Cambiare agenda, subito

Ora abbiamo il governo Letta e riprendiamo il discorso, ma siamo sempre allo stesso punto… Lo dice anche Sergio Gallino (intervista a il manifesto del 3 maggio 2013).

Ma qual è allora il vero motivo di questa disoccupazione?
Le imprese non assumono perchè non c’è domanda di lavoro, e non investono perchè non si produce. Se ci fosse una domanda allora assumerebbero e farebbero investimenti. Legge o non legge, non fanno nulla perchè produrre e lasciare le merci in un magazzino non fa parte del loro codice azionario.
Per l’Ocse il decit nel 2013 salirà al 3,3% e il debito aumenterà al 134% nel 2015. è l’attestazione del fallimento dell’austerità e dei partiti che l’hanno sostenuta fino a ieri. Come spiega questo fallimento?
Ricordiamoci che l’Ocse è sin dagli anni 80 uno degli attori più efficaci nella promozione dell’economia neoliberale di cui Monti è stato un diligente interprete. Letta mi sembra un po’ più contrastivo, ma al fondo condivide l’impianto di quella che è stata definita «agenda Monti». Quella in atto con l’Ocse è al massimo di una disputa sulle modalità della sua applicazione tra soggetti che condividono gli stessi principi e la stessa ideologia. Inoltre i tre decimali in più o in meno dipendono dalle statistiche o dei metodi usati. Il vero problema è che le politiche che continueranno ad essere applicate hanno già fatto contrarre di sei punti il Pil dal 2007. Anche se le spese restassero stabili, il deficit aumenterebbe lo stesso perché il denominatore comune diventa sempre più piccolo. In questo modo ogni anno mancheranno 8 o 10 miliardi di euro. In realtà c’è anche un altro nodo.
Quale?
Il patto fiscale che Monti e la sua maggioranza hanno approvato in due ore in parlamento, come se fosse una bagatella. L’Italia ha inserito nella Costituzione la regola che le imporrà di ridurre 50 miliardi di debito ogni anno, per vent’anni consecutivi. Molti di coloro che siedono in parlamento non si rendono conto di cosa significhi. Forse non sapevano di cosa si trattava oppure hanno sottovalutato il fatto che tagli di queste proporzioni, oggi, significano una sola cosa: la condanna alla miseria.
Da tempo lei propone un «New Deal» a livello europeo, che dovrebbe far ripartire la crescita. In cosa consiste?
È una proposta avanzata anche da un’economista in fondo liberale come Krugman. I governi seriamente contrari all’austerità dovrebbero presentarsi davanti all’Unione Europea e chiedere alla Bce un prestito di 100-200 miliardi di euro, organizzando un’agenzia per l’occupazione, finanziando interventi nelle opere pubbliche e interventi di alta utilità sociale come il riassetto idrogeologico. In fondo è quello che ha fatto Obama che ha presentato un piano fiscale insieme allo stanziamento di 140 miliardi di dollari con i quali tra l’altro ha ristrutturato 35 mila scuola e ha garantito l’impiego a oltre 200 mila insegnanti.
L’attenzione va alle banche che non riescono a finanziare l’economia reale. Non le sembra irresponsabile tenere nascosto il circolo vizioso in cui siamo?
Non so più che altro dire. Ho già scritto due libri, ne sto scrivendo un terzo. Non mi resta che emigrare.
Ha già idea su dove andare?
Per il momento ho preparato la pratica. Sta qui sulla scrivania.
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