Noi portogruaresi siamo decisamente dentro alla questione Electrolux. Sappiamo che se si svuotasse un sito industriale che occupa 1.200 persone direttamente e altre 4-5mila indirettamente si produrrebbe un buco nero tale da risucchiare tutta la nostra galassia economica, cioè ben oltre i 30 km che ci separano da Porcia.
La vicenda Electrolux ha avuto un’eco nazionale, ma molte questioni non sono state affrontate dai media, sia per insipienza che per reticenza. In quello che sembra essere un momento di pausa della discussione vorrei partire da un paio di aspetti evocati da due ex manager, protagonisti storici.
Il primo è Aldo Burello. Classe 1935, già nel 1960 era capo della progettazione lavaggio. Dal 1984, con l’arrivo di Electrolux, ha assunto progressivamente un ruolo nella direzione generale. Dal 1990 al 2002, quando è andato in pensione, è stato l’ad della società italiana, oltre che nodo importante dell’organigramma di gruppo. E’ il padre di questo stabilimento di Porcia. Di una sua intervista del 29 gennaio a Il Messaggero Veneto riporto solo il finale:
Porcia si salverà?
«Ho forti timori e mi dispiacerebbe molto perché questa fabbrica è stata una mia creatura. Ma non bisogna darsi per vinti e tentare di tutto per salvarla perché se chiude anche le altre fabbriche, in tempi successivi, chiuderanno. Inoltre, a mio avviso, bisogna resistere per i prossimi 5 anni perché a quel tempo in Polonia ci saranno tanti di quei problemi che Electrolux si pentirà di aver concentrato in quell’area una potenza produttiva di quelle proporzioni».
Nel frattempo?
«Nel frattempo l’Italia deve rivedere il costo del lavoro, della burocrazia, dell’energia… Deve mettere mano ai tanti gap competitivi che oggi penalizzano le imprese».
Se potesse dare un consiglio…
«Pordenone ha un assessore regionale alle Attività produttive che è anche vicepresidente della Regione al quale andrebbe affidato il compito di gestire questa vicenda beneficiando dei contatti che la presidente ha a Roma come a Bruxelles, e poi si faccia squadra con gli altri presidenti di Regione di fronte al Governo che però non so se avrà risorse da mettere in campo per scoraggiare Electrolux dai suoi propositi».
In tutta la discussione, ci sono stati pochi riferimenti ai siti potenziali concorrenti di Porcia. Qui Burello accenna alla Polonia, di cosa si tratta? Credo non sia un riferimento generico, né troppo interno, specifico di Electrolux. Credo si riferisca alla particolare situazione della Polonia come paese agevolato.
Nel quinquennio 2014-2020 l’Ue mette a disposizione 72,9 miliardi di euro (attenzione alla cifra!) per favorire gli investimenti in 14 ZES (Zone Economiche Speciali) della Polonia. Anche se appare favoritissima l’industria automobilistica e quindi tedesca, in una di queste zone c’è lo stabilimento di Oława.
I vantaggi nell’investire in Polonia in questo periodo sono enormi, tali da assorbire nei conti della multinazionale svedese i possibili costi della chiusura di uno stabilimento come Porcia. Le tentazioni dunque ci sono e rimangono tutte. (Certo, per noi italiani è paradossale contribuire al finanziamento Ue per far chiudere le nostre attività industriali. Chissà se chiamano anche questo “vincolo competitivo”.)
Burello, con molto realismo, tocca in fondo un problema della politica industriale, nazionale e locale: bisogna che la politica si dia gli strumenti adatti. Ci torneremo.