Il massimo marasma narcisistico

Massimo Cacciari è probabilmente l’intellettuale italiano più presente nei media, giornali e tv. Ci deve essere qualche ragione estetica. Oppure è solo un sintomo del marasma della comunicazione politica italiana. Oggi la Nuova Venezia (p. 7) riporta un’intervista a tutta pagina dove si legge: “«Mi avessero ascoltato una volta», dice sconsolato.”

Mi avessero ascoltato? Cacciari è veramente incredibile. Dev’esser uno di quei casi clinici di amnesia a breve termine. Dimentica subito quanto aveva proclamato fino a pochi giorni prima. Avete presente Dory, la pesciolina compagna di Nemo nel cartone animato? Ecco, qualcosa del genere. Guardate cosa diceva un anno fa (Linkiesta, 22 febbraio 2012):

Ma non è possibile che qualcuno scompigli le carte? Un nuovo personaggio carismatico, un Berlusconi del futuro?
No, no. Non è possibile. Non solo perché non se ne vedono all’orizzonte, di carismatici. Ma anche perché non c’è alternativa. Se non il collasso. Il governo Monti non per niente ha ricevuto la benedizione del Presidente della Repubblica, dalle Banche, da Confindustria, dai paesi stranieri, dalle grandi aziende, dal Vaticano, dal ceto produttivo. Come si potrebbe avere, o anche solo creare, un’alternativa? Si dovrà confrontarsi con questo. La prossima fase sarà ancora una fase alla Monti.”

Un’alternativa (tipo Grillo) quindi non era immaginabile al Massimo smemorato nazionale. Mi direte che era solo febbraio 2012, quando la politica del governo Monti non era ancora tutta dispiegata. Ma guardate cosa scriveva il 22 novembre 2012 su L’Espresso rivolgendosi direttamente al premier:

“Caro Presidente, conoscendo il sense of humour che lei nasconde dietro la maschera di Cincinnato super partes, mi permetto di pregarla di rivolgere fuggevole attenzione a questa modesta proposta. (…) Presidente, ancora uno sforzo. Dia ascolto alla sua vocazione politica! E se non la possiede, la finga! Si candidi. Solo la sua candidatura a capo di un suo movimento può prosciugare molta astensione, e ancora più consensi attrarre da altre aree politiche in crisi.”

Secondo Massimo Cacciari gli italiani avrebbero dunque goduto tanto della politica montiana al punto di punire i vecchi partiti che la sostenevano e di premiare il geniale professore. Invece no, non l’hanno “ascoltato” e hanno votato soprattutto i comici. Perché? Ma perché il popolo italiano è veramente machiavellico e preferisce farsi prendere per il culo da un narciso comico e da uno godereccio piuttosto che da un narciso cinico e da uno smemorato, questi entrambi col sense of humour del cazzo, come direbbe appunto il Segretario fiorentino.

Pubblicato in Politica | Contrassegnato , | 1 commento

“Bello e di gentile aspetto”

Il Fatto Quotidiano di oggi pubblica un articolo sulle donazioni fatte alla Fondazione Big Bang messa in piedi per finanziare Matteo Renzi alle primarie del Pd.

Sono stati raccolti solo 814 mila euro, un’inezia rispetto al miliardo e 80 mila euro raccolti per la rielezione di Barack Obama, ma evidentemente abbastanza per far prendere l’iniziativa legislativa a dieci senatori del Pd vicini al sindaco di Firenze per l’abolizione dei rimborsi elettorali.

Infatti cosa servono i soldi dello Stato, così invisi ai cittadini, se si trovano facilmente finanziatori privati da 100 o 50 mila euro al colpo? Dite che costoro vorranno qualcosa in cambio? Ma no, lo fanno solo perché Renzi è “bello e di gentile aspetto”, come scrisse il suo concittadino su Manfredi (Dante, Purgatorio, III, 107-108).

Pubblicato in Politica | Contrassegnato | Lascia un commento

Sulla parola “austerità”

Energie

“L’austerità non è oggi un mero strumento di politica economica cui si debba ricorrere per superare una difficoltà temporanea, congiunturale, per poter consentire la ripresa e il ripristino dei vecchi meccanismi economici e sociali. Questo è il modo con cui l’austerità viene concepita e presentata dai gruppi dominanti e dalle forze politiche conservatrici. Ma non è così per noi.

Per noi l’austerità è il mezzo per contrastare alle radici e porre le basi del superamento di un sistema che è entrato in una crisi strutturale e di fondo, non congiunturale, di quel sistema i cui caratteri distintivi sono lo spreco e lo sperpero, l’esaltazione di particolarismi e dell’individualismo più sfrenati, del consumismo più dissennato. L’austerità significa rigore, efficienza, serietà, e significa giustizia; cioè il contrario di tutto ciò che abbiamo conosciuto e pagato finora, e che ci ha portato alla crisi gravissima i cui guasti si accumulano da anni e che oggi si manifesta in Italia in tutta la sua drammatica portata. (…)

L’austerità, a seconda dei contenuti che ha e delle forze che ne governano l’attuazione, può essere adoperata o come strumento di depressione economica, di repressione politica, di perpetuazione delle ingiustizie sociali, oppure come occasione per uno sviluppo economico e sociale nuovo, per un rigoroso risanamento dello stato, per una profonda trasformazione dell’assetto della società, per la difesa ed espansione della democrazia: in una parola, come mezzo di giustizia e di liberazione dell’uomo e di tutte le sue energie oggi mortificate, disperse, sprecate”.

Enrico Berlinguer, Conclusioni al convegno degli intellettuali, teatro Eliseo di Roma (15 gennaio 1977)

Fonte: Internazionale, numero 992, 22 marzo 2013

Pubblicato in Politica, Società | Contrassegnato , | Lascia un commento

Ciao Sergio

Ieri è morto Sergio Bazzana, grande meccanico e indimenticabile figura di Portogruaro.

Pubblicato in Cronaca | Contrassegnato | Lascia un commento

Qualcosa di sinistra, no?

Ilvo Diamanti, nel consueto commento sui rilievi demoscopici, scrive su la Repubblica di oggi che

la partecipazione a un governo guidato da Bersani spaccherebbe in due l’elettorato del M5S. Ma anche la base più “fedele”. Fra coloro che si definiscono “molto vicini” al MoVimento, infatti, i favorevoli all’intesa sono esattamente la metà: 50%. Per questo Grillo, oltre a esprimere il proprio dissenso, chiama “fuori” il M5S da ogni discussione. Al governo? Da soli o non se ne parla. Perché qualsiasi altra decisione rischierebbe di produrre lacerazioni e opposizioni. All’interno e alla base. (…) Perché il M5S nasce da una costola della Sinistra, ma l’altra è di Destra. E, per ora, il MoVimento non dispone di un’identità definita e precisa, che permetta agli elettori di distinguersi e di distanziarsi dagli altri.

Modestamente, nel primo commento al voto avevo già notato anch’io che “il M5S ha preso metà voti a destra e metà a sinistra”, ma anche “su una linea contro gli attuali partiti e contro il governo Monti e la linea europeista”. Il problema infatti non è solo da dove sono arrivati i voti, ma perché sono arrivati, cioè sui due punti “contro”.

E’ chiaro che destra e sinistra continuano ad esistere anche dopo questo voto e che non sarà certo un Grillo a superarle, visto che quei nomi indicano i due programmi antagonisti di interessi materiali e morali profondamente radicati della società italiana (e non solo). Ma è altrettanto chiaro che non si può pensare di utilizzare tutti o anche la metà di quei voti per fare sempre le stesse cose.

Così Bersani deve decidere se governare come Monti o fare – per esempio – qualcosa di sinistra. Avrebbe problemi nel Pd stesso? Certo. Ma è meglio aver qualche problema ora che perdere un altro 50% dei voti alle prossime imminenti elezioni.

Pubblicato in Politica | Contrassegnato , | Lascia un commento

Povero Francesco

L’elezione a Papa del cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio che si è nominato per la prima volta Francesco, dopo ben 265 papi, ha aperto un fiume di analisi e ricostruzioni storiche anche sulla figura di Francesco Bernardone di Assisi. In qualche caso queste sono state fatte da o con intellettuali che si sono occupati per molto tempo di questa figura storica e che così hanno avuto l’occasione, oltreché l’obbligo, di essere sintetici al massimo grado.

Uno è lo storico Franco Cardini, su Il Sole 24 Ore del 15 marzo (p.13).

Non c’è dubbio che Francesco, vissuto tra il 1181/2 e il 1226, ha reagito alla società del denaro e del profitto che allora si andava configurando in Occidente con un scelta di povertà: ma tale dato va interpretato tenendo conto di due fatti.

Primo: se non possiamo dire che fosse un “reazionario” in quanto avrebbe respinto sul nascere uno dei fondamentali elementi della Modernità, la dinamica del danaro, non possiamo definirlo nemmeno “rivoluzionario” in quanto sarebbe insorto contro la ricchezza e la sperequazione che le è inseparabile compagna; egli si limitò a una scelta di povertà e di umiltà assolute che però riguardava solo se stesso e quanti volontariamente sceglievano di seguirlo, senza voler coinvolgere in alcuna proposta radicalmente pauperistica o egalitaria l’intera società.

Secondo: la povertà abbracciata da Francesco non era semplicemente assenza e rifiuto di beni materiali, come di solito interpretiamo noialtri moderni ossessionati dalla priorità dell’economia. La paupertas di Francesco era il contrario non di divitia, bensì di potentia. Egli rinunziò a qualunque forma di potere e di superiorità sugli altri, compresa la stessa scienza, il sapere mondano, lo studio. (…) Ma in ciò l’ordine non lo seguì.

Questo secondo fatto è stato sottolineato dallo storico medioevalista Jacques Le Goff, intervistato dal Corriere della Sera dello stesso 15 marzo.

«Il nuovo Papa è Francesco, ma anche gesuita», chiede il giornalista. «Qui sta l’altro aspetto senza precedenti. Come riuscirà Bergoglio a conciliare queste due caratteristiche apparentemente contraddittorie? I gesuiti sono intellettuali, e San Francesco detestava ogni sapere che non fosse religioso. Non per oscurantismo, ma perché riteneva che anche il sapere fosse uno strumento nelle mani dei ricchi e potenti per sottomettere i poveri. Accolse con dispiacere la notizia che Antonio da Padova entrava all’università. (…)».

Mentre Liliana Cavani, regista del film Francesco d’Assisi nel lontano 1966, intervistata da la Repubblica dello stesso giorno (p.48), rafforza il primo fatto e mette un dubbio atroce:

Ecco, vedremo se il cardinal Bergoglio ha scelto il nome come papa perché ha ben assorbito l’idea forte di Francesco Bernardone, la rivoluzione di se stessi, o come ennesimo atto nella chiesa cattolica per rovinare quanto nella sua storia c’è stato di grande e nobile. Chi vivrà vedrà.

Repetita juvant: rivoluzionare se stessi, a partire dal Papa, o distruggere definitivamente il mito di Francesco? Chi vivrà vedrà.

Pubblicato in Ecologia, Storia | Lascia un commento

“Voltando carta”

C’è ancora qualcuno che si meraviglia nel sapere che ho sia un blog che una postazione sui social network (Facebook, Twitter, aNobii), giudicando sbagliato o di cattivo gusto metter in pubblico pensieri o magari immagini private o altro ancora. Invece se c’è un problema è solo di tempo. Nel tempo che serve per leggere e seguire (ma non c’è nessuna regola che imponga scadenze particolari se non con sé stessi) e del tempo che si guadagna nel comunicare.

E in fondo credo ci sia una sola vera ragione per cui oggi si usano tanto questi strumenti ed è già stata scritta a suo tempo, circa cinquecento anni fa, dal Segretario fiorentino. Eccola qua:

Chi vedesse le nostre lettere, onorando compare, e vedesse le diversità di quelle, si maraviglierebbe assai, perché gli parrebbe ora che noi fussimo uomini gravi, tutti vòlti a cose grandi, et che ne’ petti nostri non potesse cascare alcuno pensiere che non avesse in sé onestà e grandezza. Però dipoi, voltando carta, gli parrebbe quelli noi medesimi essere leggieri, inconstanti, lascivi, vòlti a cose vane. Questo modo di procedere, se a qualcuno pare sia vituperoso, a me pare laudabile, perché noi imitiamo la natura, che è varia; e chi imita quella non può essere ripreso.

Niccolò Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori del 31 gennaio 1515 (in Opere, vol. II, Einaudi, Torino 1999, p. 349 – vedi anche online).

Pubblicato in Critica, Senza categoria, Società | Contrassegnato | Lascia un commento

130 anni dopo Marx

Centotrent’anni fa, il 14 marzo 1883, a Londra moriva Karl Marx. Aveva 64 anni poiché era nato a Treviri il 5 maggio 1818.

Su di lui non sarò certo io a scrivere qualcosa di nuovo, così lo voglio ricordare con poche parole scritte all’inizio e alla fine della sua opera.

“La svalorizzazione del mondo umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose. Gli uomini non sono nulla, il prodotto è tutto.” (Manoscritti economico-filosofici del 1844)

“Di fatto, il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità e dalla finalità esterna; si trova quindi per sua natura oltre la sfera della produzione materiale vera e propria. (…) Al di là di esso comincia lo sviluppo delle capacità umane, che è fine a se stesso, il vero regno della libertà, che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno della necessità. Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa.” (Il Capitale. Critica dell’economia politica, Libro III, cap. 48)

Pubblicato in Critica | Contrassegnato | Lascia un commento

Living with less. A lot less

Graham Hill

Attenzione! Sta succedendo qualcosa di molto strano: vivere con poco, molto poco, sta diventando un elemento di successo negli Stati Uniti!

Sono le pagine culturali de la Repubblica di oggi (51-53) che riportano l’articolo di Graham Hill sul New York Times del 9 marzo (“Living With Less. A Lot Less”) ed il commento del solito Federico Rampini: “La situazione economica sta cambiando in modo radicale le abitudini degli americani. Il trionfo del modello slow nel paese del supermarket”. In attesa di avere i testi online, vi saggio qualcosa:

La nostra passione per le cose materiali influenza quasi tutto nelle nostre vite. (…) L’enorme consumo ha conseguenze globali, ambientali e sociali. Molti esperti reputano che il consumismo abbia un ruolo importante nello spingere il nostro pianeta sull’orlo del baratro. E molti dei prodotti a poco prezzo che compriamo sono spesso fabbricati all’estero da manodopera sfruttata, dove sono in vigore norme ambientali molto permissive. Ma tutto questo infinito consumo, porta a un quantificabile aumento di felicità?

Graham Hill, un imprenditore che ancora prima dei trent’anni ha fatto fortuna vendendo un’azienda informatica appena avviata, sa di essere “un fortunato, ovviamente” e si è già convertito su un nuovo business: “progettare piccole case pensate per aiutarci a vivere bene”. Io quindi non m’illudo che il pensiero della decrescita abbia già conquistato la cima dell’egemonia consumistica mondiale e che stia per invadere facilmente le valli. Per il momento mi accontento che si usino certe espressioni: vivere bene, vivere con meno.

Poi si vedrà. Anche le vie per la decrescita felice sono infinite. Perché no?

Pubblicato in Critica, Società | Contrassegnato | Lascia un commento

Pil o Bes, la misura non cambia la felicità

Segnalo che oggi l’ISTAT e il CNEL hanno congiuntamente presentato al Presidente della Repubblica e messo online il primo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile, il BES, che ha anche un suo sito autonomo.

Pare però che il Bes non sia stato pensato per sostituire il famigerato Pil, il Prodotto Interno Lordo, anzi è singolare leggere da la Repubblica di ieri 10 marzo (p. 24) questa anticipazione del presidente dell’Istat, Enrico Giovannini.

Cosa può fare il Bes per l’Italia?
«Cambiare il dibattito pubblico e orientare meglio le scelte della politica. Promuovere un modello di sviluppo diverso con al centro la persona, non i prodotti. Veicolare il messaggio che avere carceri umane, sconfiggere il femminicidio, valorizzare il patrimonio culturale, preservare l’ambiente, leggere i libri, sostenere la ricerca, restituire credibilità alla politica – punti in cui dobbiamo progredire – migliora la vita di tutti. E poi fa crescere pure il Pil e occupazione».

Capito? Il Bes “orienta”, “promuove”, “veicola”, non misura la felicità interna lorda (FIL), come fanno già in Bhutan. E infine il Bes “fa crescere pure il Pil e occupazione”.

Così tutto sommato, due istituzioni statali, un ente ed un organo come l’ISTAT ed il CNEL, hanno pensato e lavorato sodo per dare una mano al povero Pil nazionale. Già, perché il problema non è il metro, lo strumento di misura, se si punta a fare sempre le stesse cose: produrre e consumare.

(Per noi del profondo nordest nell’acronimo “bes” c’è anche qualcosa di comico, di farsesco. Infatti i “bes” in furlàn sono i soldi, “bessi” in venexian, “bezzi” nelle commedie di Goldoni.)

PS: comunque leggiamo i vari report linkati qui sopra, le fotografie nuove fanno sempre vedere qualcosa di nuovo.

Pubblicato in Economia, Politica | Contrassegnato | 1 commento