Equità

Il nostro è un tempo in cui il senso delle parole può cambiare da un giorno all’altro. Per esempio, oggi su la Repubblica Eugenio Scalfari scrive:

“Oggi, probabilmente conosceremo i primi provvedimenti del governo per raddrizzare i conti pubblici e compensare i sacrifici che graveranno su tutti i cittadini con interventi destinati alla crescita. Mario Monti non ha usato mezzi termini, i sacrifici li ha annunciati senza ipocrisia né diplomazie, ma anche ha profuso nelle sue dichiarazioni il concetto di equità. Ebbene, c’è un solo modo di intendere la parola equità in una situazione come quella che stiamo vivendo: ingaggiare la lotta contro la recessione.
“Se ci sarà recessione non ci sarà equità; se la domanda interna – privata e pubblica – non sarà adeguatamente incentivata, l’equità diventerà una parola vana, salvo la progressività delle misure rigoristiche; ma quella è un’equità assai impalpabile che scontenterà tutti.
“Quindi la crescita: maggior potere d’acquisto ai redditi medio-bassi, sgravi fiscali sugli investimenti, incentivi all’occupazione, incentivi alla costruzione di infrastrutture e ai lavori pubblici e soprattutto interventi che volgano in positivo le aspettative di consumatori, lavoratori, imprenditori, banchieri.
“Se non riprenderemo a crescere non ci sarà equità poiché il fardello che grava sulle spalle di chi ha un reddito da 5 mila a 15 mila euro annui e paga un’imposta del 23 per cento e chi sta oltre i 200 mila e paga un’imposta del 43 per cento è comunque incommensurabile.”

In questo modo all’inizio del suo editoriale il vecchio giornalista ci spiega che equità e crescita sono la stessa cosa. Io invece credo ancora che equità, politicamente e socialmente parlando, sia un concetto legato alla giustizia sociale. Anzi, secondo me all’origine della crisi economica c’è propria la grande ineguaglianza, cioè l’impossibilità sia individuale che di certi gruppi sociali, di poter crescere, di migliorare la propria condizione materiale e spirituale.

In particolare, in Italia alla base dell’iniquità, come del debito pubblico, c’è il fatto che non si pagano le tasse secondo giustizia. Oltre all’evasione (che aspettiamo di vedere come verrà combattuta), non si applica quanto previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana che recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” (art. 53).

Finché il reddito da lavoro è tassato a partire dal 23% e le rendite finanziarie al 12,5% non c’è equità. In questa situazione la crescita sarà solo quella della paura generalizzata, della rabbia sociale e della sfiducia nelle istituzioni, minate soprattutto dagli interessi personali di gran parte degli uomini politici e dalla corruzione di molti che ci girano attorno. Ci vorrebbe però un giornalismo diverso. Ma non c’è neanche quello. Gli italiani dovranno risolvere i loro problemi con quello che hanno.

 
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Una risposta a Equità

  1. Aldo Manuzio scrive:

    Luciano Gallino, intervistato dalla Nuova Venezia nello stesso giorno, dice che con la manovra governativa si innesca quest’altra più certa funzione matematica:
    d= f(i) , dove d= depressione e i= iniquità. Proprio il contrario di quanto spera Scalfari. Bello no?

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