Koala

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I primi giorni del 2020 sono presi da due notizie diverse ma entrambe di guerra: dall’inconcepibile attacco statunitense in Iraq con l’uccisione del generale iraniano Soleimani e le reazioni conseguenti e dagli incendi che devastano l’Australia e colpiscono foreste e animali. Commentare e giudicare entrambe queste situazioni non è possibile in questo blog e vedrò eventualmente come seguirle negli aspetti più chiari ed importanti per noi.

Ma oggi mi permetto di riportare solo alcuni versi di un poeta tedesco, Jan Wagner, nato nel 1971 ad Amburgo e vivente a Berlino, da poco pubblicati da Einaudi nella raccolta Variazione sul barile dell’acqua piovana. E’ una sorta di preghiera scritta qualche anno fa, ma che oggi suona come epitaffio. Bellissimo e amaro anche il riferimento al ciclista.

koalas

so viel schlaf in nur einem baum,
so viele kugeln aus fell
in all den astgabeln, eine boheme
der trägheit, die sich in den wipfeln hält und hält

und hält mit ein paar klettereisen
als krallen, nie gerühmte erstbesteiger
über den flötenden terrassen
von regenwald, zerzauste stoiker,

verlauste buddhas, zäher als das gift,
das in den blättern wächst, mit ihren watte-
ohren gegen lockungen gefeit
in einem winkelchen von welt: kein water-

loo für sie, kein gang nach canossa.
betrachte, präge sie dir ein, bevor es
zu spät ist – dieses sanfte knauser-
gesicht, die miene eines radrennfahrers

kurz vorm etappensieg, dem grund entrückt,
und doch zum greifen nah ihr abgelebtes
grau –, bevor ein jeder wieder gähnt, sich streckt,
versinkt in einem traum aus eukalyptus.

koala

ma quanto sonno in un albero solo,
quante sfere pelose nel groviglio
dei rami, una bohème
dell’inerzia, che sulla cima si tiene e si tiene

e si tiene con un paio di grappette
come artigli, pionieri mai celebrati
della scalata sulle flautanti terrazze
della foresta pluviale, stoici arruffati,

pulciosi budda, più tenaci dei veleni
nel fogliame, con le loro ovattate
orecchie a respingere seduzioni
nel margine del mondo: niente water –

loo per loro, nessuna andata a canossa.
guardali, imprimeteli bene in testa,
prima che sia troppo tardi – quel viso
sereno di un taccagno o di un ciclista

prima della vittoria di tappa, il loro grigio
stanco, discosto dal suolo ma al tatto
prossimo -, prima che si stirino e con uno sbadiglio
sprofondino in un sogno d’eucalipto.

(Da Jan Wagner, Variazioni sul barile dell’acqua piovana [2014], trad. it. di Federico Italiano, Einaudi, Torino 2019.)

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