Cosa ci può dare il 2014

(Segue da Cosa ci lascia il 2013)

Ho usato un’espressione molto semplice per definire il 2013. Ma dopo un anno simile cosa ci può dare l’anno seguente?

Vediamo solo alcuni tra i principali aspetti politici:
(1) Il vecchio mondo (Ue, Bce, Napolitano, Letta) ha fatto di tutto per peggiorare la situazione, facendo salire un’altra volta anche la destra sociale (quella economica non ha niente da lamentarsi);
(2) Un nuovo münchhausen (Grillo) aspetta il momento opportuno per tirarsi su usando sempre il proprio codino;
(3) Il nuovo che avanza (Renzi) ha idee standard – liberismo e leaderismo – e appoggi strepitosi, quindi vincerà tranquillamente e non cambierà nulla.

Dunque, cosa ci possiamo aspettare dal nuovo anno? Personalmente, nessun cambiamento importante. Non resta che uscire dagli schemi, o tornare all’antico. Per esempio il classico Friedrich Hölderlin (1770-1843) che scriveva: “Ma dove è il periodo, cresce/ Anche ciò che dà salvezza.” (“Wo aber Gefahr ist, wächst/ Das Rettende auch.” – in Almanacco delle muse per l’anno 1808).

Così, aspetto il periodo. Potrebbe essere la prossima primavera. Il 25 maggio si rinnoverà il Parlamento Europeo, lì potrebbe esserci un piccolo, ancora debole, segnale di cambiamento. Tutto nasce piccolo in natura e nella storia dell’uomo, poi può crescere. Io punto lì, su questo segnale debole e su questa crescita.

Certo non sono solo, anzi, la cosa è ormai più che matura. Cito da un fonte tanto poco estremista:

L’evidente e urgente necessità è quella che l’Europa abbandoni la sua politica legata alle disuguaglianze e alle avventure del capitalismo finanziario, dei pareggi di bilancio e delle politiche di austerità e che riprenda la strada della difesa dei diritti fondamentali, rovesciando la priorità da un Leviatano tecno-amministrativo per puntare su un’Unione europea democratica.
Si potrà così liberare dai populismi e dai tentativi autocratici che stanno emergendo nei vari Paesi e giungere a un’autentica sovranità democratica europea, non impostata sull’economia e sulla difesa della ricchezza del capitale finanziario a svantaggio dei diritti dei cittadini, come avrebbe voluto il giudice della Corte Suprema americana Louis Brandeis, che un secolo fa ricordava: «Si può avere la democrazia oppure un’enorme ricchezza concentrata nelle mani di pochi, ma non si può avere le due cose insieme».

(Guido Rossi, “La scommessa vincente della democrazia contro la crisi“, Il Sole 24 Ore del 29-12-2013.)

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Una risposta a Cosa ci può dare il 2014

  1. Adriano Zanon scrive:

    Guido Rossi, con altri intellettuali ha firmato anche questo appello:

    Al Pre­si­dente della Repub­blica, Gior­gio Napolitano
    Al Pre­si­dente del Con­si­glio dei Mini­stri, Enrico Letta
    Al Pre­si­dente della Com­mis­sione Euro­pea, José Manuel Barroso
    Al Gover­na­tore della Banca Cen­trale Euro­pea, Mario Draghi

    La crisi dura ormai da sei anni. Inne­scata dalla povertà di massa figlia di trent’anni di neo­li­be­ri­smo, esa­spera a sua volta povertà e disu­gua­glianza. Mol­ti­plica l’esercito dei senza-lavoro. Distrugge lo Stato sociale e sman­tella i diritti dei lavo­ra­tori. Com­pro­mette il futuro delle gio­vani gene­ra­zioni. Pro­duce una gene­rale regres­sione intel­let­tuale e morale. Mina alle fon­da­menta le Costi­tu­zioni demo­cra­ti­che nate nel dopo­guerra. Ali­menta rigur­giti nazio­na­li­stici e neofascisti.

    Con­ce­pita nel segno della spe­ranza, l’Europa unita arbi­tra della scena poli­tica con­ti­nen­tale rap­pre­senta oggi, agli occhi dei più, un potere ostile e minac­cioso. E la stessa demo­cra­zia rischia di appa­rire un mero simu­la­cro o, peg­gio, un peri­co­loso inganno.

    Per­ché? È la crisi come si suole ripe­tere la causa imme­diata di tale stato di cose? O a deter­mi­narlo sono le poli­ti­che di bilan­cio che, su indi­ca­zione delle isti­tu­zioni euro­pee, i paesi dell’eurozona appli­cano per affron­tarla, in osser­vanza ai prin­cipi neoliberisti?

    Noi cre­diamo che quest’ultima sia la verità. Siamo con­vinti che le ricette di poli­tica eco­no­mica adot­tate dai governi euro­pei, lungi dal con­tra­stare la crisi e favo­rire la ripresa, raf­for­zino le cause della prima e impe­di­scano la seconda. I Trat­tati euro­pei pre­scri­vono un rigore finan­zia­rio incom­pa­ti­bile con lo svi­luppo eco­no­mico, oltre che con qual­siasi poli­tica redi­stri­bu­tiva, di equità e di pro­gresso civile. I sacri­fici impo­sti a milioni di cit­ta­dini non sol­tanto si tra­du­cono in indi­genza e disa­gio, ma, depri­mendo la domanda, fanno anche venir meno un fat­tore essen­ziale alla cre­scita eco­no­mica. Di que­sto passo l’Europa la regione poten­zial­mente più avan­zata e fio­rente del mondo rischia di avvi­tarsi in una tra­gica spi­rale distruttiva.

    Tutto ciò non può con­ti­nuare. È urgente un’inversione di ten­denza, che affidi alle isti­tu­zioni poli­ti­che, nazio­nali e comu­ni­ta­rie il com­pito di rea­liz­zare poli­ti­che espan­sive e alla Banca cen­trale euro­pea una fun­zione prio­ri­ta­ria di sti­molo alla crescita.

    Ammesso che con­si­de­rare il pareg­gio di bilan­cio un vin­colo indi­scu­ti­bile sia potuto appa­rire sin qui una scelta obbli­gata, man­te­nere tale atteg­gia­mento costi­tui­rebbe d’ora in avanti un errore imper­do­na­bile e la respon­sa­bi­lità più grave che una classe diri­gente possa assu­mersi al cospetto della società che ha il dovere di tutelare.

    *** Étienne Bali­bar, Alberto Bur­gio, Luciano Can­fora, Enzo Col­lotti, Mar­cello De Cecco, Luigi Fer­ra­joli, Gianni Fer­rara, Gior­gio Lun­ghini, Alfio Mastro­paolo, Adriano Pro­speri, Ste­fano Rodotà, Guido Rossi, Sal­va­tore Set­tis, Gia­como Tode­schini, Edoardo Vesen­tini

    (il manifesto, 22 dicembre 2013)

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