Lettere a Fausto: Jacques Anquetil
18 luglio 2009Mon cher Fausto,
je suis très heureux de te retrouver ici. Excuses-moi, mais je ne réussis pas à écrire en italien. Je désire cependant rappeller les meilleurs instants de notre cyclisme d’antan. Je suis encore orgueilleux d’avoir été ton héritier et je n’envie pas qui est venu après nous, même si il a vaincu sept Tours de suite, comme Lance Armstrong.
Je voudrais, si possible, parler aussi de la chance. Gaston a écrit que la chance fait toujours suite au courage et même lorsqu’elle t’a souri, elle pourrait soudainement s’épanouir. Par contre, Florent dit qu’il vaut mieux s’organiser entre tous pour diminuer les risques et combatre la malchance qui est la normalité pour qui court en bicyclette. J’aimerais peut-être ajouter quelque chose, parce que dans la vie j’ai eté plus malchanceux que dans les courses et dans ces dernières j’ai toujours été beaucoup plus individualiste que dans la vie.
Je crois, cher Fausto, que chaqun marque bonne part de son propre destin et qu’il puisse agir pour en modifier le décours, mais seulement si il est capable de se seconder, si il aide ses propres caractéristiques à changer dans ce but. Ainsi, moi qui suis né à Mont-Saint-Aignan, près de Rouen, entre Paris et la Manche. Lieu, malgrés le nom, qui n’est qu’à 150 mètres d’altitude, j’ai du apprendre très tôt à aller vite en plaine. En plus, j’ai perfectionné ma position en selle, j’ai trouvé la juste respiration et la constance pour les longues courses. Ma première victoire fut au Grand Prix de Nations de 1953, je n’avais alors que dix-neuf ans, en suite je l’ai vaincu cinq fois de suite. J’en ai vainques neuf au total, c’était ma compétition. Une course contre la montre de 140 kilomètres c’était une vrais veine pour moi! En 1956, j’ai compris que battant ton record de l’heure du 1942, je pouvais t’approcher.
Dès ce moment en montée je ne cédais plus un mètre, meme pas aux grands tel que mon ami Raymond Poulidor (qui en 1964 il arriva second aux Champs-Élysées à seulement 55″). Au contraire, avec le temps je me pris quelque satisfaction supplémentaires. En 1963 je vainquis deux étapes de montagne, une sur les Pyrénées (avec l’ Aubisque et le Toumalet) et une sur les Alpes (avec les deux col du Saint-Bernard), en battant toujours dans la volée le grand Federico. Entre autre en 1964, avec arrivée dans descente, je fus premier dans la Briançon-Monaco. Mais les courses contre la montre était naturellement toujours miennes! En plus j’étais devenu invulnerabile dans les courses en étapes.
Voilà enfin le point, cher Fausto. Contre la malchance, ou mieux encore le décours incertain de la chance, on ne réussit pas toujours à trouver une bonne solution autant dans l’organisation, que les alliances pour s’alterner dans les efforts et diminuer les risques, il ne suffit pas toujours d’avoir des bons coéquipiers, parce que si ceux-ci sont des grands grimpeurs ils deviennent des concurrents plus des coéquipiers. On dépend donc de nos propres caractéristiques et on ne doit jamais les oublier, du reste comme nos origines. Alors il faut être capables de s’aider soi-meme, en sachant souffrir, en serrant les dents, et savoir porter à la maison le résultat final en chaque bonne occasion. Un comme moi n’aurais pu gagner que contre la montre et était constraint d’y gagner pour pouvoir remporter une course à étapes. Les courses en ligne j’en rêvais seulement.
J’ai toujours rêvé de tes grandes entreprises, lorsque tu donnais dix ou vingt minutes à tous en montagne, en renversant les situations plus défavorables. Mais les uniques entreprises que j’ai réussi à faire n’avaient rien du grand cyclisme. Je me ne m’en repentis pas tout à fait, même si encore aujourd’hui les français écrivent de moi comme un cycliste perfectionniste et ils sont les anglais qui rédigent des biographies complètes sur moi.
Merci Fausto, de tout.
Ton éternel ami.
Jacques Anquetil
(Avviso:Â nei commenti si trova la traduzione della presente lettera.)
PER SANTE CAROLLO:
Mio caro Fausto,
sono molto contento di ritrovarti. Scusami, ma non riesco a scrivere in italiano. Desidero tuttavia ricordare i migliori momenti del nostro vecchio ciclismo. Sono ancora orgoglioso di essere stato il tuo erede e non invidio chi è venuto dopo, anche se ha vinto sette Tour di seguito come Lance Armstrong.
Vorrei parlare anch’io di fortuna, se possibile. Gastone ha scritto che la fortuna segue sempre il coraggio e anche quando ti appare potrebbe in seguito abbandonarti. Fiorenzo invece ha detto che è meglio organizzarsi assieme agli altri per diminuire i rischi, così si combatte la sfortuna che è normale per chi corre in cicicletta. Io forse posso aggiungere qualche cosa, perché nella vita sono stato più sfortunato che nelle corse e in queste sono sempre stato molto individualista.
Io credo, caro Fausto, che ogni uomo abbia segnato una buona parte del suo destino e che possa fare qualcosa per modificarlo, ma solamente se si asseconda bene, se aiuta le sue caratteristiche per questo scopo. Così è per me che sono nato a Mont-Saint-Aignan, vicino Rouen, tra Parigi e la Manica. Il posto, malgrado il nome, è a 150 metri di altitudine, e quindi io ho imparato presto and andare veloce in piano. Però mi sono perfezionato come posizione e ho trovato la giusta respirazione per la corsa lunga e costante. La mia prima vittoria fu al Grand Prix delle Nazioni del 1953, a diciannove anni, poi altri cinque di seguito. Ne ho vinti nove in totale, quella era la mia gara. Allora una cronometro di 140 chilometri: una pacchia per me! Nel 1956, togliendoti il tuo record dell’ora del 1942, capii che potevo avvicinarti.
Nel 1957 vinsi senza problemi il Tour, non c’erano grandi scalatori. Ma nel 1958 e 1959 ebbi due lezioni da Charly Gaul e Federico Bahamontes. Erano due grandi scalatori e nel 1959 Charly aiutò anche Federico contro di me. Il mio problema era molto semplice: non potevo allearmi con nessuno. La mia specialità era la cronometro, cioè una corsa individuale. Non potevo aiutare nessuno proprio in una gara dove ero il più forte e quindi non potevo fare uno scambio con nessuno. Decisi di prepararmi di più in montagna. Così decisi di non fare il Tour 1960, quello vinto da Gaston, ma vinsi abbastanza inaspettatamente il Giro, proprio davanti a scalatori come Gaston stesso (per 28″, pochissimo allora), Charly (3’51”) e Imerio Massignan (4’06”). Ero dunque pronto per tornare al Tour. Lo vinsi per ben quattro volte di seguito (1961-62-63-64). Nel 1963 feci l’accoppiata con la Vuelta e nel 1964 feci la grande accoppiata Giro-Tour, cosa che era riuscita solo a te caro Fausto, nel 1949 e nel 1952.
Ormai in salita non cedevo più un metro, neanche ai grandi come il mio amico Raymond Poulidor (che nel 1964 arrivò secondo ai Champs-Élysées solo per 55″). Anzi col tempo mi presi anche qualche altra soddisfazione. Nel 1963 vinsi due tappe di montagna, una sui Pirenei con l’Aubisque e il Toumalet e una sulla Alpi con i passi di San Bernardo, battendo sempre in volata il grande Federico. E un’altra nel 1964, anche se con arrivo in discesa, una Briançon-Monaco. Ma le cronometro erano naturalmente tutte mie! Quindi ero diventato invulnerabile nelle corse a tappe.
Ecco infine il punto, caro Fausto. Contro la sfortuna, o meglio l’andamento incerto della fortuna, non sempre si riesce a trovare una soluzione nell’organizzazione, come un’alleanza per alternare gli sforzi e diminuire i rischi, non sempre basta avere dei buoni gregari, perché se questi fossero grandi scalatori sarebbero concorrenti più che compagni di squadra. Dipende dunque anche dalle proprie caratteristiche che non si devono mai dimenticare, come le proprie origini. Allora bisogna essere capaci di aiutarsi da soli, sapendo soffrire, stringendo in denti, ma portando a casa il risultato ad ogni buona occasione. Uno come me poteva vincere solo le cronometro e doveva far leva su queste per vincere le corse a tappe. Le corse in linea me le sognavo.
Come mi sono sempre sognato le tue grandi imprese, quando davi dieci o venti minuti a tutti in montagna, rovesciando le situazioni più sfavorevoli. Ma le uniche imprese che sono riuscito a fare erano un po’ meno ciclistiche. Non me ne pento affatto, anche se ancora oggi i francesi scrivono di me solo come ciclista perfezionista e bisogna leggerla in inglese una buona biografia su di me.
Grazie Fausto, di tutto.
Il tuo amico per sempre
Jacques Anquetil
Pure i francesi adesso, ma per chi ha fatto le scuole basse????? saluti