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Il bidone nucleare

7 aprile 2011
Pubblicato da Matteo Civiero
Una scelta costosa, pericolosa, immorale

Il nucleare è davvero una fonte di energia conveniente ed utile nella lotta ai cambiamenti climatici? Oggi le circa 440 centrali funzionanti nel mondo coprono il 6% del fabbisogno energetico primario e il 16% di quello elettrico mondiali. I vantaggi del nucleare possono essere riassunti nella possibilità di produrre grandi quantità di energia in maniera costante, certa e senza l’emissione di gas climalteranti in fase di esercizio (non certo in fase di costruzione). Un cantiere dura mediamente dai 5 ai 7 anni e da lavoro diretto a circa 3.000 persone, che diventano 9.000 considerando l’indotto; si stima che circa il 60% dell’investimento può essere realizzato dall’industria italiana. In fase di esercizio un impianto darebbe lavoro a circa 1.300 persone, tra impiegati diretti e indotto, a cui si aggiungono 150 occupati diretti in fase di smantellamento[i]. Qualcuno sostiene anche che l’energia nucleare, abbassando il costo dell’energia, possa aumentare la competitività del sistema paese e delle sue imprese.

Che l’energia nucleare sia conveniente è un grande abbaglio. Nell’ultima valutazione del Dipartimento dell’Energia Usa (Energy Outlook 2010) sugli impianti da costruire nei prossimi due decenni, l’elettricità da nucleare risulta la più cara tra tutte le forme di energia possibili. Negli ultimi 40 anni il suo costo di realizzazione non ha fatto altro che crescere anziché diminuire, soprattutto per i costi legati alla sicurezza, esattamente il contrario di quello che succede alle fonti rinnovabili (Gianni Silvestrini, Politecnico di Milano su Qualenergia.it). Le uniche due centrali attualmente in costruzione in Europa, in Finlandia e Francia, stanno subendo continui ritardi, revisioni degli standard di sicurezza e soprattutto aumento del costo di realizzazione, che è quasi triplicato. Figuriamoci cosa potrebbe succedere in Italia.[ii]

Non esiste un paese al mondo che abbia trovato una soluzione definitiva alla gestione delle scorie. Anche gli USA, dopo aver investito circa 9 miliardi di dollari per un deposito geologico di profondità, hanno rinunciato al progetto. Oltre che immorale, una fonte energetica che produce scorie altamente tossiche per decine di migliaia di anni, lasciandole a carico delle generazioni future, è economicamente disastrosa e non si può certamente considerare pulita. Nell’Europa a 25 i rifiuti nucleari crescono ad un ritmo di 40mila metri cubi/anno, pari a 100mila tonnellate; come se fosse un edificio a base 850 metri quadri e alto 10 piani e che aumenta di un piano all’anno: una mole gigantesca che ha a disposizione solo due sedi di ritrattamento per tutta Europa, ovvero La Hague in Francia e Sellafield in Inghilterra.[iii] Quelle stesse scorie favoriscono poi la proliferazione di armamenti nucleari e possibili minacce terroristiche, con ulteriori costi per la loro messa in sicurezza. Il decomissioning, ovvero lo smantellamento, ha dei costi assurdi: dai 20 ai 40 miliardi di euro per singolo impianto, cioè dalle quattro alle otto volte il suo costo di installazione.[iv]

Il combustibile utilizzato per produrre energia, l’uranio, quando non ricavato dagli arsenali nucleari militari, è ancora più concentrato dei combustibili fossili: tre soli paesi (l’Australia, il Canada e il Kazakhstan) detengono circa il 58% delle riserve note economicamente estraibili attualmente (Wikipedia).

La sicurezza è una questione controversa. Se da una parte è vero che gli incidenti in questa industria sono più rari – ma non così rari come crediamo, se è vero che tra gli anni ’50 e gli anni ’80 si sono verificati oltre un centinaio di incidenti nucleari, venti di questi molto gravi[v] – quando accadono episodi gravi possono assumere contorni catastrofici: vaste aree di territorio compromesse e inadatte ad ospitare la vita per decine se non centinaia di anni, milioni di persone contaminate in maniera più o meno grave, diffusione delle radiazioni su scala globale (il costo totale del disastro di Cernobyl è stato stimato intorno ai 358 miliardi di euro e in circa 200 mila le persone affette.[vi] Cernobyl e Fukushima non sono incidenti dovuti a tecnologie obsolete, ma ad errori umani e difetti nei sistemi di raffreddamento a seguito di catastrofi naturali e conseguenti black-out energetici. Quanti sanno che nel 2003 in Francia alcune centrali furono fermate per la scarsità di acqua a disposizione per il loro raffreddamento, con conseguente aumento dei morti per mancanza di elettricità e quindi condizionamento in una delle estati più torride della storia delle misurazioni?

I tempi di realizzazione e il potenziale di produzione la mettono fuori gioco nella lotta ai cambiamenti climatici, che devono essere messi in campo in questo decennio: anche nei paesi con programmi nucleari ben avviati, mettere in funzione un reattore nucleare richiede tipicamente più di un decennio. Inoltre lo Scenario energetico prodotto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) mostra che, anche se la potenza nucleare venisse quadruplicata entro il 2050, rappresenterebbe meno del 10% del consumo mondiale di energia. Questo sforzo ridurrebbe le emissioni di biossido di carbonio di meno del 4%.

Costi incerti, non quantificabili, sicuramente in crescita, a carico dello Stato e quindi dei cittadini, vantaggi economici per pochi grandi concentrazioni di potere, contributo scarso e tardivo alla lotta dei cambiamenti climatici e per la sicurezza energetica, l’energia nucleare è un grave freno alla costruzione di un sistema energetico pulito, sicuro, conveniente, distribuito e democratico. Un autentico bidone, un pacco confezionato a spese dei contribuenti che in futuro probabilmente giungerà a destinazione solamente nelle repubbliche delle banane o nelle dittature militari.


  

[i] Da Il Nucleare per l’economia, l’ambiente e lo sviluppo, The European House, Ambrosetti.
[ii] Per un approfondimento consiglio l’articolo di Edo Ronchi su Qualenergia.it.
[iii] Leonardo Maugeri, Con tutta l’energia possibile, Sperling & Kupfer, 2008).
[iv] Fulcieri Maltini, ingegnere nucleare ex CERN, su Qualenergia.it.
[v] Stefano Generali in Ti ricordi Cernobyl?, Infinito, 2006.
[vi] Greenpeace, Energia nucleare:una pericolosa perdita di tempo, in pdf sul sito.

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