Riproduco integralmente un articolo pubblicato oggi sugli affari ormai consolidati nella sanità regionale veneta. E’ chiaro che il pensiero va anche al nostro benedetto ospedale unico… Il meccanismo (si fa per dire) del Mose pare lo stesso o perlomeno molto simile a quello della sanità pubblica (si fa per dire). Un’altra buona ragione per non fare ora nel Nordest altri, nuovi, unici, comunque ulteriori ospedali.
Il “sistema Venezia” nel campo sanitario
Un business miliardario con nomi noti
Il ramo ospedaliero del Mose
di Sebastiano Canetta e Ernesto Milanesi
Due Mose ogni anno. La Regione gestisce 8,5 miliardi di euro del servizio sanitario nazionale nel bilancio di ordinaria amministrazione. Ospedali, personale, servizi, convenzioni: un «giro d’affari» che ha fatto gola, eccome, alla sussidiarietà bipartisan.
Grandi opere come i nuovi «poli» di cura, ghiotte esternalizzazioni (dai pasti alle pulizie, dalla gestione calore alle manutenzioni), logistica bendata, call-center e parcheggi alle coop su misura, integrazione con Università pubbliche e laboratori privati. Con l’inchiesta della Procura di Venezia affiora anche il filone della sanità non solo con il contratto di «consulenza» pagato dal Consorzio veneto coop a Giancarlo Ruscitti, ex segretario generale della sanità in Regione e poi amministratore di Ihfl Srl.
È il comparto di palazzo Ferro Fini fuori controllo. Prima con il «sistema Galan» e quindi con la dittatura di Domenico Mantoan. Fino al 2010 la sanità veneta era curata da politica & affari con i fedelissimi dg delle sette province, ma almeno era ancora vigilata dal Crite: la commissione regionale per l’investimento in tecnologia ed edilizia riattivata dalla delibera numero 1.455 del 6 giugno 2008. Poi Mantoan colleziona incarichi a raffica: commissario Usl 12, liquidatore dell’Agenzia regionale, commissario dell’Istituto oncologico veneto, membro del CdA dell’Agenas (l’agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali). E soprattutto si «libera» da ogni gabbia: la delibera 18 del 9 gennaio 2013 scioglie l’Arss e insieme azzera le valutazioni tecniche e contabili sulla gestione di ospedali vecchi e nuovi.
Il 19 marzo 2013 il consigliere comunale di Venezia Gianluigi Placella (M5S) scrive a tutte le autorità competenti. Segnala il devastante impatto del project financing del nuovo ospedale all’Angelo in via don Giussani sui conti dell’Usl 12. E si è già rivolto alla Corte dei Conti per il danno erariale. È il business del laboratorio analisi e della diagnostica per immagini, con l’ingegner Piergiorgio Baita della Mantovani prontissimo a rinunciare «per 250–300 milioni cash», forte del contratto che scarica comunque gli oneri complessivi sulle casse pubbliche.
Sempre nel 2013 alla Corte dei Conti arriva anche il dettagliatissimo esposto con tanto di tabelle riassuntive che «radiografa» il nuovo ospedale di Santorso (Vicenza). Altro project da 157 milioni affidato a Summano sanità scarl di Arcugnano nell’area di 184.744 metri quadri di Campo Romano. Un nuovo «polo» al posto delle strutture di Thiene e Schio. Un vero affare per Mantovani, Palladio Finanziaria, Gemmo, CMB di Carpi, Coopservice, Serenissima Ristorazione, Consorzio Cooperative e studio Altieri che provvedono al «pacchetto completo»: dal progetto ai cantieri fino alla gestione di servizi e parcheggi. Contratto blindato per 24 anni. L’investimento privato da 79 milioni è destinato a generare un business di oltre un miliardo. L’Usl 4, invece, si ritrova a pagare nel 2020 una rata di 19.459.556 euro: con un semplice mutuo bancario al tasso del 6% sarebbero soltanto 6.251.440…
La sussidiarietà sanitaria in Veneto funziona a pieno regime. La coop ciellina Giotto ha ottienuto da Adriano Cestrone, dg dell’Azienda ospedaliera di Padova, il call-center delle prenotazioni. Per l’archivio delle cartelle cliniche da digitalizzare sono pronti i capannoni degli ex Magazzini generali, mentre la logistica ospedaliera è nelle mani della Log’s di Parma che certifica di nuovo il legame fra Compagnia delle Opere e Legacoop. E intanto sull’ospedale al mare del Lido di Venezia si consuma l’investimento di Est Capital.
Oggi si capisce molto meglio la trama ordita nel «modello veneto» del Duemila. Lo specchio del Mose si riflette nella sanità anestetizzata con la stessa ricetta.
È di appena quattro mesi fa la vera gara per le assicurazioni di responsabilità civile nelle Usl venete: ha vinto la compagnia americana Willis insieme alla veronese Arena Broker Srl con l’1% di provvigione. In precedenza (e per 15 anni) la super-polizza da 80 milioni all’anno era un’esclusiva di Assidoge di Mirano che sponsorizzava volentieri le «gite» degli amici di Galan al Premio Brioni in Croazia.
Poi c’è il «cartello» che monopolizzava i servizi all’interno degli ospedali del Veneto, come denunciato dall’ingegner Pietro Auletta (amministratore delegato di Dussmann Italia) nella lettera spedita al governatore leghista Luca Zaia appena eletto nel 2010: «In nessun’altra regione italiana si sono consolidate posizioni tanto rilevanti in capo a operatori economici dei settori, siano essi società singole, come accade nella ristorazione ospedaliera, o afferenti al modello societario cooperativistico nella sanificazione sanitaria».
Punta l’indice su Serenissima Ristorazione che vanta il 61% dei pasti ospedalieri (31,7 milioni di fatturato) e sulle coop delle pulizie: Manutencoop, Coop service, Cns, Copma e Minerva che arrivano al 71% degli appalti della sanificazione per 48,5 milioni all’anno.
Il sistema bipartisan di politica & cemento ospedaliero è spianato dagli atti di pubblico dominio. Fin dal progetto dell’Angelo di Mestre, la sussidiarietà rinvia ai «cannibali» del Mose: il project da 254 milioni è affidato ad Astaldi, Gemmo e Mantovani. E nel 2009 c’è il bando del nuovo ospedale della Bassa padovana (142,8 milioni di cui 84 pubblici) con analogo procedimento. Progetto dello studio Altieri con la società Net Engineering: il primo è sinonimo dell’eurodeputata forzista Lia Sartori; l’altra contribuisce alle campagne elettorali del presidente del consiglio regionale Clodovaldo Ruffato e del presidente della Commissione Sanità Leonardo Padrin con 20 mila euro ciascuno. I cantieri in via di ultimazione sono gestiti, invece, dalle imprese Gemmo (orbita Galan), Carron (in contatto con l’assessore Chisso) e Sacaim (salvata dal gruppo friulano Rizzani De Eccher che si accolla 166 milioni di debiti).
Completato nel 2008, il nuovo ospedale di Castelfranco (Treviso) è targato Gruppo Guerrato di Rovigo. Peccato che nel secondo e decimo piano si spalanchino 1.600 metri quadri desolatamente vuoti. In compenso, al piano 12 l’accoglienza è garantita dall’hotel Giorgione della famiglia Fior.
È andata perfino peggio al mega-ospedale miliardario di Padova su cui erano tutti d’accordo: il governatore Galan e il sindaco Pd Flavio Zanonato, i manager sanitari Ruscitti e Cestrone, il rettore Vincenzo Milanesi e il suo successore Giuseppe Zaccaria. Immaginato come «appendice» del Mose da Mazzacurati, aveva mobilitato fiduciari e consulenti in un puzzle ricostruito nei verbali della Procura della Repubblica di Venezia. Già drasticamente ridimensionata dalla giunta Zaia, l’operazione immobiliare e finanziaria di fatto viene ora archiviata con l’elezione del sindaco leghista Massimo Bitonci.
il Manifesto, 25 giugno 2014
Questa voce è stata pubblicata in
Politica e contrassegnata con
Mose,
salute. Contrassegna il
permalink.