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Buon compleanno, Italia!

16 marzo 2011
Pubblicato da Adriano Zanon

  Il 27 gennaio 1861
  si svolsero le prime elezioni
  per il nuovo Parlamento.       

Avevano diritto 419.938 cittadini su oltre 22 milioni di abitanti, ma i votanti furono solo 239.583, poco sopra l’uno per cento ed i voti validi furono 170.567. Si consideri che allora i dipendenti statali erano circa 70 mila. Su 443 deputati furono eletti 85 fra principi, duchi e marchesi, 28 ufficiali, 72 fra avvocati, medici ed ingegneri. Mentre il Senato rimaneva formato da designati della corona. 

Ovviamente a quei tempi non c’era da nessuna parte una grande partecipazione elettorale. Sia negli Stati Uniti, la prima grande democrazia moderna, che nel Regno Unito, che nel 1832 aveva fatto una riforma per allargare la base elettorale, si votava in base al censo. Nella penisola potevano farlo i cittadini maschi sopra i 25 anni e che pagavano un importo minimo di imposte, dalle 40 lire annue del Piemonte alle 20 della Liguria. Con metĂ  reddito potevano votare i laureati, i notai, gli ufficiali in pensione, infine anche artigiani e commercianti e industriali che non pagavano imposte per le loro attivitĂ , ma alla fine erano pure sempre in pochi. Per inciso ricordo che il suffragio universale, esteso anche alle donne, si ebbe solo con la rivoluzione russa, nel 1918. 

Sul territorio italiano c’erano state l’anno prima diverse votazioni, anzi plebisciti. Gli abitanti degli staterelli (Parma, Modena, Toscana tra i primi) erano stati chiamati a dare il consenso all’annessione al Regno di Sardegna. Poi anche al Sud. Così il 21 ottobre 1860 si svolse la votazione per l’annessione della Sicilia al Piemonte. Su una popolazione di 2.400.000 abitanti votarono 432.720 cittadini (ben il 18%), con 432.053 votarono sì e solo 667 no. Ma la mafia era già una realtà ed aiutò non poco. “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, fece dire Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) al principe Tancredi, il protagonista del suo romanzo Il Gattopardo, uscito postumo nel 1958. Bisognava saltare subito sul carro del vincitore. 

Dunque, a fine gennaio ci furono le elezioni generali, il nuovo Parlamento fu convocato per il 18 febbraio e dopo solo un mese di lavori:  

Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sĂŠ e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Da Torino, addÏ 17 marzo 1861 

Questa è storicamente considerata come la proclamazione ufficiale del Regno d’Italia. La legge n. 4671 fu promulgata il 17 marzo 1861 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 68 del 18 marzo 1861. Questo fu dunque l’atto che viene ricordato e festeggiato il 17 marzo come anniversario dell’unitĂ  d’Italia. 

In realtà il territorio non era ancora completo. Senza la pretesa di ricordare tutte le vicende storiche, le battaglie, le guerre ed i trattati, possiamo elencare cosÏ le tappe principali. 

1815: dal Congresso di Vienna che restaura l’Europa dopo le guerre napoleoniche, il paese è diviso in sette porzioni, tra le quali c’è il Regno di Sardegna. 

1848: tra marzo e agosto si combatté la ‘prima guerra d’indipendenza’, con un buon avvio e grandi prove civili, come le giornate di Milano e Venezia,  ma la sconfitta militare finale dell’esercito sabaudo da parte degli austriaci che portò all’abdicazione di Carlo Alberto a favore di Vittorio Emanuele II, mentre i confini rimasero i precedenti.  

1861: al momento della proclamazione del Regno d’Italia, grazie alle imprese del 1959 (‘seconda guerra d’indipendenza’) e del 1860 (l’impresa garibaldina) i confini erano veramente cambiati. Al Nord si estesero alla Lombardia, esclusa Mantova, mentre al Centro rimaneva, ma ben ridotto, un po’ di stato pontificio. I grandi protagonisti furono Cavour al Nord (ma non solo) e Garibaldi al Sud. Ma mentre il secondo non trovò grande resistenza, il primo ministro piemontese dovette dare la Savoia e Nizza in cambio dell’impegno della Francia di Napoleone III nella guerra contro gli austriaci, una ferita che rimase aperta per molto tempo. (Cavour morĂŹ il 6 giugno.) 

1866: con la cosiddetta ‘terza guerra d’indipendenza’ (luglio) i confini al Nord si estesero al Veneto, ma non comprendevano ancora il Trentino, il Friuli orientale e la Venezia Giulia, insomma Trento e Trieste. Questa volta fu premiante l’alleanza con la Prussia, in conflitto con l’Austria per l’egemonia in centro Europa e decisiva fu la battaglia di Sadowa (3 luglio). 

1870: il 20 settembre i bersaglieri entrarono a Roma, fu la famosa ‘breccia di Porta Pia’. Ancora una volta decisivo fu il contesto europeo, dove Napoleone III s’imbarcò in una disastrosa guerra contro la Prussia, che determinò la fine sua e della sua protezione al Papa. 

1918: solo con la fine della prima guerra mondiale e la battaglia di Vittorio Veneto (4 novembre), Trento e Trieste vengono unite alla penisola. Sono passati 70 anni dal 1848. 

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