Porto nel pallone
1 giugno 2010Serie B: opportunità o sciagura?
Il 9 maggio 2010 verrà ricordato dai portogruaresi come quel giorno in cui nei chioschi della Festa della “Terra dei Dogi†e in tutti i bar della città il vino e la birra sono fluiti come non mai. Nel pomeriggio infatti la squadra di calcio, che in verità di chiama Portogruaro-Summaga, ha espugnato il Bentegodi di Verona, segnando all’89° la rete decisiva per rimanere in testa e approdare direttamente in serie B.
La gioia e la festa sono state grandi. Hanno partecipato non solo i milleduecento che sono andati a Verona, compreso il sindaco Bertoncello, suo padre quasi novantenne ed il vicesindaco Villotta, ma tanti portogruaresi e tanti cittadini del portogruarese che hanno gremito la palestra Mecchia, attrezzata con schermo gigante e in difficile collegamento con la diretta web. La fiducia nella prestazione della squadra non è mai mancata, ma si sa che il calcio è una brutta bestia e che senza la buona sorte non si vince niente. E la buona sorte, meritatissima, c’è stata.
Ancora a caldo ci chiediamo: e adesso, cosa facciamo? Non sono pochi quelli che auspicavano – letteralmente – una debâcle, quelli che sono comunque rassegnati ad un rapido rientro nei ranghi, quelli che vedono il tutto come una disgrazia, qualcosa che non doveva proprio succedere nel nostro comune e nel nostro territorio. Queste tre categorie che chiameremo semplicemente di ‘pessimisti’ sono trasversali dal punto di vista sociale, economico, politico, culturale. Sono presenti anche nel nostro gruppo rossoverde. Già , proprio così! Ma perché?
Il calcio è forse il luogo della nostra forma di vita in cui si concentrano e si dilatano le maggiori contraddizioni della stessa. Il calcio spaventa qualcuno, tanti, perché è il luogo dove certa gente è strapagata e dove si manifestano forme di violenza assurde, eppur organizzate. Come si fa a conciliare uno sforzo economico, magari collettivo, magari pubblico, per sostenere un simile ambiente, alimentarne gli appetiti e le perversioni? Personalmente tornerò con più calma sui possibili vantaggi e sui grandi rischi di questa nuova situazione, qui m’interessa solo introdurre il dibattito.
Calcisticamente parlando il nostro territorio finora è stato sostanzialmente ai margini. In tutto il Triveneto sono pochissime le squadre che galleggiano ad alti livelli. Solo il Verona, nel 1985, ha vinto uno scudetto e anche società con una certa storia e dentro un grande ambiente economico come il Padova, il Vicenza, la Triestina, soffrono per salvarsi in serie B. Però con una certa costanza in serie A c’è l’Udinese, bandiera della nazione furlana, e c’è il Chievo, un vero miracolo ricordato ironicamente dai propri stessi tifosi come “i mussi che volanoâ€.
Ma c’è lo spettro del Treviso, la società che in tre anni, dal 1994 al 1997 passa dai dilettanti alla serie B, nel 2001 torna in C1, nel 2003 risale in B e nel 2005, anche grazie a revoche, arriva in serie A, dove rimane solo un anno. Poi scivola, scivola, soprattutto economicamente e nel luglio 2009 viene dichiarato fallito e deve ripartire come società dilettantistica dall’Eccellenza, una divisione con un nome assai crudele.
Si potrà fare i virtuosi come il Chievo o si finirà male come il Treviso? Per rispondere a questa domanda non c’è che un criterio: provarci. E per provarci tutti devono fare la loro parte, a partire dall’Amministrazione comunale.
Io sono per una serie B sostenibile, cioè da sostenere. Forza Porto!