L’aria è sacra

Saint-Vulbas (France)

Cliccate e ingrandite, che l’effetto è ancor migliore.

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L’acqua è sacra

Comunità di Vita Cristiana a Sant’Arpino (Caserta)

Quindi, finita la messa, tutti a votare Sì al referendum. 

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Puerta del Sol, Mediterraneo

Puerta del Sol è la piazza più nota di Madrid da cui si diramano tutte le strade spagnole. Da qualche giorno, anzi dal 15 maggio, in questo posto è in atto una manifestazione singolare. 

E’ una manifestazione spontanea, pacifica, senza organizzatori né leadership, di giovani spagnoli che presidiano giorno e notte il luogo. Per averne un’idea è utile passare la sequenza di foto che si trova sul sito del quotidiano El País, anche lui piuttosto sorpreso dagli avvenimenti.

Ma cosa vogliono questi giovani? (Anche se sembra che la cosa si stia estendendo ad altre città spagnole e comincino ad esserci anche i pensionati.) Le informazioni non sono molto chiare. Alla fine di questa settimana in Spagna si vota alle amministrative e El Mundo scrive che un obiettivo è il cambiamento della legge elettorale.

Io credo che – come accenna Carta in una sua pagina – questa sia la versione spagnola della protesta nordafricana. In fin dei conti siamo sempre nel Mediterraneo. Le motivazioni di questi giovani non saranno le stesse di quelli egiziani, ma mi pare chiaro un cartello: «Sono stanco di essere il futuro, io sono il presente».

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Extracomunitari

Nutria (Myocastor coypus Molina)

Portogruaro: Nutria in condominio
Paura ieri pomeriggio alle 17, in un condominio di via Beccaria, in pieno centro. Sul vano scale è stata trovata una grossa nutria. Bambini in lacrime per la presenza dell’animale. Sul posto i vigili del fuoco di Portogruaro e il corpo forestale che ha catturato l’animale e ha provveduto alla sua tutela.

Questa era un’altra notizia sulla Nuova Venezia di ieri. In effetti è strana la presenza in una casa di questo docile ma grosso roditore. Dovremo abituarci? O si aprirà anche da noi la caccia?

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Precari

Stamane ho preso anche la Nuova Venezia, attirato dalla terribile locandina sul giovane di Sindacale fulminato dal contatto della sua canna da pesca con i fili dell’alta tensione. Maximilian Moro aveva 21 anni, l’età di una mia figlia, e la sua morte assurda m’impone ancora una volta di riflettere su come siamo precari, tutti.

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Milano (primo tempo)

Milano libera tutti

Dài Milàn! Che xe da vìnser anca el secondo tempo!

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Il nucleare è morto, guardiamo avanti

 
In questo momento siamo stressati dalle notizie dure ed importanti: Libia, Fukushima, Bin Laden, tra le prime. Ma c’è chi lavora per non diffonderle o deformarle. Com’è successo in occasione del concerto del 1° maggio in piazza San Giovanni, visto che i protagonisti sul palco hanno dovuto firmare l’impegnativa a non parlare dei referendum, con la scusa della par condicio. Anzi, a quaranta giorni dal voto referendario, non c’è ancora un regolamento per le comunicazioni televisive, cioè Rai. Se oggi ci fosse, anche un dio ambiguo come il greco Hermes (il latino Mercurio) avrebbe senz’altro già chiesto a suo padre Zeus (Giove) di fulminare qualcuno per tanta slealtà.

Ma le cose vanno avanti lo stesso, senz’altro le tendenze di lungo periodo non si fermano solo perché non vengono rese note a tutti. Così possiamo leggere da un report del Worldwatch Institute che il nucleare era già morto prima di Fukushima, adesso quindi possiamo seppellirlo in pace (si fa per dire).

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“Fuori sacco”

Senza commenti. Basta guardare le facce. (Però vedi anche il post recente “Dare i numeri fa bene alla salute”.)

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Occhio per occhio, dente per dente

Syria protest

Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido.
Quando un uomo colpisce l’occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, gli darà la libertà in compenso dell’occhio. Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava, gli darà la libertà in compenso del dente.  (Esodo 21, 23-27)
Hanno preso Bin Laden, giustizia è fatta, finalmente. Mi pare che tutti i popoli coinvolti in questi anni di terrorismo e guerre abbiano più che sanato il precetto biblico, iracheni e afgani in testa, anche per conto di altri. Adesso basta, lasciamo i più disgraziati a curare i loro dolori. Lasciamoli in pace e diamo una mano a chi chiede aiuto per la loro libertà. La loro libertà, non solo la nostra.
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Wittgenstein, 60 anni dopo

La rilassante tomba di Ludwig Wittgenstein a Cambridge

Sessant’anni fa, il 29 aprile 1951, a Cambridge, moriva Ludwig Wittgenstein. Aveva appena compiuto 62 anni. Era nato, infatti, a Vienna il 26 aprile 1889, ultimo degli otto figli (cinque maschi e tre femmine) di Karl e Leopoldine Kalmus, entrambi di origini ebraiche, anche se gli interessi portarono progressivamente le famiglie di origine al cattolicesimo.

Il padre Karl (1847-1913) divenne infatti negli anni novanta dell’Ottocento il padrone dell’industria siderurgica austriaca, cioè dell’impero al massimo della sua gloria, e seppe gestire la sua fortuna con grande ingegno, vendendo poi tutto ed spostando i capitali su investimenti americani. Ebbe anche la fortuna (si fa per dire) di morire prima della Grande Guerra, cioè della disfatta generale del paese, cui partecipò invece il figlio Ludwig che finì prigioniero a Cassino dopo la sconfitta di Vittorio Veneto. Nello zaino, il combattente austriaco sul fronte italiano aveva un manoscritto che – dopo la sua pubblicazione avvenuta nel 1922 – sarebbe diventato una delle opere più controverse, quindi feconde, della filosofia del Novecento, il Tractatus logico-philosophicus.

La biografia della famiglia Wittgenstein è di per sé un oggetto di grande interesse letterario, con tanti risvolti individuali, esistenziali e artistici, con uno sfondo storico eccezionale. Basti accennare che la casa di Karl era frequentata da musicisti quali Brahms e Mahler e da pittori come Klimt, che ha lasciato anche un celebre ritratto di Margaret (Gretl), la seconda sorella. Oppure ai suicidi di tre fratelli, Johannes (Hans), Conrad (Kurt) e Rudolf (Rudi), che ne fanno oggi oggetto di analisi di psichiatria comparata, che rimandano naturalmente alle personalità dei genitori (per me anche ai problemi di un’epoca particolare). O ancora a Paul, che perse un braccio in guerra, ma per il quale Maurice Ravel scrisse il Concerto per pianoforte per la mano sinistra (1930).

E naturalmente la stessa biografia di Ludwig è un romanzo dove vi si trovano una personalità esagerata e lacerata, certamente piuttosto disturbata, la formazione tecnica, atipica per un filosofo, l’isolamento geografico come tecnica per pensare, le diverse esperienze professionali, le avventure e amicizie intellettuali (tra cui Bertrand Russell e John Maynard Keynes), le sue passioni amorose omosessuali, anche tragiche. Nella biografia intellettuale poi ci sono, insieme alle grandi ricerche e sintesi e innovazioni, le sue fissazioni e idiosincrasie culturali, che lo portavano a leggere i russi in lingua originale, ma ad ignorare, o quasi, lui che rimarrà tra i più importanti filosofi del Novecento, le origini greche del pensiero occidentale, il divenire, la storia di questo pensiero, come la storia in generale e le dinamiche sociali sottese. Ma queste sono solo mie sintetiche opinioni, mentre qui abbiamo a che fare con un gigante, capace di influire su diversi segmenti del pensiero filosofico e perfino in campo teologico.

Ma perché oggi m’interessa Wittgenstein? Lo scoprii nella metà degli anni Settanta (già!), grazie a Ludovico Geymonat traduttore della Introduzione al pensiero matematico di Friedrich Waismann. Poco dopo scoprii che Wittgenstein, in quel di Cambridge, fu amico, anzi partner intellettuale di Piero Sraffa, il primo esiliato antifascista che fu amico di Antonio Gramsci, il suo aiuto materiale e tramite nei rapporti con il partito comunista clandestino, ma anche il grande, assolutamente grande, seppur di ardua lettura, economista teorico e critico del pensiero economico dominante.

Gramsci, Sraffa e Wittgenstein, come interesse, oggi sono per me indissolubilmente legati, pur nel loro assai diverso profilo intellettuale. Qui Sraffa sta in mezzo, ma certamente non è stato solo un anello intermedio, come qualcuno oggi afferma, confrontando le notevoli somiglianze tra le ultime note carcerarie di Gramsci (il quaderno 29) e la simultanea svolta di Wittgenstein sulla concezione del linguaggio.

Wittgenstein oggi è ancora oggetto di molte attenzioni, soprattutto accademiche, ma di poche critiche. Chi lo studia lo fa per mestiere, non per diletto, scoprendo o approfondendo sempre qualcosa di nuovo o di particolare. In verità a me basta la sua assidua ricerca sui fondamenti della logica e del linguaggio ed il sostanziale approdo ad una filosofia che mette i rapporti tra le persone all’origine del linguaggio e delle idee e non viceversa. Certamente nel suo pensiero scritto i rapporti tra gli individui sono più ‘pubblici’ che ‘sociali’, ma siamo in presenza in qualche modo di una ‘filosofia della prassi’, pur senza l’analisi della società e della storia.

Certo, Wittgenstein dice che la filosofia ‘descrive’, che ‘non spiega’, che non serve perciò ad interpretare il mondo, tantomeno a cambiarlo. Ma afferma anche che «la malattia di un’epoca si guarisce cambiando il modo di vita degli uomini» e su questo tutto sommato possiamo trovarci d’accordo.

Infine, visto che ci sono, per chi dovesse incominciare ad interessarsene oggi, suggerisco di farlo dall’unica biografia completa di Wittgenstein pubblicata, quella di Ray Monk (Wittgenstein. Il dovere del genio, Bompiani, 2000), ormai da tempo in edizione economica, oppure da un libretto dello stesso autore che ne sintetizza il pensiero (Leggere Wittgenstein, Vita e pensiero, 2008). Ma, se potete, leggete direttamente, a partire dai testi biografici diretti, lettere e diari.

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