Diario elettorale: Giovedì 11 giugno 2009 (+4)
11 giugno 2009Caro diario,
oggi faccio una pausa elettorale. Sai, è una giornata particolare: sono venticinque anni che è morto Enrico Berlinguer. Mi chiedi chi era? Già , non si è parlato molto di lui in questi ultimi anni. Qualcuno dice che fu semplicemente uno sconfitto dalla storia, come tutti i comunisti. Ma – a parte il fatto che non è proprio vero, nel senso che durante i suoi quindici anni di presenza ai vertici del Partito Comunista Italiano, dal 1969 al 1984, in Italia erano arrivati a votare PCI un italiano su tre – la verità è che è una figura pressoché incomprensibile agli italiani di oggi.
Pensa, caro diario, che già nel 1977 Berlinguer sosteneva la decrescita, quella che lui chiamava austerità . Non ebbe molta fortuna allora, come lui stesso sapeva. Leggi qua.
Il PCI, agli inizi del 1977, lanciò la linea dell’ “austerità ”. Non mi pare che il suo appello sia stato accolto con favore dalla classe operaia, dai lavoratori, dagli stessi militanti del partito…
Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità e che, comunque, la situazione economica dei paesi industializzati – di fronte all’aggravamento del divario, al loro interno, tra zone sviluppate e zone arretrate, e di fronte al risveglio e all’avanzata dei popoli dei paesi ex-coloniali e della loro indipendenza – non consentiva più di assicurare uno sviluppo economico e sociale conservando la “civiltà dei consumi”, con tutti i guasti, anche morali, che sono intrinseci ad essa. La diffusione della droga, per esempio, tra i giovani è uno dei segni più gravi di tutto ciò e nessuno se ne dà realmente carico.Ma dicevamo dell’austerità . Fummo i soli a sottolineare la necessità di combattere gli sprechi, accrescere il risparmio, contenere i consumi privati superflui, rallentare la dinamica perversa della spesa pubblica, formare nuove risorse e nuove fonti di lavoro. Dicemmo che anche i lavoratori avrebbero dovuto contribuire per la loro parte a questo sforzo di raddrizzamento dell’economia, ma che l’insieme dei sacrifici doveva essere fatto applicando un principio di rigorosa equità e che avrebbe dovuto avere come obiettivo quello di dare l’avvio ad un diverso tipo di sviluppo e a diversi modi di vita (più parsimoniosi, ma anche più umani).
Questo fu il nostro modo di porre il problema dell’austerità e della contemporanea lotta all’inflazione e alla recessione, cioè alla disoccupazione. Precisammo e sviluppammo queste posizioni al nostro XV Congresso del marzo 1979: non fummo ascoltati.
(La Repubblica, 28 luglio 1981 – Intervista ad Eugenio Scalfari)
Come vedi, parlava come il Papa, in plurale maiestatis: erano altri tempi, oggi tutti gli uomini politici si danno del tu, si fanno ammiccamenti davanti alle telecamere. In questa Italia, a Berlinguer gli sarebbe difficile persino andare in barca nella ‘sua’ Sardegna, ora presidiata da ben altri protagonisti.
Sempre nel 1977 uscì il film di Giuseppe Bertolucci Berlinguer ti voglio bene, dove c’era questa incredibile poesia recitata da Bozzone (Carlo Monni) mentre andava in bicicletta con Mario Cioni (Roberto Benigni):
Noi semo quella razza che non sta troppo bene
che di giorno salta i fossi e la sera le cene,
lo posso grida’ forte, fino a diventa’ fioco,
noi semo quella razza che tromba tanto poco,
noi semo quella razza che al cinema si intasa
pe’ vede’ donne gnude, e farsi seghe a casa,
eppure la natura ci insegna sia sui monti sia a valle,
che si po’ nasce bruchi pe’ diventà farfalle,
ecco noi semo quella razza che l’è fra le più strane,
che bruchi semo nati e bruchi si rimane,
quella razza semo noi è inutile fa’ finta,
c’ha trombato la miseria e semo rimasti incinta.
(Vedi in: http://www.youtube.com/watch?v=0hxf2m6BIoY )
Un’altra famosa situazione berlingueriana di Benigni è questa: http://www.youtube.com/watch?v=K2lrCxOpV6E&feature=fvw.
Basta con la memoria però, da domani si riprende il diario elettorale.