Qualcosa di sinistra, no?

Ilvo Diamanti, nel consueto commento sui rilievi demoscopici, scrive su la Repubblica di oggi che

la partecipazione a un governo guidato da Bersani spaccherebbe in due l’elettorato del M5S. Ma anche la base più “fedele”. Fra coloro che si definiscono “molto vicini” al MoVimento, infatti, i favorevoli all’intesa sono esattamente la metà: 50%. Per questo Grillo, oltre a esprimere il proprio dissenso, chiama “fuori” il M5S da ogni discussione. Al governo? Da soli o non se ne parla. Perché qualsiasi altra decisione rischierebbe di produrre lacerazioni e opposizioni. All’interno e alla base. (…) Perché il M5S nasce da una costola della Sinistra, ma l’altra è di Destra. E, per ora, il MoVimento non dispone di un’identità definita e precisa, che permetta agli elettori di distinguersi e di distanziarsi dagli altri.

Modestamente, nel primo commento al voto avevo già notato anch’io che “il M5S ha preso metà voti a destra e metà a sinistra”, ma anche “su una linea contro gli attuali partiti e contro il governo Monti e la linea europeista”. Il problema infatti non è solo da dove sono arrivati i voti, ma perché sono arrivati, cioè sui due punti “contro”.

E’ chiaro che destra e sinistra continuano ad esistere anche dopo questo voto e che non sarà certo un Grillo a superarle, visto che quei nomi indicano i due programmi antagonisti di interessi materiali e morali profondamente radicati della società italiana (e non solo). Ma è altrettanto chiaro che non si può pensare di utilizzare tutti o anche la metà di quei voti per fare sempre le stesse cose.

Così Bersani deve decidere se governare come Monti o fare – per esempio – qualcosa di sinistra. Avrebbe problemi nel Pd stesso? Certo. Ma è meglio aver qualche problema ora che perdere un altro 50% dei voti alle prossime imminenti elezioni.

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