Finanza-ombra. (3) Che fare?

Siamo partiti dal nuovo caso JP Morgan (1) e attraverso la penna di Guido Rossi (2) abbiamo visto che è assolutamente indispensabile metter mano alla finanza, o perlomeno a quella che chiamano finanza-ombra, cioè “l’incredibile contaggio e la peste finanziaria” (sempre Rossi). E’ stata un’escursione rapidissima e solo concettuale, ma questo è un blog con la pretesa di guardare avanti, al futuro.

Dunque, che fare con la finanza-ombra? Ormai si sa molto bene di cosa si tratta, è scritto su diversi testi e libri, oltre che sulla pelle della gente. Invito in particolare a leggere il libro di Luciano Gallino, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi (Einaudi, Torino 2011), un testo che dovrebbe essere letto in ogni angolo del nostro paese, dalle scuole alla radio (lasciamo perdere la tv).

Gallino in un’intervista sul web ci indica anche la via da seguire:

A parte le bozze di riforma in discussione nel Parlamento europeo e nella Ce, ci sono in giro varie proposte provenienti da centri studi. Alcune assai interessanti sono state portate a Cannes da un centro tedesco specializzato in studi sullo sviluppo e l’ecologia per un’economia sostenibile. Ma è chiaro che tali proposte, lasciate a sé, non serviranno a nulla. Il problema vero è che sono i cittadini che ne dovrebbero discutere, e sarebbe bene che si cominciasse ad allargare la discussione in modo che il maggior numero capisca la reale entità del problema e cominci a chiedere una riforma radicale del sistema finanziario.
È complicato, è politicamente arduo, certo. Ma per il futuro della democrazia, non soltanto del sistema economico, è assolutamente indispensabile ridurre a dimensioni ragionevoli i gruppi finanziari e con essi l’insieme del sistema finanziario internazionale. Un noto economista americano ha detto che sarebbe indispensabile ridurre il sistema finanziario a un terzo di quello che è oggi. Forse è una misura eccessiva, ma è la direzione in cui appare necessario procedere.
In presenza di troppi segnali attestanti che l’economia del mondo, e con essa la democrazia dei nostri paesi, sta viaggiando verso la catastrofe. Se non riusciamo a trasformare tutto quanto si è qui ricordato in istanza, in domanda politica, in un numero di deputati sufficienti per introdurre una riforma del genere, dovremo aspettarci una crisi, politica ed economica a un tempo, ancora peggiore di quella che stiamo vivendo adesso.

Ridurre, dunque, ridurre le dimensioni delle imprese e del sistema finanziario, questa è la “direzione”. Prima che sia troppo tardi, se non lo è già. Luciano Gallino è troppo rivoluzionario? Allora leggete qui:

A costo di ripetermi – l’ho ricordato da ultimo nel libro dedicato ai giovani – è indispensabile che le banche, la cui ragion d’essere è fare credito, riconducano l’attività nel suo alveo naturale: finanziare l’economia. Quanto alla finanza, soprattutto quella più innovativa e sofisticata, necessita di essere regolamentata al fine di non mettere a repentaglio la stabilità del sistema bancario e finanziario; una regolamentazione che, come è richiesto da parte dei soggetti più avvertiti e responsabili, produrrà effetti sulle dimensioni e sulle modalità operative del comparto.

Sono parole di Carlo Azeglio Ciampi, presidente emerito della Repubblica, scritte sul Il Sole 24 Ore di martedì 15 maggio. Dimenticavo, è una la lettera che è stata titolata: “L’amara urgenza di agire”.

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