Slavoj Žižek è un intellettuale sloveno molto presente nel dibattito culturale e politico e quasi sempre in maniera non convenzionale. Il suo ultimo libro tradotto in italiano s’intitola Benvenuti in tempi interessanti (Ponte alle Grazie, Milano 2012).
L’espressione del titolo, come spiega subito l’autore, è tutt’altro che un buon augurio: si usa in Cina se si odia qualcuno e si vuole maledirlo. I “tempi interessanti” sono infatti quei “periodi di irrequietezza, guerra e lotte per il potere che hanno portato sofferenze a milioni di innocenti”. Così, in maniera più delicata ma obliqua (orientale?), non si augura “che ti venga un cancro” (bruttissimo) o “va all’inferno” (anche peggiore). Si lascia che sia l’epoca, la storia, a concretizzare il pensierino malevolo.
“Oggi ci stiamo chiaramente avvicinando ad una nuova epoca di tempi interessanti” – così scrive Žižek. Io dico che con maledizioni o senza ci siamo dentro tutti.
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Riporto le conclusioni del nuovo
Manifesto per un soggetto politico nuovo
per un’altra politica nelle forme e nelle passioni
1. Si rompe con il modello novecentesco del partito, introducendo nuove regole e pratiche: trasparenza non segretezza, semplicità non burocrazia, potere distribuito non accentrato, servizio non carrierismo, eguaglianza di genere non enclave maschili, direzione e coordinamento collettivo e a rotazione, non di singoli individui carismatici.
2. Si rompe con questo modello neo liberista europeo che vuole privatizzare a tutti i costi, che non ha alcuna cultura dell’eguaglianza, che minaccia a morte lo stato sociale, la dignità e sicurezza del lavoro. Si insiste invece sulla centralità dei beni comuni, la loro inalienabilità, la loro gestione democratica e partecipata.
3. Si rompe con la visione ristretta della politica, tutta concentrata sul parlamento e i partiti. Si lavora invece per un nuovo spazio pubblico allargato, dove la democrazia rappresentativa e quella partecipata lavorano insieme, dove la società civile e i bisogni dei cittadini sono accolti e rispettati.
4. Si riconosce l’importanza della sfera dei comportamenti e delle passioni, rompendo con le pratiche mai esplicitate ma sempre perseguite dal ceto politico attuale: la furbizia, la rivalità, la voglia di sopraffare, il mirare all’interesse personale. Al loro posto mettiamo l’inclusività, l’empatia, la mitezza coniugata con la fermezza.
Tutto il testo del Manifesto e le prime adesioni nel sito: http://www.soggettopoliticonuovo.it/.
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Così scrive Massimo Giannini su la Repubblica di ieri riportando un colloquio con Elsa Fornero (ma consiglio la lettura integrale).
Il ministro del Welfare non si sottrae, e dopo aver esortato il Parlamento si rivolge anche agli industriali: “Non mi aspetto certo licenziamenti di massa, come effetto della nostra riforma. Purtroppo mi aspetto i licenziamenti legati alla recessione, che già c’erano prima e che continueranno ad esserci, perché la crisi non è affatto finita. Ma proprio per questo rinnovo l’appello ai nostri imprenditori: non abusate della buona flessibilità che la riforma introduce. Sarebbe il modo più irresponsabile di farla fallire”.
Quindi Fornero sa che sono possibili licenziamenti a discrezione (“non abusate della buona flessibilità”), ma non li desidera, anzi dice che da parte degli imprenditori questi sarebbero un sabotaggio della legge (“il modo più irresponsabile di farla fallire”).
Per sintetizzare i comportamenti del Ministro avevo già usato l’espressione “robot”, ma qui mi è venuto in mente HAL 9000, il computer di bordo della astronave Discovery nel film “2001: Odissea nello spazio” (Stanley Kubrik, 1968). Qualcuno ricorderà questo particolare protagonista. Io è meglio che mi fermi qui. Alla prossima.
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“Ci voleva un po’ più di tempo per mettere in atto una riforma così importante. Non era necessaria questa fretta così evidente. La questione è chiusa, è stato detto da parte del premier Mario Monti. Si poteva dire: la questione è posta, ora dialoghiamo, nelle fabbriche, negli uffici, in Parlamento, nella società civile, ovunque perché il lavoro è il tema cruciale del nostro Paese. Ma c’è un terzo rilievo, forse il più importante e profondo”
– E quale?
“Bisogna chiedersi, davanti alla questione dei licenziamenti, chiamati elegantemente, con un eufemismo, “flessibilità in uscita”, se il lavoratore è persona o merce. E’ la grande istanza dell’enciclica sociale Rerum Novarum. La questione di fondo. Il lavoratore non è una merce. Non lo si può trattare come un prodotto da dismettere, da eliminare per motivi di bilancio, perché resta invenduto in magazzino. Leone XIII lo scrisse nella pietra miliare del cattolicesimo sociale, emanata nel 1891, più di un secolo fa. E’ un po’ come nella questione della domenica derubricata a giorno lavorativo. In politica ormai l’aspetto tecnico sta diventando prevalente sull’aspetto etico”.
Parola del Signore, via Giancarlo Bregantini, presidente della commissione Lavoro, giustizia e pace della Cei. Dalla Famiglia Cristiana.
(Sul tema si veda la recente nota di Piero Bevilacqua.)
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Domenica 18 marzo, al tramonto, è morto in un incidente stradale Ennio Furlanis, un amico. Era di Concordia e tutti lo conoscevano. Aveva solo 53 anni, era nato il 14 agosto del 1958. Ha vissuto 25 giorni meno del suo amato Pier Paolo Pasolini.
Come tanti, l’ho conosciuto in pizzeria, da Sacco & Vanzetti che aveva fondato con altri. Sentimmo subito e confrontammo il mondo comune. E chiamò una pizza Medea, come la mia terza figlia. Ma anche in questi ultimi anni, quando ci si incrociava per caso, ci si capiva con uno sguardo. Restava la sintonia, profonda. Anche quando, anzi soprattutto quando, non eravamo d’accordo e magari ci si sfotteva come sul calcio, lui interista, io juventino, come in politica. Perché insieme ad Ennio si capiva che la vita è tutta maledettamente stupida e ridicola e fragile e lì dobbiamo saper cogliere tutta la sua verità.
Così oggi non è rituale dire che ci mancherà, ma non del tutto, non del tutto. Anche se adesso non ho più le parole. Preferisco usare quelle di un nostro poeta, il friulano Pierluigi Cappello.
Addio Ennio. Ciao.
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Parole povere
Uno, in piedi, conta gli spiccioli sul palmo
l’altro mette il portafoglio nero
nella tasca di dietro dei pantaloni da lavoro.
Una sarchia la terra magra di un orto in salita
la vestaglia a fiori tenui
la sottoveste che si vede quando si piega.
Uno impugna la motosega
e sa di segatura e stelle.
Uno rompe l’aria con il suo grido
perché un tronco gli ha schiacciato il braccio
ha fatto crack come un grosso ramo quando si è spezzato
e io c’ero, ero piccolino.
Uno cade dalla bicicletta legata
e quando si alza ha la manica della giacca strappata
e prova a rincorrerci.
Uno manda via i bambini e le cornacchie
con il fucile caricato a sale.
Uno pieno di muscoli e macchie sulla canottiera
Isolina portami un caffé, dice.
Uno bussa la mattina di Natale
con una scatola di scarpe sottobraccio
aprite, aprite. È arrivato lo zio, è arrivato
zitto zitto dalla Francia, dice, schiamazzando.
Una esce di casa coprendosi un occhio con il palmo
mentre con l’occhio scoperto piange.
Una ride e ha una grande finestra sui denti davanti
anche l’altra ride, ma non ha né finestre né denti davanti.
Una scrive su un involto da salumiere
sono stufa di stare nel mondo di qua, vado in quello di là.
Uno prepara un cartello
da mettere sulla sua catasta nel bosco
non toccarli fatica a farli, c’è scritto in vernice rossa.
Uno prepara una saponetta al tritolo
da mettere sotto la catasta e il cartello di prima
ma io non l’ho visto.
Una dà un calcio a un gatto
e perde la pantofola nel farlo.
Una perde la testa quando viene la sera
dopo una bottiglia di Vov.
Una ha la gobba grande
e trova sempre le monete per strada.
Uno è stato trovato
una notte freddissima d’inverno
le scarpe nella neve
i disegni della neve sul suo petto.
Uno dice qui la notte viene con le montagne all’improvviso
ma d’inverno è bello quando si confondono
l’alto con il basso, il bianco con il blu.
Uno con parole proprie
mette su lì per lì uno sciopero destinato alla disfatta
voi dicete sempre di livorare
ma non dicete mai di venir a tirar paga
ingegnere, ha detto. Ed è già
il ricordo di un ricordare.
Uno legge Topolino
gli piacciono i film di Tarzan e Stanlio e Ollio
e si è fatto in casa una canoa troppo grande
che non passa per la porta.
Uno l’ho ricordato adesso adesso
in questo fioco di luce premuta dal buio
ma non ricordo che faccia abbia.
Uno mi dice a questo punto bisogna mettere
la parola amen
perché questa sarebbe una preghiera, come l’hai fatta tu.
E io dico che mi piace la parola amen
perché sa di preghiera e di pioggia dentro la terra
e di pietà dentro il silenzio
ma io non la metterei la parola amen
perché non ho nessuna pietà di voi
perché ho soltanto i miei occhi nei vostri
e l’allegria dei vinti e una tristezza grande.
Pierluigi Cappello, Mandate a dire all’imperatore, Crocetti, Milano 2010.
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Finalmente l’attuale Premier ha svelato la sorgente da cui ha attinto per tanti anni l’Italia recente. Avevamo intuito che qualche santo doveva esserci dietro l’apparente sudiciume. Fortunatamente per noi, pare che Monti continuerà ad attingere anche in futuro dalla stessa fonte. Siamo a posto.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=VbGrJSrEWbs[/youtube]
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Il 5 marzo è una data particolarmente carica di anniversari e ricorrenze.
Tra i tanti, vi sono nati il pittore Giambattista Tiepolo (1696-1770), la rivoluzionaria socialista Rosa Luxemburg (1870-1919), il grande liberale e radicale Mario Pannunzio (1910-1968), lo scrittore Ennio Flaiano (1910-1972), l’economista Claudio Napoleoni (1924-1988), il ‘nostro’ grande cestista Ottorino Flaborea (1940-), il cantautore Lucio Battisti (1943-1998) e l’attore Marco Paolini (1956-).
Il 5 marzo sono morti, nello stesso giorno il fisico Alessandro Volta (1754-1827) ed il matematico e fisico Pier Simon Laplace (1749-1827), il librettista d’opera Francesco Maria Piave (1810-1876), lo storico francese Hippolyte Taine (1828-1893), lo scrittore russo Nikolaj Leskov (1831-1935), il poeta americano Edgar Lee Masters (1868 -1950). Ancora lo stesso giorno, il dittatore russo Stalin (1870-1953) ed il musicista russo sergej Prokofiev (1891-1953), lo scrittore Emilio Lussu (1890-1975), il “blues brother” John Belushi (1949-1982), il baritono Tito Gobbi (1913-1984).
Ma, soprattutto, il 5 marzo 1922, a Bologna, nacque Pier Paolo Pasolini. Oggi avrebbe novant’anni.

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Il 25 febbraio 2012, tanto tempo fa, c’era la pace anche in Val di Susa.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=pJe5CKfYxBk[/youtube]
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Nichi Vendola (Sinistra Ecologia Libertà) ha detto che Walter Veltroni (Partito Democratico) è per una politica liberista, cioè di destra. Walter si è offeso. Apprezzerebbe le scuse. Lui di fatto non accetta la funzione d=ƒ(l), dove l è la (poco) variabile liberista e d è un campo della destra. Forse non l’ha neanche ben capita, comunque non l’accetta. Magari ha un braccio destro, o uno sinistro, non si sa mai, che gliela spiega.
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