Migranti, crimini europei contro l’umanità

Riporto senza commenti, solo qualche evidenziazione, un commento pubblicato sul manifesto di oggi. Sul documento di Amnesty International ci sono notizie già da ieri su Ansa, la Repubblica, Il Fatto Quotidiano e chissà quant’altri, ma non ho sentito niente del genere in tv.

Nessuno può ignorare queste accuse
di Alessandro Dal Lago
Amnesty. Se l’Europa collabora direttamente con chi commette crimini contro l’umanità, è responsabile di crimini contro l’umanità
Che cosa dirà ora Minniti? Ma dirà qualcosa? O farà spallucce, come qualche giorno fa, quando l’Onu ha pesantemente criticato l’Italia per gli accordi con La Libia?
E Gentiloni? Farà finta di nulla? Proprio lui che è appena tornato da un tour in Africa, dove ha promesso investimenti in cambio di un freno all’emigrazione?
Le accuse di Amnesty International, diffuse ieri nel rapporto La rete oscura libica della collusione e riprese da tutta la stampa, sono terribili e circostanziate.
I governi europei, tutti i governi dell’Unione europea, sono consapevolmente complici degli abusi e dei crimini commessi dalle autorità libiche su decine di migliaia di migranti detenuti illegalmente in Libia.
I governi europei conoscono le spaventose condizioni di internamento dei migranti, e quindi sanno di stupri, torture e uccisioni (e ci mancherebbe, con tutti i servizi segreti e le forze speciali che operano in Libia). Inoltre, collaborano al sofisticato sistema di sfruttamento dei rifugiati e dei migranti. Non si tratta solo di collaborazione indiretta, ma di sostegno attivo, come nel caso della Ras Jadir, la nave donata dall’Italia alla Guardia costiera libica e responsabile di una manovra che ha portato, nel novembre 2017, all’annegamento di un numero imprecisato di migranti.
Gli europei hanno allestito il grottesco sistema Frontex, che si occupa di pattugliare le frontiere terrestri e marine dell’Unione e che ha ritirato le sue navi nei porti, per timore che salvassero qualcuno. Hanno elargito quattrini all’Italia, diverse centinaia di milioni di Euro, per fare da sentinella marina e gestire i rapporti con i libici, proprio come avevano finanziato Erdogan per riprendersi i profughi siriani e internarli in campi le cui condizioni disumane sono note. Gli europei, insomma, hanno attuato una strategia di contenimento e dissuasione delle migrazioni che arriva fino alla connivenza attiva con torturatori e criminali di guerra (e di pace).
Ora, se l’Europa collabora direttamente con chi commette crimini contro l’umanità, è responsabile di crimini contro l’umanità. Non giriamo intorno alla questione.
Le accuse di Amnesty contengono accuse che da noi nessuno può ignorare. Non lo può fare il governo, che deve dare una riposta e subito, perché è primo attore della strategia libica. Non lo può fare il presidente della Repubblica, che è garante anche del trattamento degli esseri umani coinvolti dalle politiche migratorie italiane. E non lo può fare la magistratura, che ha il dovere di intervenire sull’azione del governo se ha notizia di reati.
Finora, alcuni magistrati inquirenti si sono mostrati solerti e loquaci solo quando si trattava di accusare le Ong di collusione con i trafficanti, dando la sensazione di agire a sostegno del governo. Come i procuratori di Trapani che hanno sequestrato la nave Juventa della Ong Jugend Rettet. O come il mitico procuratore di Catania Zuccaro, che ha accusato ripetutamente le Ong di accordi con gli scafisti, per dire poi che non aveva prove e che le sue erano mere «ipotesi di lavoro».
Noi, come manifesto queste cose le scriviamo, le diciamo e le denunciamo da sempre. E vorremmo sapere che ne pensa il presidente Grasso, ora che è un leader politico nazionale della sinistra e su queste tragedie dovrà misurarsi non più solo in chiave istituzionale come ha fatto finora, ma di movimento.
Soprattutto che cosa ha da dire l’ex presidente del Consiglio Renzi che voleva «aiutare i migranti a casa loro». E che ha da dire l’onorevole Di Maio, il giulivo candidato premier dei 5 Stelle, che ha attaccato le Ong come «taxi del mare». E ora ci appelliamo a chi non è obnubilato dalla paura dell’invasione degli stranieri perché si faccia sentire e alzi la voce. Perché, se il nostro paese si rende responsabile di crimini contro l’umanità e noi stiamo zitti, anche noi siamo corresponsabili.
(il manifesto, 13 dicembre 2017)

 

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2 risposte a Migranti, crimini europei contro l’umanità

  1. Adriano Zanon scrive:

    E questo è un commento di Guido Viale, sempre sul manifesto del 13 dicembre 2017.

    Perché il piano dell’Onu in Libia non funziona

    Nei prossimi mesi l’Organizzazione internazionale delle migrazioni, agenzia dell’Onu, evacuerà (se ci riesce) 15mila profughi detenuti nella Libia di Serraj. Costo previsto, 80 milioni: 5.300 euro a testa. L’Oim calcola che imbottigliati o imprigionati ci siano da 700mila a un milione di migranti. Evacuarli tutti costerebbe dunque da 37 a 50 miliardi. Ma a quei profughi il viaggio è costato spesso anche di più, con i riscatti pagati dalle famiglie per salvare quelli di loro sotto tortura.

    Drammatiche somme, a cui vanno aggiunti i 660mila profughi sbarcati in Italia dal 2013. Tutto questo ci dà la misura del drenaggio dai paesi di origine: a beneficio di mafie e bande armate. Ma per raggiungere e rimpatriare tutti quei prigionieri bisognerebbe fare un’altra guerra: contro le centinaia di bande a cui la precedente guerra contro Gheddafi ha consegnato il paese.

    I trasferimenti, assicura l’Oim, saranno volontari. Ovvio: ma verso dove? Di 50mila, considerati profughi perché provenienti da Stati “insicuri” (Somalia ed Eritrea), di occuperà l’Unhcr: destinazione, uno Stato dell’Unione europea; ma nessuno li vuole. Tutti gli altri, considerati “migranti economici”, perché provenienti da Stati considerati “sicuri”, anche se attraversati da conflitti sanguinosi (in alcuni casi combattuti anche da truppe europee), dovrebbero venir rispediti in quei paesi da cui sono scappati. E che ne faranno, di quei loro sudditi, i governi a cui l’Oim li vorrebbe restituire? Nei 5.300 euro è compreso, in teoria, anche il costo del loro reinsediamento e del loro avviamento al lavoro. E con quali programmi? Quelli spacciati dall’Unione europea, il migration compact di Renzi, l’action plan della conferenza de La Valletta, il “piano Marshall per l’Africa” ventilato ad Abidjan. Tutti piani che hanno per referenti delle multinazionali (Renzi, per esempio, indicava esplicitamente Eni ed Edf, impegnate nella devastazione, rispettivamente, di Nigeria e Niger): per trasferire attività industriali, costruire infrastrutture, “valorizzare” risorse locali: cioè continuare a saccheggiare quei territori come hanno fatto finora; e come la Cina sta dimostrando di saper fare molto meglio.

    Tutto ciò, anche se venisse fatto, non cambierebbe le ragioni che spingono milioni di persone a fuggire dalle loro case, migrando in gran parte non verso l’Europa, ma verso altre regioni o altri Stati africani confinanti. Più facile che quei fondi vengano impiegati nella costruzione di nuovi campi di concentramento, trasferendo più a sud una parte degli orrori della Libia.

    Per risanare quelle terre e quelle comunità non ci vogliono “grandi opere”, ma nuovi protagonisti: abitanti e comunità locali messe in grado di intervenire, con lavori di bonifica, risanamento e pacificazione, su territori e tessuti sociali che loro conoscono bene, perché vi hanno vissuto per centinaia di anni. Magari aiutati da qualche scaglione di migranti desiderosi di ritornare nei paesi che hanno lasciato, dopo qualche anno o decennio passato in Europa, e con bagagli di conoscenze, relazioni e professionalità acquisite nell’emigrazione. Tutto ciò, a condizione che torni la pace in quei territori; che vuol dire: smettere e impedire di vendere armi a chi sta facendo la guerra e mettere i cittadini espatriati di quei paesi in grado di organizzarsi e di mettere a punto dei piani di pacificazione dei territori da cui sono fuggiti, invece di trattarli come intrusi e scarti umani. Nessuno è più pacifico di chi fugge da una guerra; nessuno sa affrontare meglio i problemi di un ritorno a una convivenza pacifica tra i nemici di ieri. Forse che molti dei profughi siriani non sarebbero capaci di partecipare alla ricostruzione del loro paese?

    I governi europei non hanno una strategia perché non sanno più dare lavoro, casa e servizi nemmeno a un numero crescente di loro concittadini; e perché sono tutti lanciati all’inseguimento delle forze di destra e razziste che del respingimento hanno fatto la loro sirena elettorale. Ma quei respingimenti tanto invocati e mai spiegati non funzionano: li ha messi in pratica Minniti, con il plauso di Salvini, Meloni e dei loro seguaci; e si è visto che non risolvono niente: aumentano solo i morti e le violenze.

    Chi invece si schiera per l’accoglienza cerca spesso di rendere accettabile questa scelta ridimensionando il fenomeno: in fin dei conti “sono pochi”, l’Europa avrebbe tutte le possibilità, e anche l’interesse, a integrarli. Sono sì pochi; ma sono l’avanguardia e la manifestazione di un processo epocale. I profughi ambientali e climatici, e le vittime delle guerre provocate da quei dissesti, non sono pochi; sono milioni; e saranno sempre di più; e nessuno riuscirà a fermarli.

    Per questo si deve e si può lavorare alla loro accoglienza e inclusione, ma anche per mettere in condizione quelli che lo desiderano di far ritorno nel loro paesi.

    A rispondere a un problema che è di ordine secolare può contribuire solo la consapevolezza che l’Europa, il Medioriente e l’Africa centro-settentrionale sono ormai un unico mondo con al centro il Mediterraneo; e che è interesse di tutti garantire una libera circolazione. In modo che, dopo un periodo più o meno lungo di permanenza all’estero, tutti, profughi e migranti, di ieri, di oggi e di domani, siano messi in grado di ritornare, se vogliono, nelle loro terre. E viceversa.

    Abbiamo anche tanto da imparare da popoli e culture che continuiamo invece a trattare come se fossero ancora delle colonie.

  2. Adriano Zanon scrive:

    L’accusa di Amnesty: «Ue e Italia complici dei torturatori libici» di Adriana Pollice era l’articolo sullo stesso argomento. Quello sopra è un commento, appropriato.

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