Lo spread (pronuncia ‘spred’) è il differenziale tra i rendimenti dei diversi titoli. Sui titoli di stato misura la distanza dal primo (il Bund tedesco, il più affidabile). Maggiore è lo spread e maggiori sono i costi dello Stato in interessi sulle obbligazioni emesse per far fronte al debito. Ma non è una gara semplice, lineare, perché dipende anche dal mercato dei derivati.
Un derivato semplice è lo swap, che è uno scambio o baratto tra due istituzioni finanziarie. Per esempio, un soggetto A acquista un’obbligazione a tasso variabile e corrisponde gli interessi che percepisce a un soggetto B che, a sua volta, acquista un bond a tasso fisso, percepisce gli interessi variabili di A e gli gira gli interessi a tasso fisso. Gli swap che sono contratti diffusissimi, capaci di moltiplicare più volte il valore di possesso dei titoli originari, ma non sono regolamentati.
In generale, con questi strumenti fisicamente non si scambia nulla o ben poco, è una specie di gioco al computer che mette in rete nuovi indici e valori di tutto un po’, non solo titoli o merci (come il petrolio o il rame). Concretamente i derivati servono solo per allargare a dismisura il giro d’affari. Ma lo scambio di questi influisce molto sui rendimenti dei titoli ufficiali, perché gli operatori sono sempre gli stessi e gli umori, sui titoli ufficiali o sui derivati, fanno comunque il mercato.
Non è chiaro? Significa solo che non siete portati a fare i soldi con la finanza. Ma sappiate che c’è comunque chi li fa e noi tutti siamo tenuti a contribuire concretamente verso lo Stato italiano per far sì che lo spread non aumenti, cioè non aumenti la misura di quella cosa che abbiamo già in quel posto.