La Città Futura

il progetto rossoverde per Portogruaro
 

Lettere a Fausto: Eddy Merckx

27 luglio 2009
Pubblicato da Adriano Zanon

Caro Fausto,
ho letto quanto ti hanno scritto Gastone, Fiorenzo e Jacques – tue vecchie conoscenze, ma anch’io, con tutta la mia irriverenza, vorrei scriverti qualcosa sui temi affrontati, cioè in particolare sulla fortuna nel ciclismo e su come affrontarla.

Per evitare equivoci e false modestie ti dirò subito che sono io il tuo erede, l’unico tuo erede. Nessun altro può accostarti, né prima di me né dopo. Vorrei dire di più, tanto so che tu mi capisci: io sono stato, ciclisticamente parlando, la tua reincarnazione. Tu sei stato il primo ad eccellere su tutti i fronti e pur sacrificando agli anni della guerra le tue energie migliori, sei riuscito a vincere tanto e in tutti i tipi di corsa. Desidero ricordare alcune cifre (prima le tue vittorie, fra parentesi le mie):

Giro: 5 (5), tappe 22 (25); Tour: 2 (5), tappe 9 (34); Accoppiate Giro+Tour:  2 (3)
Mondiali su strada: 1 (3); Mondiali ad inseguimento: 2 (0); Record dell’ora: 1942-56 (1972-84)
Milano-Sanremo: 3 (7); Classiche belghe: 1 (10); Giro di Lombardia: 5 (2); Totale classiche monumento: 9 (19)

Io ho vinto quindi di tutto, come te, solo un po’ più di te, ma per ragioni note. Oltre all’intervallo della guerra tu hai avuto senz’altro più antagonisti anche contemporaneamente: gli italiani Bartali e Magni, il francese Bobet, gli svizzeri Koblet e Kubler, il nostro Van Stenbeergen sulle corse in linea. Io ho avuto come avversari il vostro Felice Gimondi (uno che non mollava mai e ne usciva sempre come un signore) per tutto il periodo, Luis Ocaña (uno che meriterebbe un intero trattato sulla sfortuna), ma solo al Tour e all’inizio degli anni Settanta e il mio compaesano fiammingo Roger De Vlaeminck, vincitore di ben 11 delle classiche (di cui 4 Parigi-Roubaix!), ma nessun giro. Altri non sono nominabili.

Per chiarire ulteriormente, voglio sottolinearti che nessun altro può avvicinarci. Tra i sette che hanno vinto sia Giro che Tour nello stesso anno, cioè l’impresa più difficile (noi due più Anquetil, Hinault, Indurain, Roche e Pantani), si può considerare un po’ solo Hinault. Infatti Anquetil e Indurain (un gigante alto 1,88 e pesante 80 chili) vincevano solo cronometro e corse a tappe, mentre Roche è durato solo un anno (il 1987 in cui vinse anche il mondiale, incredibile questo irlandese) – come purtroppo anche Pantani, che ha fatto i miracoli nel 1998, lui che sostanzialmente era uno scalatore puro. Bernard Hinault dunque ha vinto 3 Giri e 5 Tours, con ben due accoppiate, ma solo 7 classiche, un mondiale e nessun record dell’ora. Ha vinto anche due Vuelta (io solo una), ma questa non è ancora una gara universale, dove partecipano tutti o quasi tutti i migliori e io non la considero fondamentale per misurare il Palmarès. Non capisco invece Lance Armstrong, uno che ha vinto il mondiale nel 1993 eppoi 7 Tours di seguito (1999-2005). Ma solo quelli! Mah…

Detto tutto ciò, come valutare la fortuna nel ciclismo? Intanto chiariamo il concetto. Magni quando cita Machiavelli mi pare che intenda la fortuna in negativo, cioè la sfortuna. Ma mentre per Machiavelli la Fortuna (con la Effe maiuscola) era ancora una protagonista assoluta, capace di fare e disfare il mondo, per noi è già un cosa diversa, può esserci e non esserci, può anche essere positiva. Mi si dirà: per forza! In una gara, se è sfortuna per uno è fortuna per un altro. In realtà si può chiamare fortuna anche quella in cui uno solo ha dei vantaggi contro tutti o quasi tutti gli altri. Non penso solo a cadute collettive. Vuoi che ti ricordi io qualche caso nel Giro?

Ti ricordi senz’altro Carlo Clerici nel 1954. Forse ti brucia ancora oggi… Era un gregario di Hugo Koblet. Alla sesta tappa, la Napoli-L’Aquila, vinse la tappa su altri tre compagni di fuga. Solo che il vantaggio fu di mezz’ora abbondante e non fu mai colmato, pur essendo Clerici anche un cattivo scalatore. Klobet arrivò secondo a 26′ e tu solo quarto a oltre 31′. Clerici non vinse altro in carriera. Possiamo dire che ha avuto fortuna?

Dopo il Giro del 1955, quello del lavoretto tuo e di Magni a Nencini, si può ricordare quello del 1956. Ventunesima e terzultima tappa, Merano-Monte Bondone, Pasquale Fornara in rosa si ritirò semiassiderato in mezzo ad una tormenta di neve, con lui si ritirarono altri 43 corridori. CosìCharly Gaul che era partito ventiquattresimo a 17′ di ritardo, vinse con 8′ su Alessandro Fantini e oltre 12′ su Magni. Gaul era unico, si esaltava sotto il cattivo tempo, secondo me è stato il più grande scalatore di tutti i tempi. Ricorderai che Magni pagò allora la fortuna dell’anno precedente. Arrivò al traguardo con una spalla fratturata in caduta e aiutandosi a spingere sui pedali tenendo con i denti un tubolare legato al manubrio. Mitico. Ho avuto perfino un po’ d’invidia, perché queste sono veramente grandi imprese.

(Il mitico Magni al Giro 1954)

A questo punto mi dirai che anche i casi di Clerici nel 1954 e di Gaul nel 1956 hanno poco a che fare con la sfortuna, si deve chiamare dabbenaggine di tutti nel primo caso e resistenza di Gaul nel secondo… Ma nel secondo intervenne anche la caduta di Magni a conferma che la sfortuna non guarda in faccia nessuno!

Insomma, caro Fausto, la fortuna c’è, eccome, ma non si può sapere quando arriva, neanche un istante prima. Ecco perché io dò ragione al vostro Segretario fiorentino, quello del Principe, già ricordato da Fiorenzo, quando dice che

“la fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi che da quelli che freddamente procedano. E però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno respettivi, più feroci, e con più audacia la comandano.”

E’ un brano del capitolo XXV che io ho imparato a memoria perchè è la mia filosofia di gara, quindi di vita. Io non ho mai concesso niente a nessuno, ho sempre cercato di vincere, sempre, in ogni occasione. Naturalmente qualche volta ho perso e la più bruciante fu al traguardo del Montjuich nel 1973, quando pagai la voglia di strafare e non riuscii più a fare la volata che il buon Maertens mi lanciò, lasciando via libera a Felice. Qui lo voglio scrivere con chiarezza: Gimondi era un grande, senza di me avrebbe vinto altri due Tours e altri due Giri e oggi avrebbe un palmarès pari ad Hinault, cioè da terzo ciclista del dopoguerra, dopo noi due.

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(Eddy Merckx morde la strada della Parigi-Roubaix)

A proposito d’immagine, non capisco perchè mi chiamassero il cannibale. Io non mangiavo gli altri, ma la strada e i pedali e il manubrio. Penso che una metafora più realistica sarebbe di tipo erotico e sessuale: possedevo la bicicletta con grande foga, qualcosa di innato che le vittorie ed il tempo non mi hanno calmato, fino a quando non ho vinto più, come succede a tutti gli uomini.

Intanto domenica 26 si è concluso il 96esimo Tour. L’ha vinto Alberto Contador, castigliano, anzi di Madrid, per la seconda volta dopo quella del 2007. La cosa che più impressiona però è che dal 1986, cioè in 24 edizioni, ci sono state 10 vittorie statunitensi (7 Armstrong e 3 Lemond) e 10 vittorie spagnole (5 Indurain, 2 Contador e una a testa Delgado, Pereiro e Sastre). Fanno eccezione solo Roche (1987), Riis (1996), Ullrich (1997) e Pantani (1998). Dopo Pantani solo americani e spagnoli. Bisognerà rifletterci un po’.

L’ho fatta un po’ lunga Fausto, come un tappone dolomitico e con te avrei voglia di continuare, ma ti lascio qui, con tutta la riconoscenza e un forte abbraccio.

Il tuo
Eddy Merckx

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Lettere a Fausto: Jacques Anquetil

18 luglio 2009
Pubblicato da Adriano Zanon

Mon cher Fausto,
je suis très heureux de te retrouver ici. Excuses-moi, mais je ne réussis pas à écrire en italien. Je désire cependant rappeller les meilleurs instants de notre cyclisme d’antan. Je suis encore orgueilleux d’avoir été ton héritier et je n’envie pas qui est venu après nous, même si il a vaincu sept Tours de suite, comme Lance Armstrong.

Je voudrais, si possible, parler aussi de la chance. Gaston a écrit que la chance fait toujours suite au courage et même lorsqu’elle t’a souri, elle pourrait soudainement s’épanouir. Par contre, Florent dit qu’il vaut mieux s’organiser entre tous pour diminuer les risques et combatre la malchance qui est la normalité pour qui court en bicyclette. J’aimerais peut-être ajouter quelque chose, parce que dans la vie j’ai eté plus malchanceux que dans les courses et dans ces dernières j’ai toujours été beaucoup plus individualiste que dans la vie.

jacques-anquetil-raymond-poulidor

(12 julliet 1964: Tête-à-tête au Puy-de-Dôme entre Anquetil et Poulidor)

Je crois, cher Fausto, que chaqun marque bonne part de son propre destin et qu’il puisse agir pour en modifier le décours, mais seulement si il est capable de se seconder, si il aide ses propres caractéristiques à changer dans ce but. Ainsi, moi qui suis né à Mont-Saint-Aignan, près de Rouen, entre Paris et la Manche. Lieu, malgrés le nom, qui n’est qu’à 150 mètres d’altitude, j’ai du apprendre très tôt à aller vite en plaine. En plus, j’ai perfectionné ma position en selle, j’ai trouvé la juste respiration et la constance pour les longues courses. Ma première victoire fut au Grand Prix de Nations de 1953, je n’avais alors que dix-neuf ans, en suite je l’ai vaincu cinq fois de suite. J’en ai vainques neuf au total, c’était ma compétition. Une course contre la montre de 140 kilomètres c’était une vrais veine pour moi! En 1956, j’ai compris que battant ton record de l’heure du 1942, je pouvais t’approcher.

Dès ce moment en montée je ne cédais plus un mètre, meme pas aux grands tel que mon ami Raymond Poulidor (qui en 1964 il arriva second aux Champs-Élysées à seulement 55″). Au contraire, avec le temps je me pris quelque satisfaction supplémentaires. En 1963 je vainquis deux étapes de montagne, une sur les Pyrénées (avec l’ Aubisque et le Toumalet) et une sur les Alpes (avec les deux col du Saint-Bernard), en battant toujours dans la volée le grand Federico. Entre autre en 1964, avec arrivée dans descente, je fus premier dans la Briançon-Monaco. Mais les courses contre la montre était naturellement toujours miennes! En plus j’étais devenu invulnerabile dans les courses en étapes.

Voilà enfin le point, cher Fausto. Contre la malchance, ou mieux encore le décours incertain de la chance, on ne réussit pas toujours à trouver une bonne solution autant dans l’organisation, que les alliances pour s’alterner dans les efforts et diminuer les risques, il ne suffit pas toujours d’avoir des bons coéquipiers, parce que si ceux-ci sont des grands grimpeurs ils deviennent des concurrents plus des coéquipiers. On dépend donc de nos propres caractéristiques et on ne doit jamais les oublier, du reste comme nos origines. Alors il faut être capables de s’aider soi-meme, en sachant souffrir, en serrant les dents, et savoir porter à la maison le résultat final en chaque bonne occasion. Un comme moi n’aurais pu gagner que contre la montre et était constraint d’y gagner pour pouvoir remporter une course à étapes. Les courses en ligne j’en rêvais seulement.

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(Biographie de Anquetil pubbliée en 2008)

J’ai toujours rêvé de tes grandes entreprises, lorsque tu donnais dix ou vingt minutes à tous en montagne, en renversant les situations plus défavorables. Mais les uniques entreprises que j’ai réussi à faire n’avaient rien du grand cyclisme. Je me ne m’en repentis pas tout à fait, même si encore aujourd’hui les français écrivent de moi comme un cycliste perfectionniste et ils sont les anglais qui rédigent des biographies complètes sur moi.

Merci Fausto, de tout.

Ton éternel ami.
Jacques Anquetil

(Avviso: nei commenti si trova la traduzione della presente lettera.)

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Lettere a Fausto: Fiorenzo Magni

10 luglio 2009
Pubblicato da Adriano Zanon

Caro Fausto,
sono costretto a scriverti perché Gastone ha fatto strani discorsi, in particolare sulla fortuna. Forse non ho ben capito cosa volesse dire, forse non lo sa bene neanche lui. Ma forse è veramente ancora turbato dal Tour del 1960, quello vinto! E su ciò merita un certo rispetto. Ma prima devo far notare che mi ha dato del bucaiolo di Prato. Come se fosse un doppio insulto. Ma ciò non ha senso. Infatti, tu sai che io son di Vaiano, mentre lui è di Barberino di Mugello. Tra Vaiano e Barberino ci sono soli 22 chilometri di strada, via Montecuccoli, ma questi sono i capoluoghi di due comuni contigui che si sviluppano in due valli parallele. Quindi, per semplificare, siamo entrambi di Prato, anche se Barberino oggi si associa più a Firenze. Qui c’è la solita boria dei fiorentini su tutti gli altri toscani, vicini e lontani. Ma siamo praticamente dello stesso posto! Non a caso, nascere e vivere lì ci ha portato ad essere entrambi due buoni discesisti… Pensa che bischero!

coppi-e-magniMa torniamo alla fortuna, ch’è meglio. Cos’è costei? A scuola, avevo imparato studiando il Machiavelli che la fortuna va e viene, che dispone del tempo e infine che cambia volentieri cavallo, nel nostro caso ciclista. Ma il Segretario diceva anche che la fortuna è donna e che per tenerla sotto bisogna batterla e che se si è giovani si ha più energia per farlo. Insomma, già lui diceva a modo suo che qualcosa si può fare per condizionarla.

Poi però in tema di fortuna la vita mi ha fatto fare qualche esperienza personale e qualche riflessione. Torniamo proprio sulla nostra fuga della Trento-San Pellegrino, la penultima tappa del giro 1955. Sì, in quell’occasione Gastone forò, ma noi avemmo la semplice conferma che in due si rischia meno, perché ci si osserva e corregge nei punti difficili e perché, casomai, nelle forature ci si aiuta. Poi, che è meglio se ci si aiuta in due sì, ma diversi, tu eri più forte in salita, io in discesa: uno solo non può esser più forte di due specialisti concordi. Infine, che avere tanta energia e sprecarla a rincorrere non aiuta la fortuna. Due energie alleate e diverse possono dare più della somma delle due singole, aumentano l’efficacia dei singoli. Oggi direbbero che si fa sinergia. Io insomma ho ben imparato che non basta il coraggio individuale per muovere anche la fortuna, perché questa non si sa mai dove vada a parare. Ma forse questo lo ha capito anche Gastone, anche se tu, purtroppo, ne sai più di tutti, caro Fausto.

Infine, pensa che il nostro ha il nome del papero Gastone che nei fumetti di Walt Disney è diventato un simbolo della fortuna, tutto l’opposto del cugino Paperino! Ma quello era un fumetto banale, non esiste uno che è sempre fortunato e lui solo, poi! Quindi il nostro non ha ancora imparato bene la lezione del 1955, pensa ancora che un arnese individuale come la bicicletta dipenda solo da chi ci sta sopra e non anche da chi ci sta a fianco.

coppi-e-magni-al-giro-ditalia-del-1955gifAlla prossima, intanto ti saluto e ti abbraccio.

Il tuo indissolubile
Fiorenzo Magni

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Lettere a Fausto: Gastone Nencini

1 luglio 2009
Pubblicato da Adriano Zanon

Caro Fausto,
ho pensato di scriverti alla vigilia del Tour de France che va da sabato 4 a sabato 26. Per noi ciclisti il Tour resta il vero mito e ancor di più per noi italiani. Dopo Ottavio (1924 e 1925), Gino (1938 e 1948) e tu (1949 e 1952), l’abbiamo vinto solo io (1960), Felice (1965) e Marco (1998). Ben 8 su 51 edizioni dal 1903 al 1965 e solo una volta su 42 da questa data ad oggi. Meglio di noi hanno fatto i francesi (36 vittorie, di cui 5 Anquetil e Hinault, 3 Bobet), i belgi (18, di cui 5 Merckx) e perfino gli spagnoli (11, di cui 5 di fila Indurain e tre diversi negli ultimi tre anni) e gli Stati Uniti (10, di cui 7 di fila Armstrong e 3 Lemond).

Ormai a livello internazionale noi italiani siamo ridotti a vincere le gare in linea, soprattutto il campionato del mondo, dove nello stesso periodo abbiamo vinto 13 volte (su 42) e alla grande negli ultimi tre anni (Bettini nel 2006 e 2007 e Ballan l’anno scorso). In sede ciclistica possiamo dire che sappiamo fare squadra e volata, ma solo in una giornata. La kermesse lunga e lo sforzo costante non fanno più per noi. E purtroppo mi pare la foto di un popolo. Non pare anche a te?

So già che mi dirai che siamo stati anche sfortunati, che Ottavio ne avrebbe vinti almeno cinque di seguito se i fascisti non l’avessero ammazzato, che anche Gino avrebbe fatto altrettanto se non ci fosse stata la guerra e non a caso è stato l’unico a rivincerlo dieci anni dopo (1938 e 1948). E che di recente siamo arrivati anche noi sul podio, con Ivan Basso. Ma una volta eravamo in tanti a fare la gara! Nel 1960 io arrivai davanti a Battistini, con Pambianco settimo e Massignan decimo. Nel 1965 Felice vinse con Gianni Motta terzo e De Rosso settimo. Come quando vincesti tu nel 1949, con Gino secondo e Fiorenzo sesto, e nel 1952, con Gino quarto e Fiorenzo sempre sesto, ma anche Andrea Carrea nono.

Ma oggi è cambiato qualcosa Fausto, non siamo più gli italiani di cinquant’anni fa! E non dirmi che siamo diventati ricchi! Negli ultimi anni ha vinto sette volte di seguito un americano, uno con un nome che sembra inventato da Walt Disney: Lance Armstrong (pensa, si chiama Lancia Fortebraccio!). Non credo che costui sia più povero e quindi più umile di noi italiani. Dicono che abbia tanto coraggio, lo dimostrerebbe la sua storia personale. Ma senza parlare di quella, per la quale ci vuole un po’ più di spazio, noi non abbiamo più coraggio? E’ impossibile: noi abbiamo vinto sempre grazie a quello. Anche perché se c’è coraggio si può anche avere un po’ di fortuna, che è indispensabile. Ma senza coraggio non si ha niente, in corsa e nella vita.

Col de Perjuet

E vorrei fermarmi a riflettere proprio sulla fortuna. La fortuna nel ciclismo. Io non avevo paura di niente, ero tenace in salita e pazzo in discesa. Mi ricorderò sempre il Giro del 1955, ero una forza della natura, avevo venticinque anni, e la maglia rosa da cinque giorni. Alla penultima tappa, la Trento-San Pellegrino, forai in discesa (una semplice foratura!) e voi maledetti vegliardi (70 anni in due!) – ed ingordi – me l’avete ficcata! Vincesti tu e fu la tua ultima vittoria al Giro, con Fiorenzo – quel bucaiolo di Prato – in rosa che vinse così il suo terzo Giro. Sul podio finale, tu arrivasti secondo a soli 13″, io terzo.

Ma mi ricordo e ricorderò soprattutto il Tour che vinsi, nel 1960, a trent’anni. Alla 14esima tappa, Millau-Avignon, il 10 luglio io ero in giallo. Mi lanciai nella discesa del Col de Perjuret. Roger Rivière era un grande, aveva fatto due volte il record dell’ora nel 1957 e nel 1959, quest’ultimo durò fino al 1967. Mi inseguì come pochi potevano fare. Cadde in un dirupo e si spezzò la spina dorsale. Lo seppi ben dopo l’arrivo e la sua foto di uomo accartocciato, come il feto di un ciclista, non riesco ancora di togliermela dalla testa e non la faccio vedere più a nessuno. Roger aveva 24 anni, io dopo quel Tour vinsi solo un circuito di Acireale, l’anno dopo. Non avevo più la testa.

Confermo quindi che ci vuole coraggio, ma anche fortuna e questa viene a caso e nel tempo i suoi effetti possono essere strani, molto strani! E’ così infatti che la mia sconfitta del 1955 me la tengo stretta e la mia vittoria del 1960 ha un’aura tragica. Insomma, a volte è meglio perdere che vincere, è solo il tempo a giudicare qual è la cosa migliore.

Guarda un po’ cosa ti ho scritto Fausto! Ciao, alla prossima.

Il tuo
Gastone Nencini

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Caro diario… a presto!

24 giugno 2009
Pubblicato da Fausto Coppi

Caro diario,

con la nota di martedì 23 giugno finisce la gara elettorale. Sei stato un’ottima e salutare compagnia. Senza di te avrei avuto meno lucidità in corsa e avrei dovuto far ricorso a qualche pastiglia di troppo. Adesso c’è un buon periodo di riposo, poi magari riprenderemo, anche se non servirà più la cadenza giornaliera.

Permettimi di ringraziare i miei migliori gregari, mio fratello Serse, che mi ha seguito fin nei seggi.

Poi Marco, sempre un buon appoggio, nonostante sia così concentrato sulla sua famiglia, non sempre facilmente controllabile.

Quindi Franco, che ha preso su la bicicletta di Marco pedalando con grande forza, nonostante le pinte di birra che si fa anche in gara. Ognuno ha il suo equilibrio energetico.

L’importante però è stata la squadra, come sempre. A questa, tutta la mia riconoscenza per il coraggio, la pazienza, la dedizione dimostrati. E’ così che si vince.

A presto
Fausto Coppi

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Diario elettorale: 23 giugno 2009

23 giugno 2009
Pubblicato da Fausto Coppi

Caro diario,

ti riassumo i risultati del ballottaggio al municipio di Portogruaro, con alcuni dati a confronto e chiudo con una mia personale opinione.

Bertoncello
7.245 voti (52,45% ovvero +677 su Tabaro), +148 sul 1° turno (7.097, -316 su Tabaro)

Tabaro
6.568 voti (47,55%), -845 sul 1° turno (7.413)

Bertoncello ha avuto la meglio su 20 dei 27 seggi, Tabaro solo su 7, ossia 1-2-3-4 (centro), 10 (viale Trieste), 14-15 (stadio), al primo turno erano 15/26 per Tabaro e uno era pari.

Bertoncello ha guadagnato 159 voti nelle frazioni, di cui 53 a Pradipozzo-Summaga e ben 72 a Lugugnana, perfino 24 a Lison e Mazzolada. Per la cronaca, l’apparentamento portava teoricamente 186 voti dalle frazioni (109 Padovese e 77 Buffon), quindi è certo uno spostamento di voti da Tabaro a Bertoncello. In particolare a Lugugnana i 39 voti disponibili sono diventati, appunto 72, al netto della minore affluenza.

Sempre per Bertoncello il saldo in città è stato -11, ma aveva a disposizione teoricamente 524 voti (340 Padovese e 184 Buffon). Tabaro invece ha perso 304 voti su 845 nelle frazioni e ben 541 in città, di cui 276 in vial Trieste.

Attenzione, caro diario, c’è stato un fenomeno statistico di un migliaio di voti (esattamente 993: da -316 a +677 le differenze, +148 e -845 i delta sul primo turno) tutto ciò sui 14.510 voti presi al primo turno dai due contendenti (su 15.501 dei voti validi totali). Questo dato è anche la somma al primo turno degli outsiders (991= 293 Buffon, 417 Padovese, 214 Bergamo, 67 Dreon).

La mia opinione è infine questa. Bertoncello ha portato a casa 400 voti dagli apparentamenti, il 60% circa, 100 voti circa da Tabaro, dopo aver perso solo il 5% del suo elettorato (circa 350 voti) per la minore affluenza. Tabaro ha perso dunque 100 voti su Bertoncello (e non sono pochi vista la presenza delle provinciali con la Zaccariotto favorita), voti che sostanzialmente ha ripreso da Bergamo, ma ha perso per assenteismo circa il 12% del suo elettorato (appunto 845 voti su 7.097).

Perchè la minore affluenza ha punito Tabaro? Perchè al primo turno si votava anche per le europee dove il cavalier Banana (Fròttolo) l’aveva posta in termini di plebiscito sulla sua persona e a Portogruaro ci sono molti, troppi, bananisti. Evidentemente il problema non si è posto sulla persona di Tabaro che non è stato apprezzato e ritenuto così importante come prospettiva.

Mi pare tutto sommato pensabile, caro diario, che tutte le sceneggiate fate con i vari Brunetta (Pisolo), Zaja (Broccolo), Giovanardi (Bigolo), Galan (Crostolo), Chisso (Rotolo) e Zaccariotto (Biancanave) abbiano sostanzialmente confermato ai portogruaresi che Tabaro (cioè Gongolo) era proprio un paracadutato e anche debole, se aveva bisogno dell’artiglieria di nani così pesanti.

L’uomo però non manca di cinismo verso i suoi compaesani e ad urne calde ha tranquillamente confermato che non gliene frega un cazzo (scusa il machiavellismo) di lottare per il bene di Portogruaro. Si arrangi. Il consiglio comunale in minoranza non è da lui. A questo punto c’è solo da immaginare cosa avrebbe fatto da sindaco. L’abbiamo scampata.

Naturalmente, per noi la guerra di posizione non è certamente finita il 22 giugno, ma non siamo arretrati fino al Piave, siamo ancora sull’Isonzo, pardon, sul Lemene.

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Diario elettorale: Lunedì 22 giugno 2009 (+15/00)

Pubblicato da Fausto Coppi

Caro diario,

non ho parole. Ti lascio un video.

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=W37bLgsoObA[/youtube]

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Diario elettorale: Domenica 21 giugno 2009 (+14/0)

22 giugno 2009
Pubblicato da Fausto Coppi

Caro diario,

dopo la prima giornata l’affluenza alle urne a Portogruaro è stata piuttosto alta.

Per il ballottaggio al comune ha votato il 48,1%, non confrontabile con il primo turno dove si votava sabato pomeriggio e domenica, mentre stavolta è su domenica e lunedì (fino alle 15.00). Ti ricordo che il voto completo al primo turno fu al 72,05%. E’ probabile un’affluenza finale tra il 60% ed il 65% (massima). Sarà quindi decisivo chi andrà a votare.

Per il ballottaggio alla provincia, in tutta la provincia ha votato il 32%, un’affluenza molto bassa. Al primo turno fu del 73%. E’ pensabile un’affluenza massima del 50%, per cui il risultato finale è un’incognita assoluta.

Ai referendum a livello nazionale ha votato solo il 16,4% (quesiti 1 e 2) ed il 16,7% (quesito 3). Il Veneto al 18,9% (1-2) e 19,5% (3). La provincia di Venezia al 27,8% (1-2) e 28,6% (3). I quorum sembrano proprio impossibili. Il livello massimo nazionale sarà il 25%.

Nei seggi non è successo granché. Solo una curiosità: il già neoconsigliere Rodriguez ha presidiato tutto il giorno l’atrio della scuola media Pascoli, all’entrata dei seggi 1-6. Ti faccio notare che era l’atrio, non un’aula di seggio. Ed era una presenza fisica molto pregnante, vista la sua condizione di diversamente abile. Speriamo che il voto premi il lavoro e la credibilità di tutte le squadre in campo e non solo l’incredibile resistenza fisica di questo campione e controllore (non so dare altre definizioni più neutrali).

A domani, caro diario. Domattina l’ultima curva, alle 15.00 è posta la striscia del traguardo. Entro notte il responso dei giudici. Vinca il migliore, cioè Fausto Coppi.

fausto-coppi-sul-traguardo

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Diario elettorale: Sabato 20 giugno 2009 (+13/-1)

21 giugno 2009
Pubblicato da Fausto Coppi

Caro diario,

domani si vota, per Bertoncello al municipio di Portogruaro, per Zoggia alla provincia di Venezia e per tre referendum sulla legge elettorale nota come ‘Porcellum’.

Sui referendum c’è molta confusione, ti dirò solo che i primi due chiedono di eliminare un paio di parole per comma che sposterebbero il premio in seggi dalla coalizione al partito di maggioranza relativa (oggi il PdL). Neanche il fascismo iniziale pensò a tanto. Il terzo invece, se passasse, impedirebbe le candidature multiple su cui poi scegliere, Camera e Senato. Molti sono quindi tentati di votare sì solo su questo e astenersi o non votare sui primi due. Tuttavia c’è un solo modo e un solo risultato che manifesterebbe chiaramente la volontà del popolo italiano di cambiare la legge: tre sì, con un buon quorum. Così almeno la penso io.

Per quanto riguarda le elezioni comunali ho uno scoop, caro diario. Ho scoperto che il legame tra elezioni comunali e provinciali è diretto, come non avrei mai immaginato.

E’ successo che ieri Il Gazzettino ha pubblicato un’intervista parallela ai due candidati, Bertoncello e Tabaro. Ebbene, alla domanda “la sua giunta come sarà composta? ci può fare due nomi?”, Bertoncello ha risposto “quel che è certo, è che presentiamo una squadra nuova, fatta di giovani e donne qualificate …”, dove poteva magari evitare quel ‘qualificate’, semplicemente pleonastico.

Tabaro invece ha risposto ufficialmente: “di sicuro ci sarà almeno una donna in giunta e per forza di cose sarà un assessore esterno”. Ebbene, caro diario, grazie alla mia amicizia con la giornalista Teresa Infanti, ti posso rivelare che Tabaro ha in mente un gesto veramente rivoluzionario: ci sarà sì una donna, esterna, ma almeno in due assessorati, forse in tre. Senz’altro alla Pianificazione strategica e ai Rapporti con le istituzioni, ma forse anche ad un nuovo assessorato simbolico per il Veneto Orientale, ancora da battezzare. Il fatto più forte però è che saranno affidati ad una sola persona, una donna, ma con le palle. Sei curioso, eh? Ebbene si, Tabaro ha già fatto l’accordo con Francesca Zaccariotto, Biancanave di San Donà di Piave. Sarà lei il triplice assessore esterno, c’è qualcuno di migliore? Veramente geniale. Dici che non si può fare? Verrà trovata una soluzione. Tutto si può risolvere quando si ha fantasia e potere.

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Diario elettorale: Venerdì 19 giugno 2009 (+12/-2)

19 giugno 2009
Pubblicato da Fausto Coppi

Caro diario,

siamo sul rettilineo opposto, manca solo l’ultima curva, quindi ci siamo.

A proposito delle inchieste e delle foto del puttanaio del psiconano Fròttolo, vale la pena riportare la definizione del protagonista data dall’elefante Giuliano Ferrara (almeno uno col cervello grosso c’è) su Il Foglio del 12 giugno:

L’anziano politico, l’imprenditore al culmine del successo pubblico e privato, l’uomo del casting, il mentore – appunto – che affolla le feste di bella gioventù e seleziona con brio leporellesco, senza tante ambizioni ma senza tutto quel risvolto di genitalità che ci vedono i suoi denigratori bacchettoni e molto, molto ipocriti: ecco qualcosa che le sottoculture non riusciranno mai a capire. E mi dispiace.

Mentore lo chiama, mutuando il concetto da James Hillman, psicoanalista junghiano. Pare, tuttavia, ignorare (normale nell’area) che Mentore è il nome del personaggio omerico a cui Ulisse affida il piccolo Telemaco prima di partire per la guerra di Troia. Invece, il psiconano pare più Ulisse che Mentore, un Ulisse che non lascia mai Troia però – anzi, che trasforma tutto in Troia.

Sul piano locale, invece, Gongolo e Biancanave anche dal palco, ieri sera, hanno confermato di essere della stessa pasta: parlano a slogan e parlano contro. E’ un tecnica elettorale? No. Come ben sintetizza oggi sulla Nuova Venezia il sindaco di Venezia Massimo Cacciari: «Non c’è gara tra Zoggia e Zaccariotto. Davide ha governato bene, il sindaco di San Donà non conosce il territorio, non ha un programma se non ideologie generali.» Niente programmi concreti, ma programmi di idee – come dice il nostro Tabaro.

Inoltre, Cacciari nota come «i sindaci di quella parte politica hanno sempre dimostrato negli ultimi tempi di subire diktat dei loro poteri sovraordinati, la Regione, il governo. Con Zanonato e Zoggia noi abbiamo manifestato anche contro il governo Prodi. Non mi risulta che loro abbiano fatto lo stesso con Berlusconi.» Però avranno pur qualche vantaggio se fanno così… Chissà perché mi torna in mente Troia!

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