Dopo diecimila anni è ora di cambiare

Di che sto parlando? Aratura. Sì, perché da 10mila anni l’agricoltore ara il terreno. E’ ora di smetterla!

Sono impazzito? Aspettate un attimo a dirlo. L’aratura è un processo che non esiste in natura (cioè senza l’intervento umano). Dunque, come tutti i processi che non esistono in natura ha impatti molto forti. Infatti depaupera il terreno per una serie di ragioni: lo espone a vento, sole e pioggia, che lo impoveriscono dilavando e disperdendo nutrienti e microrganismi, abituati a lavorare in ambienti anaerobici. Per questo motivo occorre intervenire con concimazioni sempre più frequenti e profonde. Questo è particolarmente vero da 50 anni a questa parte, da quando cioè la profondità di aratura è passata da 10 cm a più di 30, grazie alla meccanizzazione.

Esistono diverse scuole di pensiero che rifiutano questa tecnica, a partire dalla Permacultura e dall’Agricoltura sinergica (approccio che sto sperimentando con soddisfazione nel mio orto domestico). Da poco ho saputo però dell’esistenza della Semina su sodo. Si tratta in pratica dell’estensione dell’agricoltura sinergica alla coltivazione su grande scala, in cui non si procede all’aratura ma alla semplice semina, lasciando nel terreno le radici delle coltivazioni precedenti, che in questo modo creano dei micro fori nel terreno capaci di trattenere l’acqua e i nutrienti, oltre che arricchire il terreno di sostanza organica.

Ecoblog ha recentemente visitato uno di questi campi. Sono personalmente affascinato da queste tecniche, così come dalle sperimentazioni che ad esempio si fanno presso l’Azienda Sperimentale di Valle Vecchia, in Brussa, a partire dall’utilizzo di siepi boscate lungo i campi. Abbiamo a portata di mano e di portafoglio un’agricoltura completamente sostenibile, che però richiede anche un riequilibrio nella destinazione di derrate alimentari: meno cereali per l’allevamento e più ortaggi per il consumo umano. E’ una scelta che solo noi consumatori possiamo attuare, ma ci guadagneremo in salute, portafogli e ambiente.

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3 risposte a Dopo diecimila anni è ora di cambiare

  1. Matteo Civiero scrive:

    Scopro con piacere che la Regione Veneto promuove la Semina su Sodo nel Piano di Sviluppo Rurale (PSR) con la misura 214i azione 1. Bene così! Ora tocca ai contadini!

  2. Adriano Zanon scrive:

    Caro Matteo,
    io non userei l’espressione contadino, che metti nel commento e non nel testo principale, pur essendo a me la più gradita e anche quella che uso sempre per ricordare il lavoro di mio padre. E’ antica e poetica, ma etimologicamente fa riferimento al luogo (il contado) più che al lavoro di coltivare e allevare. Era un segnale di servitù, non di libertà.

    Inoltre, nella nostra parlata, “sei un contadino” ha ancora il significato di persona ignorante, poco istruita, a dir poco. Tenere questi lavoratori in scarsa se non nulla conoscenza era (uso l’imperfetto, ma con qualche incertezza) in realtà un vero e proprio progetto sia dei ceti proprietari che dei loro intellettuali organici, i preti, che – a partire dalla messa in latino – non facevano proprio nulla per elevarne l’arte e lo spirito.

    Oggi comunque è ben usare agricoltore, coltivatore, allevatore, pastore (finché questa professione resiste).

    Diverso invece è usare l’espressione ‘cultura contadina’ perché fa riferimento ad un’epoca e ad una prassi sociale in cui il rapporto con la natura rispettava regole antiche e molto equilibrate. In particolare l’energia era tutta rinnovabile (vegetale o animale che fosse) e non si buttava niente (zero rifiuti si direbbe oggi).

    Così, paradossalmente, oggi un grande progetto potrebbe essere quello di tornare alla ‘civiltà contadina’, ma senza essere o chiamarci contadini. A me mi piace lo stesso (rafforzativo).

  3. Matteo Civiero scrive:

    Caro Adriano
    con una disamina lessico-cultural sociologica di questo livello non posso che abbassare il cappello (e così ho fatto anche la rima). Permettimi però una riflessione: il contadino, o agricoltore non sarà mai libero ma sempre subordinato ai cicli e alle leggi della natura. Anzi no, sarà libero solo accettando (come il vero contadino fa) quelle leggi e quei cicli. Quale migliore metafora della regata verso la sostenibilità che ci attende tutti?

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