Finanza-ombra. (2) Derivati

Per capire cosa sono i derivati usiamo un altro articolo de Il sole 24 Ore del 13 maggio. E’ il commento domenicale del noto giurista Guido Rossi. L’autore comincia con un netto attacco al pensiero economico dominante che vale la pena riportare:

Esistono oggi alcuni “credo”, a matrice quasi religiosa, che governano il mondo e che hanno i loro devoti sacerdoti, i quali anche di fronte alle evidenze contrarie dell’attuale depressione economica, continuano a predicarne le virtù. Tra questi quello più fallimentare, come ormai è noto, è il credo del libero mercato che si autoregola, e della selvaggia deregolamentazione della finanza collegata alla speculazione. (…)
La teologia degli economisti, che ben tollera i paradossi, va ora coniugando austerità e crescita, pur dopo aver incautamente sostenuto che anche dalla sola austerità e dal rigore può nascere la crescita. (…)
Preliminare ad ogni programma di crescita è allora una seria riforma del capitalismo finanziario, così come fece il New Deal dopo la grande depressione del 1929. Ma purtroppo di F.D. Roosevelt non mi pare di riscontrarne nessuno fra i leader politici mondiali. Mi basterà allora un esempio, fra i tanti che si potrebbero fare, che riguarda il cuore e la natura intima della globalizzazione finanziaria, all’origine delle sempre più gravi diseguaglianze mondiali.

Poi ci spiega proprio cosa sono i derivati:

Il riferimento che intendo fare è specifico, ma parte comunque da uno degli strumenti che ancora godono della massima libertà e mancanza di regolamentazione, i cosiddetti “derivati”. Si tratta, come è noto, di prodotti il cui valore è “derivato” da un bene sottostante, che può essere qualunque cosa. Ora, selvaggiamente liberalizzati negli Stati Uniti, sono vere e proprie “scommesse” , rese esplosive dalla rivoluzione digitale. Questa ha dato la possibilità di creare velocemente una massa enorme di denaro virtuale, che dalla tecnologia solo dipende.
Si è così verificato, proprio per questa rivoluzione digitale, un fatto nuovo, che viene sbandierato come il “contagio” fra un paese e l’altro, cioè una sorta di peste finanziaria quasi incurabile.
I derivati, da strumenti di copertura del rischio, si sono trasformati in un gioco da casinò, e il loro valore si attesta a varie volte il Pil del mondo, senza alcun riferimento all’economia reale, sicché vale sempre di più la nota battuta di John Maynard Keynes: «quando l’economia (…) è ridotta a un casinò vuol dire che le cose non vanno affatto bene».
I derivati sono anche pericolosamente approdati oltre che alle fonti di energia come il petrolio, ai prodotti alimentari, caffè, mais, bestiame, soia, olio, farina, e la speculazione da parte degli operatori finanziari ha fatto aumentare il prezzo dei beni sottostanti, cioè del cibo che noi tutti consumiamo e il cui costo è ormai solo in parte determinato dall’andamento dei raccolti, ma principalmente dai derivati.
La volatilità dei prezzi degli alimentari sta preoccupando molto la Fao per le conseguenze che può avere sulla fame nel mondo, perché non sono più gli agricoltori a fissare il prezzo degli alimenti, ma i banchieri. E i Paesi poveri vanno alla fame mentre le istituzioni finanziarie continuano ad arricchirsi.

La descrizione del derivato come scommessa e dei mercati finanziari come casinò rendono abbastanza bene l’idea, anche se poi non possiamo chiedere a questo Rossi un gran senso di equità.

È pur vero che il Parlamento Europeo il 29 marzo 2012 ha espresso parere favorevole su una Proposta di Regolamento dei derivati, ma la strada da compiere è ancora molto lunga. E il vero problema riguarda soprattutto gli Stati Uniti, che pur stanno studiando, ma son ben lungi (chissà perché) dall’approdare a qualche soluzione concreta.
In conclusione, solo una grande riforma del capitalismo finanziario potrà evitare che dalla “coincidentia oppositorum” le disuguaglianze interne e globali aumentino a dismisura.
Non si tratta ovviamente di demonizzare la finanza, che pure nel mercato ha una sua straordinaria funzione, (…) bensì di evitare che essa, al di là e al di fuori degli Stati, continui a produrre un’enorme ricchezza di denaro virtuale, l’incredibile contagio e la peste finanziaria fino a diventare, dopo aver soggiogato il potere degli Stati, l’unica sovrana della globalizzazione.

A me pare che le diseguaglianze siano già cresciute troppo e che si tratti di ridurle, non solo d’impedire che “aumentino a dismisura”. Anche intervenendo sulla finanza, ombra o meno che sia.

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