Questo è il discorso di Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, in occasione dell’insediamento del governo Monti, nel lontano 18 novembre 2011.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=FxBYrgVCHTE[/youtube]
Questo è il discorso di Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, in occasione dell’insediamento del governo Monti, nel lontano 18 novembre 2011.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=FxBYrgVCHTE[/youtube]
Sono del 1952, ma vi eviterò i miei piagnistei speciali. Piuttosto vi riproduco il pensiero più affine che ho trovato in queste ore.
Le lacrime dei tecnocrati pazzi
di Marino Badiale
Ma noi non abbiamo voglia di fare battute. Ormai le lacrime dei potenti non ci fanno più ridere, ci danno solo il voltastomaco. Non si può scherzare su ciò che questa gente dalla lacrima facile sta facendo.
Stanno distruggendo il nostro paese, le nostre speranze, il nostro futuro, le nostre vite.
E lo fanno, nei casi migliori, per una fede irrazionale in quelle stesse teorie economiche che hanno portato alla crisi, e che non faranno che peggiorarla. Oppure, nei casi peggiori, lo fanno per conto di potenti forze nazionali e internazionali che vogliono rapinare ciò che in questo paese non è stato ancora rapinato.
La risposta alle loro ripugnanti lacrime non può essere la battuta e nemmeno l’invettiva, ma la costruzione di un fronte di opposizione sociale che abbia la forza di fermare la devastazione che è nei loro piani.
Dobbiamo fermarli, è questa l’unica risposta possibile.
Ho visto in diretta tv il premier Monti rispondere ad una giornalista di Radio 24, la radio della Confindustria, che non è possibile mettere una patrimoniale consistente perché (1) i patrimoni non sono facilmente individuabili e (2) prima di poterlo fare fuggirebbero all’estero. Queste scuse in passato le avevo già sentite.
E’ proprio vero che il passato vive, anzi è l’unica cosa viva del presente.
Il nostro è un tempo in cui il senso delle parole può cambiare da un giorno all’altro. Per esempio, oggi su la Repubblica Eugenio Scalfari scrive:
“Oggi, probabilmente conosceremo i primi provvedimenti del governo per raddrizzare i conti pubblici e compensare i sacrifici che graveranno su tutti i cittadini con interventi destinati alla crescita. Mario Monti non ha usato mezzi termini, i sacrifici li ha annunciati senza ipocrisia né diplomazie, ma anche ha profuso nelle sue dichiarazioni il concetto di equità. Ebbene, c’è un solo modo di intendere la parola equità in una situazione come quella che stiamo vivendo: ingaggiare la lotta contro la recessione.
“Se ci sarà recessione non ci sarà equità; se la domanda interna – privata e pubblica – non sarà adeguatamente incentivata, l’equità diventerà una parola vana, salvo la progressività delle misure rigoristiche; ma quella è un’equità assai impalpabile che scontenterà tutti.
“Quindi la crescita: maggior potere d’acquisto ai redditi medio-bassi, sgravi fiscali sugli investimenti, incentivi all’occupazione, incentivi alla costruzione di infrastrutture e ai lavori pubblici e soprattutto interventi che volgano in positivo le aspettative di consumatori, lavoratori, imprenditori, banchieri.
“Se non riprenderemo a crescere non ci sarà equità poiché il fardello che grava sulle spalle di chi ha un reddito da 5 mila a 15 mila euro annui e paga un’imposta del 23 per cento e chi sta oltre i 200 mila e paga un’imposta del 43 per cento è comunque incommensurabile.”
In questo modo all’inizio del suo editoriale il vecchio giornalista ci spiega che equità e crescita sono la stessa cosa. Io invece credo ancora che equità, politicamente e socialmente parlando, sia un concetto legato alla giustizia sociale. Anzi, secondo me all’origine della crisi economica c’è propria la grande ineguaglianza, cioè l’impossibilità sia individuale che di certi gruppi sociali, di poter crescere, di migliorare la propria condizione materiale e spirituale.
In particolare, in Italia alla base dell’iniquità, come del debito pubblico, c’è il fatto che non si pagano le tasse secondo giustizia. Oltre all’evasione (che aspettiamo di vedere come verrà combattuta), non si applica quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” (art. 53).
Finché il reddito da lavoro è tassato a partire dal 23% e le rendite finanziarie al 12,5% non c’è equità. In questa situazione la crescita sarà solo quella della paura generalizzata, della rabbia sociale e della sfiducia nelle istituzioni, minate soprattutto dagli interessi personali di gran parte degli uomini politici e dalla corruzione di molti che ci girano attorno. Ci vorrebbe però un giornalismo diverso. Ma non c’è neanche quello. Gli italiani dovranno risolvere i loro problemi con quello che hanno.
Non essendo proprio un assiduo frequentatore del Corriere della Sera, dove il nuovo premier Mario Monti scrive da molti anni, in questi giorni ho cercato di leggere gran parte dei suoi articoli ivi pubblicati (al momento 73 sono online). Uno di questi, piuttosto recente (2 gennaio 2011), mi pare significativo, sia per l’impostazione che per i giudizi che si trovano sintetizzati, in particolare in questi passaggi.
La seconda parte di questo memorabile scritto rende comprensibile il tentativo della prima parte: esorcizzare (ancora!) il fantasma del vecchio Marx, un “insostenibile” predicatore etico, anzi peggio, un “idealista” fondatore di un “arcaico stile di rivendicazione”. Peccato che la sostituzione di questo con la “rivendicazione pragmatica” venga dimostrata con due tristi aborti: in Italia si fanno sempre meno, ma soprattutto non si faranno di più, né automobili né ricerca. Sinceramente, speravo di trovare qualcosa di meglio sul Corriere della Sera.
Piero Bevilacqua ha anticipato su Eddyburg un suo intervento sull’attualità politica. Inutile dire che va letto tutto. In questi giorni il dibattito politico a sinistra sembra immerso in una specie di plasma che neutralizza qualsiasi polarizzazione. Sembra che possa e stia per accadere tutto il possibile con fatalità, quindi non affrontabile. Il sentimento dominante è la paura. Leggete qui.
Che fare? Bevilacqua fa (almeno) un proposta, ma è giusto che la leggiate da lui. Poi ne riparliamo.
Sabato 29 ottobre a Cassinetta di Lugagnano, un comune poco sotto Milano, si è tenuto il forum “Salviamo il paesaggio“, incontro che può segnare una data storica nelle politiche amministrative dei comuni italiani.
Riporto dal Corriere della Sera online:
Chi non conoscesse Domenico Finiguerra può cogliere da questo video di YouTube, un Report della scorsa primavera, l’essenza della sua posizione politica.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=0b6FUeEzVkE[/youtube]
Veciu
I voi murí
veciu
sintàt fòur la puarta di ciasa
un giat c’ha si russa ta li barghessis
il fres-c da la not di estàt
ch’al ven su pa li giambis
il got dal neri tal taulín
distudami plan planc
coma ‘na cica dismintiada.
Silvio Ornella, Il polver ta la mània/ La polvere sulla manica, Circolo culturale Menocchio, Montereale Valcellina (Pn) 2011.