Dare i numeri fa bene alla salute

Su Erreuno in distribuzione (no. 79, aprile 2011), anche online, sulla stessa pagina (fronte e retro) si possono leggere due articoli sulla sanità portogruarese.

Il primo (p.3) è un’intervista di Lucio Leonardelli a Paolo Stocco, direttore dell’azienda ULSS 10, dove si può leggere queste dichiarazioni:

“dire che oggi si sta indebolendo Portogruaro per incrementare San Donà non solo è un’inesattezza ma è del tutto privo di fondamento. (…) sono pronto a evidenziarlo laddove serva, con numeri alla mano.” “Le pare che io abbia interesse a discriminare Portogruaro a favore di San Donà e, se così fosse, quale sarebbe il motivo?”

Io credo proprio che il direttore abbia tutto l’interesse a favorire San Donà. Il suo infatti è un incarico di nomina politica che fa capo alla regione Veneto, governata dal leghista Luca Zaia. A San Donà il sindaco è la leghista Francesca Zaccariotto che, com’è noto, è anche presidente della provincia di Venezia.

E’ un’interesse del tutto virtuale? La mia opinione (ma non sono certo il solo a pensarla così) è solo maligna e non è suffragata dai numeri? E’ facile smentirmi, basta fornire quello che il chierichetto Leonardelli non ha chiesto: i dati degli ultimi dieci anni, cioè il trend.

E’ inutile che il direttore minacci conferme o smentite coi numeri, li tiri fuori e basta. Basta una semplice tabella con i dipendenti per reparto e sede (con i medici in vista) in tre sezioni di tempo: 2000, 2005, 2010. Un’azienda come l’Ulss 10 non ha certo difficoltà a fornire questi pochi dati che ognuno potrà tranquillamente valutare. (Se vuole darci subito anche le popolazioni di bacino interessate è meglio, altrimenti ci arrangiamo da soli.)

I numeri, si sa, non dicono e non sono tutto di un’organizzazione sanitaria, ma sono una buona base per valutare le politiche organizzative in atto in questi anni. In attesa di questi, sottolineo volentieri le parole leggibili nel secondo articolo, firmato da Alessio Alessandrini (p.4):

“Ci mettono davanti, la Regione intendo, calcoli economici in cui si parla di razionalizzazioni che presuppongono appunto la correttezza dei calcoli stessi. Sono affidabili da parte di chi ha dimostrato di non essere in grado di tenere sotto controllo la spesa sanitaria?”
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Quarta generazione, promesso

Le centrali nucleari di quarta generazione, che gli scienziati promettono però di concepire non prima di 20 o 30 anni, rappresenteranno un’evoluzione sostanziale degli attuali impianti di terza generazione innanzitutto per l’efficienza nello sfruttamento del combustibile nucleare. Potranno utilizzare gran parte delle attuali scorie come ulteriore combustibile, che verrebbe così riciclato automaticamente. Il funzionamento sarà più critico e impegnativo da governare, ma nel frattempo i sistemi di sicurezza e di controllo avranno fattopromette la scienza – passi avanti ancora più rapidi.

Questo testo compare a p.17 di un importante quotidiano nazionale del 22 aprile 2011. Il titolo del trafiletto, inserito dentro un’intera pagina dedicata al tema energetico e nucleare, è “Quarta generazione”, definita “La parola chiave”.

Il grassetto è mio ed evidenzia tutti i verbi. Solo due sono al presente, anzi uno: promettere.

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Fukushima e i soldi

Suggerisco la lettura dell’articolo (con lo stesso titolo) di Giorgio Nebbia, il decano dei nostri ambientalisti, pubblicato su Eddyburg.

L’articolo è chiaramente stato scritto prima delle ultime decisioni del governo, ma è perfettamente aggiornato proprio perché dà per scontato quello che è già stato comunicato in queste ore, cioè l’abbandono della via nucleare che “l’Italia che stava imprudentemente per riprendere”.

Con la consueta linearità, l’autore ci spiega perché, dopo Fukushima, la costruzione di centrali nucleari sia oggi – anche – economicamente impossibile.

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Gli strateghi

Bernardo Valli su la Repubblica di oggi ci spiega bene il livello di chi governa i due territori europei storicamente più attrezzati di cultura. (Qui lascio solo il primo brano.)

Da alcune settimane due populismi si scontrano in Europa offrendo uno spettacolo tutt’altro che edificante. Direi miserabile. L’aggettivo non è troppo forte, perché al centro della contesa ci sono quei profughi, economici o politici, la classificazione è spesso cancellata dal dramma umano, che ogni giorno approdano sulle nostre sponde dopo avere visto affogare non di rado nelle acque del Mediterraneo figli, genitori, amici. Nelle stesse acque nelle quali noi europei cominceremo presto a fare i nostri bagni estivi.
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Lo stratega

Il governatore veneto Luca Zaia su la Repubblica di oggi (p. 11): «Tutti, a cominciare dal ministro Maroni, vorremmo che i tunisini se ne tornassero a casa. Vorremmo ricaricare le navi e riportarli là subito, ma se il rimpatrio veloce è impossibile, l’Europa non è solidale e i campi straboccano di persone, questa all’insegna della solidarietà e dell’ospitalità è l’unica soluzione. E poi speriamo passino solo di qua e che vadano tutti dallo scandaloso Sarkozy e nella scandalosa Europa.»

(Come leghista il Governatore è fuori del coro? A parte le sottili maledizioni  a tutti gli europei, mi pare sia appena meno rozzo del suo assessore Stival, di cui ricordiamo l’invito all’uso del mitra contro i barconi dei migranti.)

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La decisione

I va in Merica

I

Fulminadi da un fraco de tempesta,
l’erba dei prè par ‘na metà passìa
brusà le vigne de la malatia
che no lassa i vilani mai de pèsta;

ipotecado tuto quel che resta,
col formento che val ‘na carestia,
ogni paese el g’à la so angonia
e le fameie un pelagroso a testa!

Crepà la vaca che dasea el formaio,
morta la dona a partorir ‘na fiola,
protestà le cambiale del notaio,

una festa, seradi a l’ostaria,
co un gran pugno batù sora la tola:
«Porca Italia» i bastiema: «andremo via!»

II

E i se conta in fra tuti. «In quanti sio?»
«Apena diese, che pol far strapasso;
el resto done co i putini in brasso,
el resto, veci e puteleti a drio.

Ma a star qua, no se magna no, par dio,
bisognerà pur farlo sto gran passo,
se l’inverno el ne capita col giasso,
pori nualtri, el ghe ne fa un desìo!»

Drento l’Otobre, carghi de fagoti,
dopo aver dito mal de tuti i siori,
dopo aver fusilà tri quatro goti ;

co la testa sbarlota, imbriagada,
i se da du struconi in tra de lori,
e tontonando i ciapa su la strada!

Berto Barbarani (Verona, 1872-1945), Tutte le poesie (1953).

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Da cosa scappano

Ferdinando Camon oggi su La Stampa scrive “La legge della disperazione” di cui riporto alcune righe.

Ora sappiamo la «verità» sull’immigrazione. Credevamo di saperla anche prima, ma era una bugia.
    Finora la verità erano le migliaia di immigrati che s’accumulavano a Lampedusa, tanti da superare gli abitanti dell’isola, il loro bisogno di tutto («sono miserabili»), le loro pretese («sono intrattabili»)(…).
    Quella non era la verità, era un’apparenza. Perché faceva credere a noi e a tutta l’Europa che arrivasse un’umanità pericolosa e non integrabile, una minaccia per il decoro del nostro benessere. Scattava l’istinto di tenerli alla larga. Era l’istinto di conservazione, tanto più forte quanto più alto è il benessere da conservare. Questa strage di circa duecento uomini, donne e bambini, annegati in un crudele gioco di su e giù sulle onde di tre metri, ci butta in faccia una verità brutale (…). Ora sappiamo che non scappano da una vita misera. Scappano dalla morte, e attraversano la morte pur di scappare.    
    (…) L’Italia e l’Europa ci mettono tutta la forza delle leggi e dei trattati per impedirgli di venire qui. Ma loro ci mettono la forza della disperazione per venire. Lo scontro è fra queste due forze. Ora lo sappiamo.

Grazie Camon, per aver illuminato anche me. Anch’io infatti pensavo, dalle informazioni che si ricevono e dai commenti di autorevoli pensatori o ministri, che quelli chiamati migranti fossero solo degli stronzi ed irresponsabili, gente che non ha un cazzo di meglio da fare che rischiare la vita per rompere le palle a noi, che abbiamo ben altri problemi da risolvere.

(Scusi il linguaggio, ma l’occasione è quella giusta.)

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Lo scienziato Veronesi

Da la Repubblica di oggi (p.21).

Carlo Rubbia: «Suggerirei a Veronesi di fare una visita in Giappone per vedere di persona che cosa sta accadendo.»
Umberto Veronesi: «Il suggerimento di Rubbia mi fa piacere. Era già nei miei programmi una visita a Fukushima, appena possibile, per un’ispezione accurata delle centrali insieme a una équipe di altri esperti. Sono d’accordo con lui: è fondamentale capire le cause dell’incidente, e valutarne con lucidità le conseguenze in termini di salute delle persone e di salvaguardia dell’ambiente, nel breve, medio e lungo termine. Concordo sul fatto che l’incertezza (e anche il comprensibile panico di questo momento) non ci aiuta a prendere le decisioni migliori per il futuro.»

I casi sono due: o Veronesi non ha capito che Rubbia ha detto Giappone e non Fukushima o non capisce proprio niente di nucleare. Ma forse c’è una terza ipotesi. Infatti, se Veronesi riesce ad andare “appena possibile” a Fukushima con un’équipe e, dopo “un’ispezione accurata”, torna in Italia a raccontarci tutto, io divento nuclearista. Questo per il semplice motivo che – in questo caso – a Fukushima non starebbe accadendo niente.

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Contro la guerra

2 aprile 2011 – Giornata di mobilitazione nazionale

“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire.” (Albert Einstein)

Qui si può firmare l’appello.

Primi firmatari: Gino Strada, Carlo Rubbia, Luigi Ciotti, Renzo Piano, Maurizio Landini, Massimiliano Fuksas, Luisa Morgantini, Lella Costa, Riccardo Scamarcio , Valeria Solarino, Vittorio Agnoletto.

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Giappone, monitor

Per chi volesse seguire la situazione ambientale giapponese in seguito agli incidenti ai reattori di Fukushima segnalo alcuni siti:

(in italiano)
ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale;
ENEA, Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile;
QualeEnergia, sito della rivista bimestrale della Legambiente;
AEA, Agenzia Europea dell’Ambiente, agenzia dell’Unione Europea;

(in inglese)
IAEA, International Atomic Energy Agency, un’agenzia internazionale con sede centrale a Vienna e apparentemente indipendente, ma in realtà anche lei vive di contributi;
WNA, World Nuclear Association, il sito dei produttori di energia nucleare.

(Ne cercherò altri.)

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