 della Liguria. Con metà reddito potevano votare i laureati, i notai, gli ufficiali in pensione, infine anche artigiani e commercianti e industriali che non pagavano imposte per le loro attività, ma alla fine erano pure sempre in pochi. Per inciso ricordo che il suffragio universale, esteso anche alle donne, si ebbe solo con la rivoluzione russa, nel 1918. 

Sul territorio italiano c’erano state l’anno prima diverse votazioni, anzi plebisciti. Gli abitanti degli staterelli (Parma, Modena, Toscana tra i primi) erano stati chiamati a dare il consenso all’annessione al Regno di Sardegna. Poi anche al Sud. Così il 21 ottobre 1860 si svolse la votazione per l’annessione della Sicilia al Piemonte. Su una popolazione di 2.400.000 abitanti votarono 432.720 cittadini (ben il 18%), con 432.053 votarono sì e solo 667 no. Ma la mafia era già una realtà ed aiutò non poco. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambiâ€, fece dire Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) al principe Tancredi, il protagonista del suo romanzo Il Gattopardo, uscito postumo nel 1958. Bisognava saltare subito sul carro del vincitore. 

Dunque, a fine gennaio ci furono le elezioni generali, il nuovo Parlamento fu convocato per il 18 febbraio e dopo solo un mese di lavori:  

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Da Torino, addì 17 marzo 1861 

Questa è storicamente considerata come la proclamazione ufficiale del Regno d’Italia. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861. Questo fu dunque l’atto che viene ricordato e festeggiato il 17 marzo come anniversario dell’unità d’Italia. 

In realtà il territorio non era ancora completo. Senza la pretesa di ricordare tutte le vicende storiche, le battaglie, le guerre ed i trattati, possiamo elencare così le tappe principali. 

1815: dal Congresso di Vienna che restaura l’Europa dopo le guerre napoleoniche, il paese è diviso in sette porzioni, tra le quali c’è il Regno di Sardegna. 

1848: tra marzo e agosto si combatté la ‘prima guerra d’indipendenza’, con un buon avvio e grandi prove civili, come le giornate di Milano e Venezia,  ma la sconfitta militare finale dell’esercito sabaudo da parte degli austriaci che portò all’abdicazione di Carlo Alberto a favore di Vittorio Emanuele II, mentre i confini rimasero i precedenti.  

1861: al momento della proclamazione del Regno d’Italia, grazie alle imprese del 1959 (‘seconda guerra d’indipendenza’) e del 1860 (l’impresa garibaldina) i confini erano veramente cambiati. Al Nord si estesero alla Lombardia, esclusa Mantova, mentre al Centro rimaneva, ma ben ridotto, un po’ di stato pontificio. I grandi protagonisti furono Cavour al Nord (ma non solo) e Garibaldi al Sud. Ma mentre il secondo non trovò grande resistenza, il primo ministro piemontese dovette dare la Savoia e Nizza in cambio dell’impegno della Francia di Napoleone III nella guerra contro gli austriaci, una ferita che rimase aperta per molto tempo. (Cavour morì il 6 giugno.) 

1866: con la cosiddetta ‘terza guerra d’indipendenza’ (luglio) i confini al Nord si estesero al Veneto, ma non comprendevano ancora il Trentino, il Friuli orientale e la Venezia Giulia, insomma Trento e Trieste. Questa volta fu premiante l’alleanza con la Prussia, in conflitto con l’Austria per l’egemonia in centro Europa e decisiva fu la battaglia di Sadowa (3 luglio). 

1870: il 20 settembre i bersaglieri entrarono a Roma, fu la famosa ‘breccia di Porta Pia’. Ancora una volta decisivo fu il contesto europeo, dove Napoleone III s’imbarcò in una disastrosa guerra contro la Prussia, che determinò la fine sua e della sua protezione al Papa. 

1918: solo con la fine della prima guerra mondiale e la battaglia di Vittorio Veneto (4 novembre), Trento e Trieste vengono unite alla penisola. Sono passati 70 anni dal 1848. 

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Casomai c’è l’esercito

11 marzo 2011
Pubblicato da Ermes Drigo

L’autostrada Venezia-Trieste verso la terza corsia

Nel 2001 – dieci anni fa, in un altro mondo – il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) pubblicò il primo programma delle opere strategiche. In esso, fra le “Infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti strategici e di preminente interesse nazionale, da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paeseâ€, alla voce “Sistemi stradali e autostradaliâ€, c’era il “Complemento del corridoio stradale n° 5â€, del quale fa parte integrante l’ampliamento dell’asse autostradale A4 tramite la realizzazione della terza corsia. A tal fine la Società Autovie Venete SpA, concessionaria delle autostrade A4 (Venezia – Trieste), A23 (Palmanova – Udine Sud) e A28 (Portogruaro – Pordenone – Conegliano), ai sensi del D.Lgs. n° 190/2002,  predispose in data  28.02.2003 il progetto preliminare della terza corsia di tutta la parte di A4 di propria competenza (Venezia – Trieste). Con deliberazione n° 13 d.d. 18.03.2005, sempre il CIPE approvò infine il progetto preliminare, predisposto dalla Concessionaria, relativo all’adeguamento a terza corsia dell’autostrada A4 da Quarto d’Altino (VE) a Villesse (GO).

Tutto fatto, tutto previsto, tutto in ordine, tutto in legge.

Ora, la concessionaria Autovie Venete – 86,59% di proprietà della Friulia SpA a sua volta per l’80,01 % della Regione Friuli Venezia Giulia ed il rimanente 19,99% di proprietà soprattutto di banche ed assicurazioni – si appresta a progettare e a realizzare, ovviamente per lo sviluppo dell’intera nazione, la terza corsia dell’autostrada A4 Venezia – Trieste. Così una società controllata a maggioranza dalla Regione Friuli, un ente pubblico, persevera in questa politica di incentivazione del traffico su gomma creando non pochi problemi ai cittadini che vivono lungo questa arteria. Una società controllata a grande maggioranza dalla Regione Friuli, un ente pubblico, fa una valanga di utili (24,2 milioni di euro nel 2007 – 41,4 nel 2008 – 18,8 nel 2009) a spese della nostra salute.

Un’autostrada che dalla sua apertura, 40 anni fa,  non ha visto la piantumazione di un solo albero nonostante la stessa Regione Veneto nell’ultimo piano regionale dei trasporti accerti la gravità dell’aria che respiriamo a causa delle polveri sottili emesse dalla combustione dei motori che trasportano soprattutto merci.

Un ente pubblico, la Regione Friuli che destina una parte delle entrate al proprio bilancio ordinario; non tutto viene reinvestito. Più traffico e più fondi in bilancio. E’ possibile per un ente pubblico fare i soldi a spese della salute dei cittadini? Se si, quanto?

Non solo un’aria pessima, con valori di gran lunga peggiore di quelli usati per bloccare il traffico automobilistico in tante città, ma anche alluvioni dovute alla non manutenzione degli attraversamenti dei corsi d’acqua, rumore intollerante per chi vive a Portovecchio, o a Fratta o Alvisopoli, oppure a Pradipozzo o a San Nicolò.

Quanto costa tutto ciò? Quanto dovrebbe dare la Regioni Friuli di risarcimento ai cittadini del Veneto orientale? Cosa possiamo fare? Denunciare, pretendere, attendere una risposta che non arriva?  Sembra proprio che tutto ciò non interessi ai nostri amministratori e tanto meno al Commissario per la terza corsia (lo stesso Presidente della Regione Friuli), incaricato ovviamente per evitare intralci nella costruzione dell’opera.

Dal 2005 a Teglio Veneto si è formato un comitato di cittadini che chiede boschi per mitigare la qualità dell’aria e il rumore; nel 2010 questo stesso comitato ha presentato le osservazioni al progetto definitivo con tanto di protocollo ai comuni interessati, al commissario e al presidente della Commissione Europea per l’Ambiente. Sapete chi ha risposto? Solo il commissario europeo, tutto il resto silenzio. Perché gli amministratori chiamati in causa dovrebbero risponderci? Per dirci cosa?

Casomai, se per caso i cittadini stanchi di queste arroganze culturali, di questa folle idea che per risolvere il problema del traffico, bisogna allargare le strade e non ridurre il traffico spostando magari le merci su ferrovia o mare, un giorno decidessero di lamentarsi bloccando i lavori, c’è sempre la possibilità di usare l’esercito per fermare i dimostranti.

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La via più saggia

6 marzo 2011
Pubblicato da Matteo Civiero
 
La Tav/Tac vista da veri esperti

In questi mesi abbiamo avuto modo di parlare, ospitare ed assistere ad interventi di alcuni fra i maggiori esperti a livello nazionale e internazionale a proposito della Tav che interessa il nostro territorio. Diciamo subito e senza incertezze che emerge un parere pressoché unanime e inequivocabile: il progetto presentato da Italferr, oltre che fortemente impattante, appare incomprensibile dal punto di vista degli obiettivi che vuole raggiungere e molto distante dal rispondere alle vere esigenze del territorio.

Per comprendere questa affermazione occorre partire dalla considerazione che Edoardo Salzano, già professore di urbanistica del Dipartimento di pianificazione dello Iuav di Venezia, fa a proposito del Corridoio V all’interno del quale si inserisce l’opera: i corridoi europei non devono servire a trasportare velocemente persone o merci da un capo all’altro, per esempio da Barcellona a Kiev (servizi per i quali non c’è una reale domanda) bensì a realizzare «connessioni facili, comode, economiche, rispettose dell’ambiente, tra i vari territori nazionali». In altre parole devono essere l’occasione per costruire un sistema di trasporti multimodale che dipende dalle relazioni economiche presenti nei diversi territori e che richiede risposte specifiche e diversificate. Per questo è insensato pianificare il trasporto stradale, ferroviario, fluviale, portuale e aeroportuale in maniera separata e non coordinata.

Ferrovia attuale, autostrada e progetto preliminare della Tav a Nordest

Punto di partenza imprescindibile ma spesso trascurato è quindi l’analisi dei problemi territoriali e la loro priorità: i gravi problemi oggi sono quelli che riguardano servizi adeguati per i pendolari, i trasporti ferroviari di breve-media percorrenza (ovvero i trasporti  regionali) e la necessità di decongestionare la strada dal traffico merci. Per quanto riguarda il nostro territorio significa avere un buon servizio ferroviario regionale che permetta di raggiungere rapidamente e frequentemente Venezia o Trieste (mete principali del pendolarismo di lavoratori, studenti e turisti) e di spostare parte del traffico merci dall’autostrada alla ferrovia.

Lo spiega molto bene Franco Migliorini, già Direttore Pianificazione Regionale Trasporti della Regione Veneto e Coordinatore del Piano dei trasporti della stessa Regione, in un’intervista alla Nuova Venezia: «certo c’è l’esigenza di arrivare da Trieste a Milano in un tempo decente che consenta il viaggio in giornata. Ma, come dimostrano studi seri effettuati sui bacini di traffico, e pubblicati sul sito www.ferrovieanordest, per quanto riguarda la tratta da Trieste a Venezia l’utenza è spaccata a metà tra due sub tratte regionali che si uniscono sul Tagliamento. Insomma pochi, ad oggi, percorrono l’intera tratta, tanto che l’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, ha detto più volte che per un treno no stop su questa tratta dovrebbe essere contemplato un contributo delle regioni, fino a raggiungere il break even»; ovvero un treno veloce sarebbe in netta perdita economica per carenza di domanda. Insomma il progetto Tav non risponde minimamente a questa esigenza del trasporto passeggeri, che dovrebbe essere risolta dal sistema metropolitano regionale. Per quanto riguarda i passeggeri, il treno veloce sembra rivolgersi ad una domanda di servizio che semplicemente non esiste.

E per quanto riguarda le merci, che il progetto dice di voler sottrarre alla strada anche per raggiungere obiettivi di carattere ambientale? Per fare questo non occorre una nuova linea ferroviaria. Maria Rosa Vittadini, professoressa associata di Tecnica e pianificazione urbanistica presso la Facoltà di Architettura dello Iuav e già Direttore Generale del Servizio Valutazione dell’impatto Ambientale (VIA) del Ministero dell’ambiente, in un’intervista radiofonica al programma Radio Scienza di Radio 3, sottolinea che l’attuale linea ferroviaria  non risulta satura e che oltretutto sta perdendo quote di traffico; lo conferma lo stesso Migliorini: «tra Mestre e Trieste in teoria non c’è congestione né per i passeggeri né per le merci: c’è spazio per mettere almeno altre 20 o 30 coppie di treni.» La Vittadini prosegue spiegando come sia dimostrato che quando c’è una linea ferroviaria che perde traffico, farne un’altra in affiancamento è assolutamente inutile, perché le due linee si ruberanno semplicemente quote di traffico a vicenda.

Questi problemi, secondo Salzano, vengono però ignorati a favore delle grandi opere, molto costose e che fanno girare molti soldi. La spinta alla base di tutto ciò è il meccanismo di trasformazione del territorio da agricolo in costruito e quindi fonte di reddito, reddito privato. A discapito della qualità della vita, dell’ambiente, dell’economia e della democrazia (con il continuo ricorso al commissariamento e ad atti di imperio). Su questo concorda anche il professor Marco Ponti, Docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano e già consulente della Banca Mondiale, Ministero dei Trasporti e del Tesoro e Ferrovie dello Stato, che abbiamo ospitato il 4 Dicembre scorso ad un convegno in Villa Comunale dal titolo emblematico: Portogruaro. Camera con vista sul Corridoio V. Secondo Ponti si tratta semplicemente di una «scusa europea (ci sono ormai 20 corridoi) per dire che tutto è essenziale e finanziabile. Oltretutto le merci non sono interessante alla velocità. In Francia e Spagna la rete AV non consente nemmeno il transito di treni merci. In più treni merci AV nemmeno esistono.»

Per trasferire traffico dalla gomma alla ferrovia occorrono piuttosto politiche di pedaggi e tariffazione dei transiti (in Europa lo si fa già in Austria, Germania, Svizzera, Repubblica Ceca e Slovacchia, in base alle distanze percorse e alla classe di efficienza ambientale del mezzo), regolazione e controlli puntuali sul rispetto delle regole per le attività di trasporto, diminuzione delle prestazioni del vantaggio competitivo dell’autotrasporto (ad esempio non facendo continuamente nuove strade). A ciò, aggiunge Ponti, si devono affiancare investimenti in tecnologie e soprattutto una regolamentazione che permetta l’entrata di nuovi operatori nel settore del trasporto ferroviario, ovvero una maggiore liberalizzazione.

Come se tutto ciò non bastasse, c’è anche il problema del metodo utilizzato per portare avanti questo tipo di progetti. Oltre che inutili, risultano poco democratici e basati su criteri non chiari e poco razionali. Ancora la Vittadini sottolinea alcuni aspetti drammaticamente superficiali del progetto: non sono determinati né i costi dell’opera né gli effetti e i benefici che avrà, al di là di generici annunciati. La Valutazione d’Impatto Ambientale viene fatta solo sul progetto preliminare, quindi non può che cogliere alcuni aspetti di carattere generale, ignorando molti degli impatti a livello locale. Un problema non irrilevante poi è che il progetto viene presentato da un’azienda che progetta ferrovie. Insomma, per dirla alla Ponti, un metodo stile «lavagna da Bruno Vespa, fatta per compiacere gli interessi costituiti e l’immaginazione popolare.» Del resto la pochezza dei numeri giustifica questa approssimazione e superficialità: nel progetto si stima che la nuova linea porterà la misera cifra di 24 treni al giorno passeggeri nel lontano 2050, a fronte di una capacità potenziale di 220.

Migliorini aggiunge un ulteriore elemento: «la Slovenia ha già dichiarato che non poserà mai binari nuovi, al massimo ristrutturerà la vecchia ferrovia, quella ereditata da Francesco Giuseppe, in modo che i treni possano percorrerla fino a 160 chilometri orari, ma non più. Insomma noi spenderemmo 6 miliardi di euro, che non abbiamo, con un nuovo tracciato tutto da definire, per fare correre dei treni a 240 all’ora, fino a Trieste senza troppi passeggeri e poi farli proseguire, oltre frontiera, a 160 all’ora».
Esiste una soluzione alternativa a questo progetto che sembra semplicemente ridicolo? Sì, ed è lo stesso Migliorini, forse il maggior conoscitore del sistema trasportistico veneto, ad indicarla: «con questi chiari di luna delle finanze pubbliche di tutti i Paesi sarebbe meglio cercare di battere soluzioni ragionevoli, anziché inseguire quelle irrealizzabili: provare a vedere se tra due tracciati, uno costoso e l’altro improbabile, è possibile una terza soluzione che consenta tra Mestre e Trieste di ristrutturare la rete esistente in modo da andare più veloci, facendo sì che tra Milano e Trieste si arrivi all’interno di tre ore di viaggio.»

Una soluzione che noi riteniamo l’unica veramente sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale.



Fonti

Questo articolo è stato scritto dall’autore basandosi sul seguente materiale:
–  Edoarzo Salzano: “Conversazione con Edoardo Salzanoâ€, reperibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=gtHydfv7UkQ;
–  Maria Rosa Vittadini: intervento al convegno “La TAV a Quarto d’Altino. Un’opportunità per chi?â€, video 3/5 e seguenti reperibili all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=6zxzPbvDIlw; intervista radiofonica al programma Radio Scienza di Radio 3, reperibile all’indirizzo  http://piemonte.indymedia.org/article/7215;
–  Marco Ponti: estratti del suo intervento al convegno de La Città Futura “Portogruaro: camera con vista sul Corridoio Vâ€, 4 dicembre 2010, Sala del Caminetto, Villa Comunale di Portogruaro;
–  Franco Migliorini: intervista a la Nuova Venezia del 5 gennaio 2011 dal titolo “La terza via: ristrutturare l’attuale reteâ€.

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Nessun tracciato

Pubblicato da Ermes Drigo

Meno traffico per un vero sviluppo

Sono un architetto, sono abituato a progettare, in ogni mio lavoro bene o male cerco di risolvere un problema posto da altri. «Vorrei sistemare la casa, architetto, inserire il fotovoltaico, si può fare? e cosa devo fare?». Normale, posto un problema si cerca la soluzione ideale.

Con la TAV e/o TAC la metodologia è contraria. Nessuno di noi ha mai chiesto una ferrovia nuova, casomai aumentare il numero di corse dei treni, avere le coincidenze che ti permettono di arrivare in tempi certi. Abbiamo sempre chiesto un buon servizio di trasporto pubblico che non si fermi se non nelle stazioni esistenti. Abbiamo sempre chiesto di completare le infrastrutture esistenti, in questo caso la metropolitana di superficie la cui fermata ben troneggia nell’attuale stazione ferroviaria di Portogruaro. Abbiamo chiesto di avere meno traffico automobilistico, di fare andare le merci per mare o ferrovia, di vivere e respirare meglio.

Di cosa stiamo discutendo oggi ? Di quale tracciato usare per costruire  una nuova linea ferroviaria dalla Russia al Portogallo per far muovere velocemente le persone e le merci.

Folle il modo di operare e folle la discussione. Domandiamo un treno che fermi nelle stazioni esistenti e ci propongono un treno velocissimo che non si ferma. A cosa serve un treno velocissimo che non si ferma? Anziché discutere se serve un progetto di questo genere siamo studiando il percorso migliore, il tracciato meno impattante.

Perché tutto ciò? Perché non c’è logica nella gestione del nostro delicato territorio? Perché non operiamo per risolvere i problemi esistenti, anzi li aumentiamo.

Viviamo in un paese stretto e lungo, percorso da tanti corsi d’acqua, frammentato in tante piccole ed efficienti comunità. Abbiamo un paese che possiede immensi giacimenti culturali, storici, architettonici, sociali da preservare. L’Italia ha un territorio che si muove, che frana, è occupata per quasi tutta la sua lunghezza dagli Appennini e a nord dalle Alpi. Abbiamo insomma un territorio importante e fragile sul quale bisogna agire con molta cautela. Un territorio vecchio, pregevole, simile ad un corpo umano dove ogni operazione va fatta per preservare e non per distruggere.

Quale nuova arteria, tracciato, è compatibile con questo territorio? Nessuno. Non c’è soluzione tecnica ad una impostazione culturale di sviluppo sbagliata; ovunque si pensi di realizzarla questa nuova arteria sarà invasiva, creerà disastri ambientali e sperpero dei pochi soldi pubblici a disposizione. Quale sviluppo porterebbe eventualmente una arteria che viaggia a 250 km/ora e che si ferma solamente ogni 100 km, forse,  inadatta al traffico merci? A chi andrebbero i vantaggi, se ci sono, di questo progetto?  Quale vecchia mente può fare una equazione fra nuova arteria e sviluppo per la società?

Cominciamo invece a pensare ad uno ‘sviluppo’ possibile; proviamo a pensare che per mantenere un buon livello di vita bisognerà progettare ed attuare una ‘decrescita’. Cioè progettare un modo di vivere che riduca il traffico meccanico privato, che consumi meno energia, cioè più efficiente, che non produca rifiuti, che utilizzi il suolo per sfamare e non per costruire edifici inutilizzabili garantendo a tutti il minimo indispensabile per non morire di fame e di sete. Uno ‘sviluppo’ che prescinda dal PIL  e per un territorio che non ha bisogno di nuove grandi opere ma di preservare, valorizzare e sistemare il pregevole ambiente che abbiamo ereditato e che lasceremo al futuro.

Pensiamo a tutto ciò ricordando tutte quelle parti del mondo che hanno diritto a vivere e che di conseguenza aumenteranno la produzione di rifiuti e l’uso di materia prima. O ci prepariamo alla decrescita in modo consapevole e felice oppure saremmo travolti da miseria e violenza.

Tracciato sud o nord ?

 

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Treno ad Alta Voracità/Alta Contraddizione

4 marzo 2011
Pubblicato da Ivo Simonella

Gentile sig. TAV,

la sentii nominare già una ventina di anni fa, da allora la sua venuta sembrava sempre lontana, invece prima di Natale è passato a trovarmi e mi ha detto: piacere, mi chiami pure sig. TAC.

Il suo padrino, il noto sig. CHISSO ci aveva annunciato il suo arrivo, ma ci aveva raccontato di non preoccuparci, tanto avevamo ancora un anno e mezzo di tempo prima di decidere il suo destino, e che il suo principale incarico sarebbe stato quello di trasportare merci piuttosto che passeggeri, nel frattempo però l’altro suo padrino, il più importante sig. ZAIA, firmava un accordo a tuttoTONDO con la Regione Friuli decidendo già anche per noi: percorso basso e affiancamento all’autostrada da Lison al confine regionale.

Io sono d’accordo che ci deve essere una politica sulla mobilità che punti a trasferire le merci da gomma a rotaia, è una necessità prima di tutto per la nostra salute, poi, se proprio si vuole, anche per l’economia, ma qui ci sarebbe tutto un altro discorso da fare: il modello di sviluppo vogliamo che continui ad essere questo? Pensiamo che sarà ancora lo stesso nel 2050, quando sig. TAV lei sarà  completamente operativo… come dicono?

Più mi interesso di Lei, però, sig. TAV, più emergono contraddizioni, dubbi, voglia di comprendere, per cui Le pongo qualche domanda.

  • E’ proprio necessario arrivare ai 250 all’ora fra 40 anni su una linea nuova o possiamo accontentarci di arrivare a 160 all’ora fra 10 anni sulla linea attuale?
  • Perché non mi dice come pensa realmente di trasferire poi le merci da gomma a rotaia? Se l’attuale liberismo sfrenato continuerà ad essere l’unico sistema di regolazione economica, il trasporto su gomma rimarrà più conveniente, o no?
    E quali e quante saranno queste merci?
  • Persone molto più esperte di me dicono che si può migliorare di molto la linea storica, fino a far circolare i treni ad oltre i 150 all’ora e a farne passare molti di più di quelli che passano oggi: è vero?
  • Ma se devo aspettare fino al 2050 per la sua totale messa in funzione, fino ad allora le nostre ferrovie restano quelle che sono? Non è meglio prima investire lì?
  • La Comunità Europea ci dice di migliorare i collegamenti del Corridoio V, ma non ci dice in che modo farlo, perché ha scelto questo sistema così invasivo, anzi devastante?
  • Mi spiega che senso ha fermarsi negli aeroporti? Per caricare le merci certo che no, e per i passeggeri? Scendo dall’aereo e prendo la TAV per andare a Milano? Io andrei in aereo direttamente a Milano. Per andare e tornare dall’aeroporto? Sarà più utile certamente andarci con la metropolitana di superficie.
  • Perché nei suoi studi non ha analizzato i costi e benefici delle diverse ipotesi?
  • Perché fino ad ora nessun treno merci è mai transitato sulle linee AV/AC già realizzate?
  • Come si concilia il fatto che noi sulla TAV/TAC vogliamo portare le merci mentre in Spagna e in Francia sulle linee già costruite possono passare solo treni passeggeri?

Caro sig. TAV detto TAC, non può decidere lei come e dove passare. Se non vuole un’altra Val di Susa il suo amico ZAIA deve capire che noi tutti siamo cittadini e non sudditi e che vogliamo capire e poter decidere per il bene del nostro territorio: l’ineffabile perito enologo presidente dice sempre che dobbiamo essere “paroni a casa nostra†e allora perché ha già deciso al posto nostro?

Comunque devo ammettere che Lei ha anche degli estimatori, c’è qualcuno che è proprio convinto che non ci sia alternativa, che Lei è un’occasione di sviluppo da non perdere, che Portogruaro dovrà diventare il centro per smistare tutte le merci del pordenonese. Mah! Io non ho certezze anzi faccio mio quello che diceva Voltaire: «Non affermo niente, ma mi contento di credere che ci sono più cose possibili di quanto si pensi» – per cui sig. TAV detto TAC, mi aiuti a capire.

Ma intanto, sospendiamo l’iter e ripensiamo il tutto in maniera condivisa!

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Il periodico rossoverde per Portogruaro – n. 14, febbraio 2011

1 marzo 2011
Pubblicato da La Città Futura

E’ in distribuzione il n. 14 di LCF, un numero ancora dedicato al dibattito sulla Tav/Tac. Questa volta, dopo la sintesi del Progetto preliminare pubblicato sul n.13, diciamo la nostra, con la solita chiarezza.

L’editoriale di Ivo Simonella è una lettera scritta al sig. TAV/TAC dove con grande rispetto si pongono molti dubbi, ma con un esito certo: perché non discutiamo tutto con calma?

In seconda pagina, Mariella Zanco ci racconta la particolare testimonianza delle Donne di carta a Portogruaro. Un gruppo incredibile che mette al centro della vita… il libro e la lettura. Un’esperienza non facile da trasferire, ma Mariella ci riesce bene.

Pagina 3, sempre dedicata a contributi esterni, ospita un articolo di Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio, del Movimento per la Decrescita Felice, sulla scottante questione del referendum sul nucleare. Ma fin dal titolo (“Il referendum sul nucleare non basta”) si capisce che MDF guarda già più in là: “(…) siamo sempre qui a giocare di rimessa, a subire e a difenderci dall’iniziativa altrui. Sarebbe tempo che prendessimo noi l’iniziativa.”

Pagina 4 è delle rubriche.  In questo Mese di cattivi pensieri, del nostro direttore, la media dei voti si è alzata bene, perché si sono messe in mostra anche le lotte, dai No Tav agli operai della Nuova Pansac.

Il paginone è dunque ri-dedicato soprattutto alla Tav, anzi alla Tav/Tac. Mentre il n.13 era una lettura del Progetto preliminare, qui si tirano le somme di mesi di dibattito. Pensiamo di fare ancora una cosa utile, seria, un’informazione e non una presa di posizione viscerale. Non è facile fare informazione politica guardando al 2025 o al 2050, ma di questo si tratta e speriamo che i nostri lettori ci capiscano e – se possibile – ci apprezzino.

Comunque, Matteo Civiero ci riassume le posizioni incrociate con i massimi esperti del settore, mentre Ermes Drigo ci conferma che il tracciato c’è già e che si deve progettare la decrescita non la crescita e la maggior velocità. Ermes poi ci aiuta a riflettere su quell’altro progetto, la terza corsia, più ravvicinato ma non meno disgraziato. Su tutti questi temi il dibattito sul nostro sito è aperto a tutti i contributi.

Ricordiamo sempre che il giornale si può scaricare in formato pdf e che i principali articoli si possono leggere anche  su questo sito, dove sono raccolti anche in tag. 

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Le vignette di Lorenzo Bussi: Grande fradeo

Pubblicato da Lorenzo Bussi

Grande fradeo

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Un mese di cattivi pensieri – Febbraio 2011

Pubblicato da Ermes Drigo

Martedì 22 febbraio. Portogruaro. Centrali a biomasse, i comitati all’attacco. “I tre inceneritori di biomasse di Summaga, Lugugnana e Villanova di Fossalta, ogni anno, emetteranno in atmosfera la bellezza di quasi 1,5 miliardi di metri cubi di fumi.†Un territorio di conquista per grandi affari sulle spalle della salute dei cittadini. Male, voto 4- alla Regione che li approva. Bravo, voto 8 al comitato.

Martedì 22 febbraio. Portogruaro. I sindacati denunciano il mancato rispetto degli accordi da parte dell’azienda Nuova Pansac “sorvegliata” dagli operai. Presidio permanente dei lavoratori in fabbrica,  temono che lo stabilimento venga svuotato di materie prime e linee produttive. Una storia di capitalismo imperfetto. Forza sindacati, voto 8+.

Martedì 22 febbraio. Portogruaro. “Le nostre posizioni sulla Tav non sono solo le posizioni ufficiali del Pdl in Provincia di Venezia, ma coincidono con quelle della Lega Nord.†Secca replica del consigliere comunale Gianmarco Corlianò alle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal rappresentante del Carroccio Alessandro Florean sulla mancanza di un interlocutore chiaro all’interno del Popolo della libertà, che si è diviso sull’ordine del giorno relativo al tracciato della Tav. Caro Gianmarco è difficile avere una posizione sulla Tav, immagina averla coincidente con tanti altri. Insufficiente, voto 5.

Lunedì 21 febbraio. Portogruaro e Rovigo sono le prime “città gentili” d’Italia. Ospiteranno i primi due centri-pilota rivolti al consolidamento di una rete di azioni e di prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Brave ragazze, voto 9.

Sabato 19 febbraio. Caorle. «Ero stanco, ma i cittadini mi hanno convinto a restare.» Dimissioni revocate: Sarto resterà sindaco sino al 2012. La decisione del primo cittadino è stata annunciata ieri mattina nel corso di una conferenza stampa. Una minaccia terribile per Caorle; essere senza sindaco o essere amministrati da un sindaco stanco. Tutto risolto, evviva. Arance per il sindaco. Voto 5 a Sarto.

Venerdì 18 febbraio. Portogruaro.  I dati sulla qualità dell’ambiente verranno pubblicati su internet. «L’amministrazione – ha detto l’assessore alle Politiche ambientali, Ivo Simonella – ha da tempo attivato iniziative di controllo e monitoraggio ambientale.» Bravo Ivo, brava amministrazione. Ora però  tocca ai SIT, voto 7.

Venerdì 18 febbraio. San Stino. Alta velocità inutile: non porta sviluppo. «Né alta né bassa, ne lungo l’autostrada o la ferrovia né su territorio di bonifica: la Tav è inutile e disperde risorse che potrebbero essere meglio utilizzate per realizzare servizi pubblici, a cominciare dalla stessa metropolitana di superficie (Sfmr)». Così Stefano Babbo, portavoce del gruppo «No Tav» del Veneto Orientale spiega le ragioni della battaglia contro l’infrastruttura il cui progetto fa tanto discutere. D’accordo, nessun tracciato. Voto 8.

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