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L’Asvo ad una svolta. I rifiuti come bene comune

6 novembre 2010
Pubblicato da Ivo Simonella

In queste settimane l’Asvo è al centro di un dibattito che dall’interno è passato ai comuni interessati, ma anche sui quotidiani locali. Al centro dell’attenzione c’è una scadenza tecnica, la stessa che ha coinvolto i consorzi della gestione dell’acqua con il famigerato art.15 della legge 166 del 20 novembre 2009. Entro il 31 dicembre 2011, i rifiuti del bacino portogruarese o vanno in gara, quindi presumibilmente in competizione tra società di certe dimensioni e in grado di svolgere tutte le operazioni, oppure possono rimanere in gestione se l’Asvo vende almeno il 40% ad un socio privato. L’Asvo si è attivata da tempo per orientarsi tra le due possibili opzioni che sono passate da ipotesi del Cda a oggetto di decisione dell’Assemblea dei soci, cioè i comuni.

La prima opzione può essere ‘governata’ con un buon espediente. Anziché dare la gestione in gara a grandi imprese, si può far parte di una di queste, capace di vincere le gare. La candidata naturale è Veritas Spa (Veneziana Energia Risorse Idriche Territorio Ambiente Servizi), la società veneziana che si autodefinisce “la prima multiutility del Veneto per dimensioni e fatturato e una delle più grandi d’Italia”. Una società interamente pubblica che opera in 30 comuni, sia sull’acqua che sui rifiuti. Su questi in particolare opera con la Ecoprogetto Venezia Srl, un società mista “controllata da Veritas (che ne detiene il 66,6%) e partecipata dal Gruppo Ladurner di Bolzano (23,4%), una delle principali realtà attive nel settore ambientale in Italia, e da Ascopiave – Asco Holding (10%), società veneta che opera nel ciclo energetico” (come recita il suo sito). Ecoprogetto ha un ‘polo integrato’ (un impianto per la produzione di CDR, combustibile derivato dai rifiuti, e un termovalorizzatore, un inceneritore, per intenderci) a Fusina, dove già oggi finisce il residuo secco non riciclabile del bacino portogruarese. E’ noto infatti che la discarica di Centa Taglio ormai dall’agosto 2008 ha smesso la sua attività di smaltimento. L’operazione Ecoprogetto prevede lo scambio azionario del 20% di Ecoprogetto con il 50% circa di Asvo, ma la perdita di fatto del controllo societario.

La seconda opzione è dunque la cessione ‘solo’ del 40% ad un privato, un socio cogestore. In questo caso la gestione ‘in house’, cioè in casa, rimane tale per legge per altri 15 anni. Naturalmente ci sono diversi protagonisti del settore. Sappiamo di contatti con società che operano già in zone limitrofe e con problematiche pressoché uguali, in particolare nella gestione dei rifiuti delle spiagge, un problema che va da Lignano a Jesolo, passando per le nostre Bibione e Caorle.

Noi siamo per questa seconda soluzione, cioè la privatizzazione del 40%, per un paio di buoni motivi. Lo scambio azionario con Ecoprogetto ci farebbe perdere sia il controllo della società che l’anima. Primo, perdere il controllo significa che l’utilità economica iniziale, le possibili sinergie ed i vantaggi tariffari nello smaltimento, potrebbero durare molto poco. Ben presto gli interessi del ‘core business’ di Ecoprogetto, cioè l’inceneritore, potrebbero indurre lobbisticamente ad un atteggiamento diverso nella raccolta, un abbassamento della raccolta differenziata che non è solo un atto concreto di civiltà ambientale, ma anche un mezzo di comunicazione e di orientamento al consumo critico. Secondo, è bene che i rifiuti rimangano in gestione e controllo del territorio di pertinenza. E’ bene che le amministrazioni rimangano padrone a casa loro, come piace dire adesso, cioè dei costi dei rifiuti del loro territorio ed i cittadini padroni della loro salute.

Quest’occasione può anche essere un’opportunità per cambiare radicalmente la formazione e la gestione dei vertici societari in Asvo. Oggi infatti esiste un’Assemblea dei soci – cioè i comuni che pesano secondo le quote versate e proporzionali ai cittadini residenti – che per statuto ha compiti essenziali di indirizzo e controllo strategico, nonché quelli tradizionali di gestione del bilancio. L’assemblea attuale esprime un Cda di cinque membri, compreso il Presidente. Dal Cda dipende poi il Direttore Generale, un dirigente che di fatto governa in piena autonomia tutte le direttive e delibere degli organi superiori. In questi anni i cinque membri del Cda sono stati spartiti secondo le proporzioni tra le amministrazioni di centrosinistra (oggi maggioranza, pur risicata) e centrodestra. Obiettivamente, al di là della figura del Presidente, che ha una responsabilità giuridica primaria in tutta l’attività produttiva, sempre piuttosto rischiosa, con mezzi che scorazzano giorno e notte in tutte le strade, i consiglieri sono sia troppi che inutilizzati, anche perché sono – come in tutte le società municipalizzate – perlopiù individuati per dare una ‘carega’, un contentino ad un portaborse o la consolazione ad un capolista trombato o ad una figura professionalmente irrecuperabile.

Noi pensiamo che l’occasione della privatizzazione al 40% possa vedere una riduzione del Cda a tre membri. Un presidente designato (se proprio serve) dalla maggioranza; un vicepresidente, designato dalla minoranza, ma meglio remunerato del consigliere attuale e che si divide i compiti di rappresentanza col presidente, insomma più operativo e responsabile; infine, il consigliere designato dal socio privato, che per definizione sarà senz’altro una persona competente in materia tecnica ed economica. Un simile essenziale Cda non può che collaborare e preparare alle decisioni che deve prendere l’Assemblea, che detiene il vero ruolo guida.

Una simile operazione richiede un accordo bipartisan, ma duraturo, un cambiamento di strategia radicale nella gestione delle società partecipate dai comuni, un elementare tentativo di rovesciare la pessima immagine della politica, dei politici, degli amministratori, anche quelli che tutti i giorni lavorano in pieno disinteresse personale e che si sentono accomunati al carrozzone della casta.

I rifiuti sono un oggetto sociale particolare, poiché non c’è cittadino o famiglia che possa ignorarli. In certi momenti alcuni cittadini non sono toccati dalla scuola o dalla sanità, ma nessuno può non toccare i propri rifiuti. Questi, nonostante le loro apparenze, sono un bene comune, una risorsa e non solo un costo, un mezzo di comunicazione e d’igiene ambientale e non un oggetto di sotterfugio e sporcizia. Sappiamo che è un strano paradosso, ma non sarebbe male partire dai rifiuti per cominciare a rovesciare l’immagine della politica.

Ivo Simonella e Adriano Zanon

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