Il voto di queste amministrative è destinato a segnare profondamente la politica nazionale di questi mesi. Altro che niente cambierà, come affermato dal premier Monti! Tutto cambierà e velocissimamente, compresa la sua agenda e quella del presidente Napolitano, il più schifato dal voto (ma su questo casomai ci torneremo).
Da un primo incrocio dei numeri si può dire che:
1) La destra berlusconista ha perso ben oltre il 50% dei voti, forse i 2/3, anche se con molte differenze geografiche; comunque del consenso iniziale, 1/3 circa è andato all’astensione, il 10% è andato al terzo polo e ben il 5% a Grillo (!!);
2) La destra leghista ha perso anche di più, ma si maschera col risultato di Verona e tiene in alcuni piccoli centri, soprattutto nel Veneto;
3) Il cosiddetto terzo polo non ne ha giovato come previsto, anzi, probabilmente ha perso il 50% del suo precedente elettorato, recuperandolo poi in parte dai berlusconisti in fuga;
4) Il Pd non ne ha giovato in termini di voti, anzi è diminuito; se ha vinto molte elezioni è solo un fatto relativo, perché non c’è più l’avversario;
5) Sel (alla prima prova elettorale su una certa scala) e Idv non hanno guadagnato niente da tutto il sisma e anche questo è un dato importante;
6) Grillo ha stravinto, con un voto che in capoluoghi come Genova e Parma è il tra il 15 e il 20%.
Insomma, i dati dicono che il voto non è stato pro o contro i partiti che appoggiano Monti, poiché nessuno dell’opposizione parlamentare o extra ne ha fruito. Il voto, rappresentato dal consenso a Grillo, è stato contro l’intero sistema politico.
Ma questo voto non è una novità. Nel giugno del 2011, dieci mesi fa, ben 26 milioni d’italiani, su 27 di voti validi, il triplo di quest’intero potenziale elettorato, ma la maggioranza assoluta degli aventi diritto, hanno dato un voto compatto su tre referendum molto diversi, ma quelli che vengono chiamati “partiti” (forse sono partiti, ma non si sa dove siano diretti) non ne hanno assolutamente tenuto conto, a partire dal Pd. Siamo in presenza di un disorientamento o riorientamento politico, ma che è fondamentalmente sociale, di oltre metà elettorato. Probabilmente, il ceto medio sta cercando qualcuno che li salvi. La situazione è indubbiamente gravida di opportunità, ma anche di rischi.
Lo stesso Grillo non è nato oggi. Si è mosso subito dopo le elezioni del 2008 e ha avuto tutto il tempo per organizzarsi. Uso il nome Grillo e non Movimento 5 Stelle perché il fenomeno non è il movimento, ma proprio il comico. Con tutte le note positive del movimento, come il fatto che ci sono soprattutto giovani e che attira dall’area dell’astensione, in tre anni non sarebbe stato possibile avere un partito “nazionale”, cioè con un’identità e una linea compatta, non senza i mezzi finanziari e televisivi che ha avuto la destra nel 1994 (e dopo). Con l’espediente del capo indiscusso si mettono insieme gruppi locali omogenei, ma la “coerenza” nazionale viene data dal capo, piaccia o no.
Con questo quadro temo che non basterà cambiare nome, a destra come al centro, per attirare consensi, vecchi o nuovi. Il problema ormai è chiaro: la gran parte degli italiani sa di dover cambiare modo di vivere, ma i primi a farlo devono essere coloro che fanno politica, oppure devono farsi da parte. Altrimenti «una risata li seppellirà», come disse Bakunin un po’ di tempo fa.
Parma ai grillini. Nuovi esperimenti destinati a cambiare qualcosa. Almeno le facce.
GRAZIE ADRIANO!
L’analisi puntuale dell’ Istituto Cattaneo conferma le mie approssimazioni e mette in luce anche il dato molto negativo dell’Idv rispetto al 2010. Insomma, una conferma, un voto contro tutti.