Finalmente parliamo di tasse in modo diverso. “La ricchezza deve essere tassata”, dice Thomas Piketty, economista francese. Parla proprio di tasse sul patrimonio, non sul reddito. E considera questa una grande novità. (Riporto il link e l’ultima parte.)
«L’imposta progressiva sul reddito è stata la grande innovazione fiscale del XX secolo. L’imposta progressiva sul capitale potrebbe giocare un ruolo analogo nel XXI secolo. È l’istituzione adeguata a permettere alla democrazia e all’interesse generale di riprendere il controllo degli interessi privati e delle dinamiche non egualitarie all’opera, pur preservando l’apertura economica e le forze della concorrenza, respingendo i rigurgiti nazionalisti, protezionisti e identitari che condurranno solo a frustrazioni ancora più terribili».
«A dire il vero, esistono già un po’ dappertutto imposte annuali sul patrimonio, in particolare quello immobiliare, attraverso tasse fondiarie. Certi paesi, come la Francia e la Svizzera, hanno anche un’imposta progressiva sul patrimonio globale (immobiliare e finanziario), tipo imposta sulla ricchezza. La Spagna ha ristabilito l’imposta sulla ricchezza che Zapatero aveva soppresso. Monti ha introdotto in Italia una nuova imposta sul patrimonio (sfortunatamente con un tasso otto volte più alto sull’immobiliare che sugli attivi finanziari, che ha provocato un fortissimo senso di ingiustizia). Questa questione adesso è dibattuta attivamente in Germania. Tenendo conto degli altissimi livelli di capitalizzazione patrimoniale osservati attualmente in Europa e della stagnazione dei redditi e della produzione, bisognerebbe essere pazzi per rinunciare a una base fiscale simile: questo va al di là della destra e della sinistra».
«Il problema è che imposte simili non possono essere prelevate correttamente a livello strettamente nazionale: bisogna anche passare su scala regionale, continentale, perfino mondiale. Può sembrare utopistico. Ma in un certo senso è in questa direzione che vanno i progetti attualmente in discussione di trasmissione automatica di informazioni bancarie internazionali. Simili accordi permetterebbero a ogni amministrazione nazionale di realizzare un sistema di dichiarazione dei patrimoni precompilata che raccolga tutti gli attivi immobiliari e finanziari di un dato individuo. Per arrivare a questo, bisognerebbe tuttavia applicare sanzioni molto più pesanti di quelle pensate attualmente (compresa la recente legge americana, che è molto più timida di quanto talvolta si senta dire). In questo campo esiste uno scarto a volte abissale tra le dichiarazioni trionfalistiche dei responsabili politici e la realtà di quello che fanno. Soprattutto, questa questione della trasparenza finanziaria è inseparabile dalla riflessione sull’imposta sul capitale. Se non si sa molto bene che cosa si vuole fare di tutte queste informazioni, allora è probabile che questi progetti facciano fatica ad andare a buon fine».
«Piuttosto che continuare a liberalizzare ancora di più gli scambi commerciali proprio quando non sono mai stati così liberi, ecco un obiettivo molto più utile che il futuro trattato euro-americano potrebbe darsi: un’imposta minima sul capitale basata su un vero catasto finanziario mondiale».
© Le Nouvel Observateur (pagina99, 17 febbraio 2014)
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