Elezioni europee – Diario minimo

Martedì 27 maggio (il secondo giorno dopo)

Da l’analisi differenziale emerge che – finalmente – il Veneto è di nuovo democristiano. Vediamo un po’…
L’analisi dell’Istituto Cattaneo, che è un riferimento costante, conferma la mia prima (modesta) lettura generale. Entrando nelle aree geografiche, è interessante osservare che il Pd nel Veneto, dopo la piccola Valle d’Aosta (+52,4%), è la regione dove ha aumentato di più sul 2013 con il 43,2% (Piemonte +42,3% e Marche +40,7%).
In particolare, le tre province che furono serbatoi prima Dc e poi della Lega, sono tra le prime dieci come scostamento sui voti 2014-2013: 1) Vicenza +61,3%; 2) Cuneo +61,0%; 3) Verona +54,8%; … 10) Treviso +49,5%. Gli scostamenti sul 2009 sono tra l’82% e il 90%.
Così, una volta tanto sono d’accordo con Massimo Cacciari su la Nuova Venezia di oggi (p.10):
Un voto che viene anche da destra?
«Ma certo. Il 10 per cento del voto di Renzi è di destra. Il nostro popolo è disperato. Le ha provate tutte e non è successo niente. Sono alla disperazione e adesso tentano la carta Renzi.»
Cambia anche lo scenario per il Veneto, da sempre in mano al centrodestra.
«Certo. Questo è un voto da partito egemone, da Dc negli anni Cinquanta. Del resto il Veneto ha sempre seguito il vincitore. Stavolta ha capito che Renzi era il vincente.»
Una bella rivoluzione.
«Che stavolta aspetta il risultato. Un voto di scambio: certo il Veneto non è diventato di colpo di sinistra

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Lunedì 26 maggio (il giorno dopo)

Renzi batte Grillo. Sparisce Monti, forse il centro. La destra si frantuma in tanti pezzi. La sinistra con Tsipras tiene la testimonianza pura. I risultati italiani non sono stati senza sorpresa, anzi. Il vento delle piazze tirava più per Grillo che per Renzi, quello delle urne è proprio opposto.
Vediamo prima le percentuali, i dati che si usano di più, in ordine di risultato (il secondo decimale è arrotondato, non come fa il sito del Ministero dell’Interno):
Pd 40,82% – M5S 21,16% – Fi 16,83% – Lega 6,16% – Ncd-Udc 4,38% – Tsipras 4,03%
Frat. d’I. 3,67% – Verdi 0,90% – Montiani 0,72% – Idv 0,66% – Altri 0,68%
Passano i primi sei gruppi con il 93,4% dei voti validi, esclusi dunque il 6,6% dei voti. Mentre le schede bianche sono state il 2,0% (578mila) e le nulle il 3,3% (ben 955mila).
Il dati sintetici più interessanti, in prima e macro lettura sono questi:
(0) l’affluenza è stata del 58,7%, contro il 66,5% del 2009 (-3,2 milioni) e il 72,2% del 2013 (-6,6 milioni, quasi il 19%): questo è un dato di fondo da non dimenticare nell’analisi differenziale;
(1) dal 2009 ad oggi le destre, che allora erano al governo; hanno perso il 21,0% (dal 47,7 al 26,7), ma solo l’1% sull’anno scorso (supponendo qui il Ncd-Udc che di centro hanno solo il nome);
(2) il M5S è al 21,2% (strana somiglianza!) e perde (solo, ma vedremo meglio) 4,4 punti;
(3) il centro ha polverizzato il dato tra il 6,5% del 2009 (Udc) e l’8,3% del 2013 (montiani, ora al 0,72%);
(4) le cosiddette sinistre, dall’Idv del 2009 a Ingroia del 2013, verdi e Sel compresi, hanno  mantenuto il dato 2013 (5,6% in totale), ma perso quasi il 9% dal 2009;
(5) senza pensare ancora a tutti i travasi interni, il Pd (+15% circa sia sul 2009 che sul 2013) oltre al dato alla sua sinistra, ha prosciugato il centro (il cui elettore stavolta non ha svoltato a destra, o poco).
Ma è utile vedere anche il numero reale dei voti espressi, dove si possono trarre ulteriori considerazioni:
(6) i voti utili sono quest’anno solo 27,4 milioni, -20% sul 2013 (34,0 milioni) e -10,4% sul 2009 (30,5 milioni);
(7) il Pd con 11,2 milioni è aumentato di +3,2 ml sul 2009 (+40%) e + 2,5 ml sul 2013 (+29%): un’enormità, ma non come indicherebbero le percentuali (dal 25% al 40% sarebbe +60% se i voti fossero costanti);
(8) le destre con 7,3 milioni di voti, senza considerare le liste civetta del 2013, hanno perso il 50% sul 2009 (14,6 ml) e anche il 19% sul 2013 (8,9 ml);
(9) il M5S con 5,8 milioni di voti ha perso 1/3 dei voti (-2,9 ml) di un solo anno fa (8,7 ml);
(10) le sinistre, con i loro miseri 1,5 milioni di voti, sono ridotte ad 1/3 dei voti del 2009 (4,4 ml, con Idv compresa nel conto) e hanno perso un altro 20% sul 2013 (1,9 ml).
Una prima conclusione è che anche con queste elezioni si è confermata una caratteristica ben marcata lo scorso anno: l’enorme fluidità del voto italiano, si potrebbe anche dire “volatilità”, considerando la facilità con cui molti elettori entrano ed escono dall’area del non-voto. Credo che ciò sia frutto della duplice crisi, sociale-economica da un lato, dell’offerta politica dall’altro. L’incapacità di dare una risposta strategica e strutturale ai problemi, invita l’elettorato a saggiare opzioni che una volta non sarebbero state prese in considerazione perché troppo distanti o troppo rischiose. Che si passi da personaggi come Berlusconi a Monti a Grillo a Renzi, indipendentemente dallo stile e dall’orientamento iniziale di questi, dimostra anche che si cerca l’uomo forte, indipendentemente dalle sue idee.
Alla prossima cronaca elettorale. Credo molto presto.

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Venerdì 23 maggio 2014 (-2)

Il fantasma di Berlinguer è in piazza.
Ultime piazze per Grillo e Renzi, ma il primo le riempie, il secondo (ieri a Piazza del Popolo) solo a metà. Gli altri vanno al cinema o in tv.
Comunque si è disposti a tutto. Si tirano Enrico Berlinguer! Renzi ha addirittura detto: “Giù le mani da Berlinguer da parte di chi non può neppure pronunciarne il nome. Sciacquatevi la bocca.” E oggi “a piazza della Signoria ha voluto sistemare il palco nello stesso modo di Berlinguer l’ultima volta che venne a Firenze.” (il Fatto Quotidiano di oggi, p.4)
Le ultime battute saranno naturalmente sull’utilità del voto. Chi andrà senza essersi fatto un’idea prima di cosa significhi questo voto europeo, verrà colpito da un frase, forse da una parola. Questo è il programma.

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Mercoledì 21 maggio 2014 (-4)

In Italia si vota non per una politica europea, ma contro qualcuno.
La situazione, in mezzo al grande guado televisivo, è piuttosto chiara, in Italia si chiede un voto contro qualcun altro, non su un programma, magari alternativo e fortemente contrario alle scelte di chi ha governato l’Ue in questi anni. No, si vota sostanzialmente per ragioni interne e si chiede il voto per modificare gli attuali equilibri nazionali.
I protagonisti sono quelli e non è il caso di ripetere cosa si dicono addosso. Solo tra i due alleati sulle riforme c’è un apparente fair play. Gli altri sono ai margini, in tv ma anche sui giornali, cartacei e online.
Un paio di aspetti vanno rimarcati. Mancano i manifesti elettorali, per due motivi. Perché mancano i soldi e perché mancano le facce. Una volta si usavano i simboli, ma con Berlusconi tutto è cambiato, è diventato protagonista il volto del personaggio. Ma nessuno dei tre ha un volto tanto rassicurante. E’ paradossale, ma col suo volto prenderebbe più voti Berlinguer.
Eppoi mancano le manifestazioni, soprattutto quelle capillari. Questo perché le circoscrizioni sono poche e grandi ed i candidati si muovono soprattutto nelle maggiori città. Ma pochi sono anche quelli in grado di mobilitare una piazza. Tra questi, non male quanto è riuscito a fare Tsipras, soprattutto a Bologna.
Insomma, abbiamo davanti ancora tre giorni di sparate televisive, dove le accuse saranno di fuoco. Poi gli italiani andranno a votare. Pochi, sempre meno, meno del 50%. Alla fine, tutti valuteranno l’esito sulla base di qualche punto percentuale.
Una nota particolare. Su il Fatto Quotidiano di oggi c’è un’intervista di Marco Travaglio a Gianroberto Casaleggio, due pagine piene. Mi ha colpito una risposta:
Perché il programma M5S non parla di Cultura?
“Il programma è ancora incompleto. Via via cercheremo di coprire, coinvolgendo tutto il Movimento, tutti i settori ancora scoperti.”

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Lunedì 19 maggio 2014 (-6)

Da Auschwitz, oltre Hitler, senza ragionamenti (poi vedremo).
Oltre un mese fa, eravamo a -40, scrivevo che sarebbe stata una campagna elettorale spettacolare, ma potevo essere frainteso. Spettacolare non significa necessariamente bella, tutto dipende dai giocatori in campo. Purtroppo, all’ultima settimana, ne abbiamo una chiara conferma: sarà una chiusura penosa, un’elezione europea segnata dai problemi nazionali e dei singoli leader, protagonisti in rapporto al loro partito e al potenziale elettorato.
Innanzitutto Renzi che – in carica dal 22 febbraio – ha praticamente governato solo in funzione del voto europeo. E lo si capisce anche. Arrivato al governo grazie a meschine lotte interne ad un partito che si chiama democratico, cioè elezioni interne (primarie) a ridosso di una sconfitta (o non vittoria) elettorale, mentre il paese arranca in uno stato di gravissima crisi, deve essere omologato o meno dall’elettorato. Per lui il passaggio è decisivo. E’ decisivo vincere anche relativamente sul principale avversario, Grillo. Se questi dovesse ripetere o migliorare la performance delle elezioni nazionali di un anno fa sarebbero cazzi amari, soprattutto per lui personalmente, poiché si sarebbe dimostrato incapace di spostare l’asse degli interessi elettorali.
Grillo infatti punta tutto su questo aspetto: l’Europa non è un suo problema, almeno oggi. Se vincesse in Italia, il problema diventerebbe lui per gli altri paesi europei. Il suo linguaggio, nonostante quello che dicono e scrivono su di lui, si è comunque elevato, assumendo metafore e simboli più generali e storici. Dopo Auschwitz, ha risposto su Hitler (a cui alcuni lo accostano, ignorando che costui aveva inizialmente assai meno mezzi e che viene valutato oggi per cosa ha fatto alla fine, non all’inizio della sua carriera). Così siamo arrivati al massimo. Oltre Auschwitz e Hitler, come rileva oggi Stefano Bartezzaghi su la Repubblica, “non c’è nulla”: cosa si può evocare ancora e di più? Il linguaggio di Grillo si è dunque elevato, ma sempre e solo come invettiva. Guai a ragionare, tantomeno con i propri elettori. Di questi, intuisco le ragioni della grande massa che lo seguono, meno si pensa meglio si sta. Ma credevo che qualcuno che conosco personalmente avesse un’idea un po’ più elaborata della cultura, della politica, della società. Peggio per tutti noi.
Di quest’ultimo Berlusconi avevo già predetto tutto (già!). Si sa che ha fiuto per le migliori marginalità elettorali e gli anziani sono tanti e vanno quasi sempre a votare. Ma francamente credo che adesso e oramai non tenga più il suo vecchio legame elettorale, destinato a sciogliersi a favore del suo alleato fiorentino.
L’unica lista europea che punta ancora al ragionamento è L’Altra Europa con Tsipras. Non sarà facile salvarsi in un simile campo di battaglia, ma tutti i voti presi da questi candidati varranno almeno il doppio, in Italia ed in Europa.

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Giovedì 15 maggio 2014 (-10)

Caro Guccini ti scrivo: siamo noi l’unica Sinistra alle Europee
Caro Guccini,
ho letto la tua intervista all’Huffington Post. Mi è venuta una fitta di nostalgia anche a me. Delle cose perdute. Perfino di quelle mai vissute ma esistite prima di me. Ricordi la poesia di Raffaello Baldini “1938” “mèlnovzèntrentòt”, in dialetto romagnolo, una delle più belle poesie di Baldini in assoluto. Lei, stesa sul letto, con una lacrima agli occhi, fuma una Giubèk, Le Giubèck erano sigarette che andavano, appunto, nel 1938. E mi pare di vederla, senza filtro, scura e pessima di sapore. E lei in effetti non fuma, l’ha accesa anche lei solo per nostalgia del suo uomo, che le fumava, ormai perduto, solo per sentirne l’odore.
Nel 1938 mio babbo era a Ventotene condannato a 8 anni al confino politico dal fascismo. Con lui c’era Altiero Spinelli. Chissà cosa penserebbero mio babbo e Spinelli della nostra Italia dopo quasi 70 anni dalla liberazione del ’45. Penso che avrebbero nostalgia del confino e non solo perché allora erano giovanotti. Nostalgia delle speranze, degli entusiasmi, delle prospettive radiose del futuro.Hai un’età che sicuramente ricorderai un’altra cosa perduta e dimenticata, io lo gridavo con orgoglio: “abbiamo il Partito Comunista più forte dell’occidente capitalistico, abbiamo il sindacato più forte del mondo” ricordi? garanzia di pace, di democrazia, di difesa dei diritti e per conquistarne di nuovi. Abbiamo cominciato a dimenticarli con Craxi alla fine degli anni 80 e poi cancellati definitivamente con l’avvento del ventennio berlusconiano.
Facci caso, quando i partigiani e i loro coetanei sono andati in pensione (o purtroppo morti, per ragioni anagrafiche) togliendosi di mezzo, attorno alla fine degli 80 (Spinelli nell’87, mio babbo nel 93), si sono portati dietro anche i valori politici, etici, morali che rappresentavano. La classe politica che li ha sostituiti è degenerata a livelli inimmaginabili. Al punto che un Presidente della Repubblica (che pure è antico quanto i partigiani) e poi il giovanotto Presidente del Consiglio nonché capo del partito di maggioranza relativa, il PD, accolgono, per programmare la politica italiana, fare le riforme, cambiare la Costituzione, un pregiudicato, un delinquente comune, anzi un “delinquente abituale”, come è scritto nella sentenza che lo ha condannato a 4 anni di carcere per frode fiscale.
Pensa che Berlusconi, condannato, non ha neanche il diritto al voto, cioè lo Stato gli impedisce, anche con il suo semplice voto individuale, di influire nella politica italiana. E ora, col patto Berlusconi-Renzi (“ah ma – dicono loro – non lo facciamo mica di nascosto, lo facciamo alla luce del sole” pensando di dire una cosa intelligente) il fondo è toccato. Siamo nella merda totale. Hai voglia avere nostalgia del vecchio PCI, figurati che io ho perfino nostalgia del primo PD di cui sono fondatore nel 2007 (ci’ho la targa firmata!), nonché eletto nella Assemblea Nazionale. Leggendo la tua intervista mi è venuta nostalgia anche della “locomotiva”, non solo perché ero un giovanotto. Perché immaginavo di esserci sopra e mi illudevo che quella locomotiva che andava e andava, ci avrebbe portato avanti, e non si schiantasse affatto, non proprio che credessimo fino in fondo che trionfasse la “giustizia proletaria” ma che ci fosse una giustizia, un avvenire.
Non era anarchica la mia locomotiva, ho attraversato tutti quei i suoi vagoni: era comunista, FGCI poi PCI, poi PDS, DS, poi PD. Io c’ero sopra, seguendone tutti i risvolti e gli obbiettivi. Finché ho potuto. Ora essa non si è schiantata contro la destra più becere e schifosa dal dopoguerra in qua. No, s’è, invece, incanalata sui suoi binari e ha preso il loro posto.
Una cosa non l’ho capita bene della tua intervista: come sarebbe che taci perché sei un cantante e qualcuno ti ha rimproverato di parlare di politica? I cantanti, come te e Piero Pelù “devono stare zitti e cantare e basta che è il loro mestiere”…?! Però non hai taciuto affatto e hai dichiarato che il tuo voto andrà lì, cioè al PD. Neanch’io, attore, taccio. Prima sono un cittadino, un politico, poi faccio anche un mestiere come tutti (tutti i fortunati che un mestiere ce l’hanno) e parlo, e dico che il PD non c’è più, al suo posto c’è un fantasma impostore e infido, traditore di se stesso (e non sono solo per i famosi 101 capaci di abbattere Prodi). Un PD che riesce in ciò che il berlusconismo non è mai riuscito ad ottenere: abbattimento dei diritti dei lavoratori, dell’articolo 18 (col Job Act non serve più) e, quindi, del sindacato (Renzi non è andato al congresso della CGIL, così come fece solo Berlusconi). Propone una legge elettorale che la nostalgica e dimenticata “legge truffa” del 1953 (ricordi? Che nostalgia…) era uno zuccherino democratico in confronto a quella proposta da costoro e il porcellum, dichiarato incostituzionale, ne era solo un timido assaggio.
Un patto Berlusconi-Renzi che modificherà la Costituzione senza neanche concederci il referendum e avvierà le riforme che considerano il lavoratore non una persona ma una merce, un bullone, un macchinario in mano all’impresa che lo usa come gli pare. Un partito che è utilizzato per servire il capitalismo più pericoloso e antidemocratico che la storia del dopoguerra abbia mai conosciuto, una svolta epocale di cui il PD è primo responsabile. E questo lo poteva fare solo un partito un tempo di sinistra, il PD. E il Job Act lo poteve proporre solo un ex comunista, già Presidente della Lega coop rossa.
Io, attore, parlo e come, e dico che il Pd ha tradito, ferocemente tradito, gli ideali di giustizia, le conquiste fatte, i valori etici e gli obbiettivi per cui era nato e aveva ereditato dal PCI e perfino dall’ala democratica della DC. Il PD è un partito di centrodestra con la quale governa da tre anni e la prospettiva di continuare per altri anni a venire. La lista L’altra Europa con Tsipras è l’unica lista di sinistra alle elezioni europee. E, purtroppo, non è neanche una opinione. Tsipras ha già vinto in Europa, sarà il terzo in quel parlamento, manca solo l’Italia e noi gli manderemo un pugno di deputati. E con il tuo voto, come di tutti coloro che capiscono il pericolo che stiamo vivendo, supereremo di gran lunga il 4%, soglia messa per salvaguardare il potere di chi il potere ce l’ha. E il voto al PD, magari fosse solo inutile, esso è dannoso e metterebbe una pietra tombale alla sinistra in Italia.
Temo che i deflettori nelle auto non torneranno più, ed erano così comodi e utili. Ma tutto cambia e la nostalgia canaglia non ci impedirà di parlare forte, di urlare, anche in dialetto: adès bàsta!
Ciao e vota bene con la sinistra.
Ivano Marescotti
(13 maggio 2014)

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Sabato 10 maggio 2014 (-15)

La rivoluzione passiva. Le tangenti all’Expo possono decidere il voto europeo (per restare al breve).
Sono costretto a smentirmi. Finora non solo non è una campagna elettorale spettacolare, ma non c’è ancora stata una vera campagna, solo una sempre più frequente presenza televisiva da parte di due protagonisti e qualche sparata sempre più greve da parte del terzo. Spettacolo, zero.
Però dopo gli arresti di giovedì 8, legati all’Expo di Milano, forse le acque si agiteranno un po’ di più. In Italia sembra infatti che la campagna non si faccia per eleggere i deputati al parlamento europeo, discutendo finalmente di cosa vogliamo fare in quelle istituzioni, ma che lo scontro sia a tre, come dicono, ma in realtà a due, tra Grillo e Renzi.
L’ultimo sondaggio  (Lorien Consulting) dà sempre quest’ultimo sopra di almeno dieci punti: Pd 34%, M5S 23%. Con le destre al 29% (FI 19%, Ncd+Udc 6,5%, Fratelli d’Italia 3,5%). Gli altri sono: Tsipras 4%, Scelta Europea 2,5% e rimanenti al 2.0%. Ma a questo sondaggio ha risposto solo il 58% degli interpellati. E stiamo parlando di sondaggi con un migliaio di risposte. Le percentuali si possono muovere solo per ragioni statistiche di tre punti, su o giù.
“Si parla del possibile successo del Movimento 5 stelle ovviamente. Lo spettro che mette i brividi è quello del sorpasso. Una cosa impensabile fino  a pochi giorni, con i grillini quotati dieci punti dietro il Pd.” – Così scriveva ieri Francesco Bei su la Repubblica, in margine alle cronache giudiziarie.
C’è da scommetterci che si parlerà poco anche di questo, soprattutto in tv.

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Martedì 15 aprile 2014 (-40)

Sarà una campagna elettorale spettacolare, non c’è dubbio.
Renzi sta completando il materiale per le slides europee. Dopo le liste Pd con tutti i capolista donne e le nuove nomine delle maggiori società pubbliche (Eni, Enel, Finmeccanica, Poste Italiane) con ben tre donne su quattro alla presidenza (ma nessuna ad), deve incassare ancora qualche certezza tecnica (p.es. sugli 80 euro in busta paga a fine maggio e sulla riforma del Senato), poi tornerà in tv tutti i giorni (ci scommetto che andrà anche da Santoro).
Berlusconi sa finalmente che si occuperà di anziani a Cesano Boscone, quattro ore la settimana. Ma potrà stare nella sua abitazione di Roma anche tre giorni su sette. Diamo per certo che cercherà di trasformare anche questa merda in un bignè (scusate l’espressione, ma mi torna in mente L’Aquila terremotata, un bignè per pochi). Punterà sul voto degli anziani, piuttosto abbondanti.
Grillo invece ha deciso di vestire i vecchi panni del pagliaccio, quello che può dire qualsiasi cosa perché ne ha l’abito. E sul suo blog ha avviato la campagna elettorale taroccando la portineria di Auschwitz e parodiando Se questo è un uomo di Primo Levi. Ma ha fatto sapere che è una maniera per onorarlo, sono gli ebrei italiani che non hanno capito il gesto. E su internet i simpatizzanti grillini si sdegnano di tanto sdegno. Insomma, siamo alle manovre per fare fronte, con tutti mezzi: “l’unica alternativa siamo noi”.
Prepariamoci dunque alla campagna elettorale più spettacolare della storia. No? Ve ne vengono in mente tante altre? Be’ accontentiamoci dei pagliacci. In fondo, basta non votarli.

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Sabato 5 aprile 2014 (-50)

Tsipras ma un’altra Europa è possibile?
«La storia dell’umanità è piena di sogni che sono diventati realtà. Queste elezioni sono un inizio potente per rifondare l’Europa.»
(Intervista di Alessandra Longo su la Repubblica del 3 aprile 2014)

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2 risposte a Elezioni europee – Diario minimo

  1. Nunzio scrive:

    Salve mi chiamo Nunzio Curigliano, sono calabrese ed ho 33 anni ed un mese. Abito a Maccarese in provincia di Roma dal luglio del 2013. Alle elezioni europee del 25 maggio del 2014 ho votato Partito Democratico.

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