La strada dopo l’apocalisse

L’articolo di Guido Viale pubblicato su il manifesto di ieri e intitolato “L’apocalisse è già qui” è quanto di più critico e saggio ho letto finora in seguito alla tragedia giapponese. Bisogna leggerlo tutto, ma per incentivarne la lettura riporto alcuni brani, ma – ripeto – va letto tutto.

Apocalisse significa rivelazione. Che cosa ci rivela l’apocalisse scatenata dal maremoto che ha colpito la costa nordorientale del Giappone? (…) L’apocalisse ci rivela che la normalità – quella che ha contraddistinto la vita di molti di noi per molti degli anni passati, ma che non è stata certo vissuta dai miliardi di esseri umani che hanno fatto le spese del nostro “sviluppo” e del nostro finto “benessere” – è finita o sta per finire per sempre. (…) Quello che l’apocalisse dello tsunami in Giappone ci rivela è la “normalità” di domani. L’apocalisse è già tra noi, in quello che facciamo tutti i giorni e soprattutto in quello che non facciamo. Dobbiamo imparare ad attraversare e a vivere dentro un panorama devastato, dove niente o quasi funziona più: non solo per il crollo o il degrado delle sue strutture fisiche; o per l’intasamento della loro “capacità di carico”; ma anche e soprattutto per la manomissione delle linee di comando, per la paralisi delle strutture organizzate, per la dissoluzione dello spirito pubblico calpestato dalle menzogne e dall’ipocrisia di chi comanda.

Come “vivere dentro [questo] panorama devastato”? Riporto l’intera conclusione, completa e chiusa in sé.

Dobbiamo adoperarci per mettere a punto strumenti di autogoverno a livello territoriale, in un raggio di azione che sia alla portata di ciascuno, in modo da avvicinare le risorse fisiche alle sedi della loro trasformazione e queste ai mercati del loro consumo e alle vie del loro recupero: perché solo di lì si può partire per costruire delle reti sufficientemente ampie e flessibili che siano in grado di far fronte a una improvvisa crisi energetica, alle molte facce della crisi ambientale, a una nuova crisi finanziaria che è alle porte, al disfacimento del tessuto economico e alla crisi occupazionale che si aggrava di giorno in giorno; e persino a una crisi alimentare che potrebbe farsi improvvisamente sentire anche in un paese del “prospero” Occidente. Le fonti rinnovabili, l’efficienza e il risparmio energetici, il riciclo totale dei nostri scarti, un’agricoltura a chilometri zero, la salvaguardia e il riassetto del nostro territorio, ma soprattutto uno stile di vita più sobrio e restituito alla socievolezza sono i cardini e la base materiale di una svolta del genere. Va bene tutto ciò che va in questa direzione; anche le piccole cose. Va male tutto ciò che vi si oppone: soprattutto la rinuncia a un pensiero radicale.

Evocato anche da Viale e (a costo di passare per catastrofista) raccomando anche la lettura del romanzo di Cormac McCarthy, La strada (2006, trad. it. Einaudi  2007) e/o la versione cinematografica fatta da John Hillcoat, presentata a Venezia nel 2009, ma che pochi hanno visto in sala.

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