Boschi, l’indecenza intellettuale


Non sappiamo quando voteremo al referendum per la riforma costituzionale, non sappiamo neppure come, visto che è ancora in piedi l’ipotesi del cosiddetto spacchettamento, cioè la divisione in più quesiti referendari. Ma il clima è già stato ben riscaldato da alcune uscite piuttosto forti, tra queste quella del ministro Maria Elena Boschi che collega la riforma al terrorismo. La miglior risposta letta finora mi pare questa di Maurizio Viroli su Il Fatto Quotidiano di oggi. (Grassetto ed evidenziazioni sono miei.)

Boschi, l’indecenza intellettuale
di Maurizio Viroli
Con la sua ultima dichiarazione – “Abbiamo bisogno di un’Europa più forte e in grado di rispondere insieme, unita, al terrorismo internazionale, e all’instabilità. E per riuscirci abbiamo bisogno anche di un’Italia più forte verso l’Europa, più credibile: quindi di una Costituzione che ci consenta maggiore stabilità” –, la ministra Maria Elena Boschi ha passato il segno della decenza intellettuale. Intellettuale, sottolineo, perché un’affermazione siffatta prende a calci la logica e la storia.
La ministra a dire il vero ci aveva già abituati a simili capolavori quando dichiarò che la riforma garantirà “una crescita del Pil dello 0,6 per cento nei prossimi dieci anni”. Il trucco retorico (retorica da parrocchia, quella seria è un’altra cosa) è sempre il medesimo: affermare che esiste un evidente legame di causa ed effetto fra due ordini di fatti che sono del tutto indipendenti, quali appunto la riforma costituzionale e la crescita economica. Legame mai dimostrato con qualche straccio di argomento, ma proclamato con il tono dell’oracolo (o dovrei scrivere oracola?).
Stile del resto imitato anche da altri sostenitori del ‘Sì’ quando invece di ripetere con il viso sorridente che se ci sarà la riforma avremo grandi benefici, tuonano con occhi minacciosi che se non ci sarà la riforma si abbatteranno sulla povera Italia flagelli e cataclismi a petto dei quali le piaghe d’Egitto sembreranno modesti inconvenienti. Esempi di questa retorica, anch’essa da parrocchia, sono il presidente del Consiglio: con la vittoria del No “l’Italia diventa ingovernabile e in Europa non ci fila più nessuno”; il presidente emerito Giorgio Napolitano: “Il No comporterebbe la paralisi definitiva, la sepoltura dell’idea di revisione della Costituzione” (perché? Non ci sarà più un Parlamento?) e il direttore del Centro Studi della Confindustria che spiega che nel caso di una vittoria del No ci sarà una perdita di 589 euro di Pil pro capite e di 577.000 unità di lavoro per il 2019, caos politico, aumento dello spread, fuga di capitali, crollo della fiducia e, ovviamente, svalutazione.
Ma, osservavo, l’ultima dichiarazione sul legame che stringe nuova Costituzione e lotta al terrorismo internazionale supera per indecenza intellettuale tutti i precedenti spropositi. In primo luogo la stabilità del governo italiano non c’entra assolutamente nulla con la capacità dell’Europa di combattere unita il terrorismo. Con la nuova Costituzione, come con qualsiasi Costituzione, potrebbe andare al governo un partito o una coalizione del tutto inetta a combattere il terrorismo e recalcitrante a contribuire a un comune sforzo europeo. Alla ministra qualcuno dovrebbe ricordare che con la nostra Costituzione la Repubblica ha saputo vincere una lotta mortale contro il terrorismo delle Brigate Rosse e del neofascismo, un terrorismo almeno altrettanto pericoloso di quello dei fondamentalisti islamici. Lo sa la ministra che con la nostra Costituzione venne votata in poche ore la fiducia al governo (Andreotti IV) il giorno stesso del rapimento Moro, e vennero poi approvate da Camera e Senato leggi eccezionali per la lotta al terrorismo? Qualcuno le ha detto che se il terrorismo è stato sconfitto è stato soprattutto grazie alla forte unità morale e politica che in quegli anni tremendi si formò attorno alla Costituzione, mentre la nuova Costituzione, approvata sempre a stretta maggioranza, non avrà mai la medesima capacità di unire gli italiani? E qualcuno si è posto il problema che con la Costituzione Boschi-Renzi-Verdini per deliberare lo stato di guerra basterà la maggioranza assoluta della Camera, e quindi sarà più facile per un governo, dopo un devastante attentato, dichiarare una guerra insensata contro il terrorismo e ripetere gli errori dell’America di Bush di cui ancora paghiamo le conseguenze?
Non ho letto tutti gli argomenti di tutti i sostenitori del No, ma quelli che conosco hanno ben altra probità intellettuale. Nessuno, che io sappia, ha sostenuto che se la riforma sarà respinta avremo benessere economico, massima occupazione, rinnovata credibilità internazionale, e sgomineremo l’Isis. Nessuno ha disegnato scenari di catastrofe politica e sociale nel caso di vittoria del Sì. Ci siamo limitati a mettere in evidenza le conseguenze dimostrabili della riforma sul sistema istituzionale della Repubblica.
Adesso capisco perché la ministra Boschi non vuole accogliere l’invito a un pubblico dibattito (rivoltole più volte da Marco Travaglio, e, da ultimo, dal presidente di Giustizia e Libertà Nadia Urbinati). In un confronto serio farebbe una figuraccia. Ma il bello deve ancora venire. Scommetto che la prossima dichiarazione sarà: “Basta un Sì e perderai dieci chili in due giorni, ti ricresceranno i capelli e vincerai alla lotteria”. Quella degli imbecilli.
(Il Fatto Quotidiano, 21 luglio 2016)

 

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