Dopo 50 giorni e 2.208 morti, di cui 2.138 palestinesi e 70 israeliani (67 militari e 3 civili), senza contare i feriti e i danni materiali, è stata stabilita la tregua a tempo indeterminato nello scontro (si fa per dire) tra Israele e la Striscia di Gaza, guidata dall’organizzazione di Hamas.
Un primo commento è quello di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, su la Repubblica di oggi (pp. 1-27), che va a sottolineare che “non si è trattato dell’ennesimo, periodico scontro israelo-palestinese, ma di un atto di una vasta tragedia che sta incendiando Nordafrica, Levante e Medio Oriente, dalla Libia all’Iraq passando per ciò che resta della Siria.”
Poi, dopo aver detto della vittoria ai punti di Hamas e la sconfitta di Israele (mah!), nota lo “smarcamento degli Sati Uniti” di un Obama che “nell’ostentato nichilismo degli ultimi mesi, sembra incapace di scelte davvero strategiche”. Così, anche in questa occasione (1) si sottovaluta o minimizza la questione palestinese, sia in sé che come valore simbolico, anche se si nota che “acquista valore nel nuovo contesto regionale” e (2) non si accenna minimamente ad un possibile ruolo dell’Ue.
Ormai siamo al punto in cui la politica, quella grande e vera, non è pensata da nessuno, non solo da quei ridicoli personaggi che ci governano, ma neanche da quelli pagati per descrivere le pezze lacerate del mondo attuale.