Venezia affonda
Riporto l’articolo comparso sul sito di DIEM25 in diretta con l’ultima acqua granda a Venezia.
Venezia simbolo tangibile del cambiamento climatico.
Sono passati 53 anni dall’Acqua Granda che il 4 novembre 1966 ha sommerso Venezia, ma a cambiare è solo la frequenza con cui avvengono questi fenomeni, fino a non troppo tempo fa considerati straordinari e ora sempre più “ordinari” e devastanti.
“Per la sua particolare posizione geografica, in mezzo al mar Mediterraneo, l’Italia è da considerarsi uno hot spot climatico, un luogo cioè dove il cambiamento climatico è più rapido” – come spiega infatti questo articolo di Internazionale – e Venezia ne rappresenta il simbolo più drammatico ed eclatante.
Il climatologo e membro dell’Advisory Panel Diem25 Luca Mercalli lo aveva ampiamente denunciato nella mostra sul cambiamento climatico organizzata l’anno scorso al Museo di Scienze Naturali di Milano: se il livello dell’Adriatico aumentasse di un metro, Venezia e la sua laguna sarebbero sommerse dal mare. Uno scenario più che realistico che si prospetta entro il 2100, viste le attuali emissioni di gas serra.
Ma non si può parlare di cambiamento climatico senza denunciare il sistema che lo produce e le responsabilità, anche individuali, che su Venezia dovrebbe assumersi un’intera classe politica.
#Parlatecidelmose
L’idea «molto grandiosa» di costruire un «muro a archi» alle bocche di porto con «delle porte da alzare e bassare per regolare le acque in caso di bisogno» è datata 1672 a firma di un certo Augustino Martinello che ne aveva proposto il progetto al doge di allora, ma è Gianni De Michelis, denominato “doge” di Venezia e all’epoca vice presidente del Consiglio, che nel 1988 su spinta di Craxi presenterà ufficialmente il progetto del MOSE o Modulo di Sperimentazione Elettromeccanico, naufragato nel 2014 a seguito della corruzione emersa tra i suoi principali protagonisti e sostenitori.
Quali? L’allora premier Berlusconi, l’ex ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio (!) Matteoli (Alleanza Nazionale poi Forza Italia), il presidente del Consorzio Venezia Nuova creato ad hoc per il MOSE Paolo Savona (uomo di fiducia della Lega e candidato a Ministro dell’Economia da Matteo Salvini a maggio 2018), il deputato europeo per Forza Italia nonché due volte candidato sindaco per Venezia Brunetta e, naturalmente, l’ex governatore leghista del Veneto Giancarlo Galan, condannato per corruzione nel 2017 a risarcire 5,8 milioni di euro proprio per l’affare Mose.
Tutti rappresentanti di un governo Berlusconi di chiara matrice leghista, immortalati in scatti ufficiali il 14 maggio 2003 mentre inauguravano l’inizio dei lavori per l’ecomostro. (Si vedano Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano del 19 novembre 2019).
I progetti alternativi al MOSE
Massimo Cacciari, rimpianto sindaco di Venezia dal 1993 al 2000 e poi dal 2005 al 2010, non era certo stato l’unico ad opporsi al progetto MOSE, pur avendone già all’epoca denunciato gli esiti e le enormi criticità: gli assurdi costi di manutenzione (ora calcolati in oltre 80 milioni di euro l’anno), il fatto che l’intero complesso delle opere per la sua salvaguardia e manutenzione fossero affidati al consorzio “Venezia Nuova” in veste di concessionario unico al di fuori di qualsiasi bando di gara e di ogni controllo, ma anche lo scempio che avrebbe causato uno scavo così drastico del fondo lagunare all’interno di un sistema ambientale unico e fragilissimo come quello di Venezia e delle sue isole.
C’erano state le 100 pagine del rapporto finale su Venezia realizzate già nel 2001 dagli esperti del dipartimento di Idraulica, Trasporti e Strade dell’Università La Sapienza di Roma che, insieme ai tecnici del Ministero dell’Ambiente, avevano proposto di restringere l’ampiezza delle 3 bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia per limitare i danni dell’acqua alta, giudicando il MOSE “un’opera irreversibile dalle dimensioni ciclopiche” che avrebbe potuto comportare gravissimi rischi sia sul piano fisico che su quello ambientale.
C’erano stati una serie di incontri specialistici, un volume dedicato e perfino una mostra, promossi nel 2006 dal comune di Venezia per presentare almeno una decina di alternative più in linea con quanto prescritto dalla Legge speciale per Venezia, come ad esempio sistemi flessibili di paratoie a gravità, sbarramenti mobili, apparecchiature removibili e simili combinati con interventi di riequilibrio strutturale dell’ecosistema, con rialzi dei fondali e del terreno su cui poggia la città, con il ripristino della morfologia, il potenziamento dei litorali e restringimenti maggiori delle bocche di porto. Tutte alternative proposte al governo che, come scrive uno dei maggiori esperti di idraulica lagunare, il prof. Luigi D’Alpaos, furono escluse a favore del Mose.
E c’erano i diversi progetti ingegneristici olandesi, quelli cioè di un paese che al 40% è sotto il livello del mare e che con il suo sistema di dighe, polder, opere idrauliche e sbarramenti è riuscito a creare terra dall’acqua, esportando le sue soluzioni in tutto il mondo con un fatturato annuo di 7 miliardi di euro.
MOSE: a volte ritornano
Per il premier Conte arrivato a Venezia la sera del 13 novembre, così come per l’attuale sindaco Brugnaro e i redivivi Silvio Berlusconi e Renato Brunetta che il 14 hanno sfilato per la città in stivali da gomma, completare il Mose è “la priorità”. A loro qualche doverosa domanda:
(a) Volete scavare ancora i canali per far passare le grandi navi e incentivare il turismo di massa, ora calcolato in 30 milioni di visitatori l’anno nel centro storico contro ad esempio i 16 milioni di Barcellona, città di ben altra ampiezza?
(b) Volete procedere con il modello Disneyland, con lo sfruttamento compulsivo di una città unica che muore inghiottita dal turismo usa e getta, senza un progetto che non sia quello di svendere ogni suo bene pubblico, dalle isole agli edifici e palazzi storici, per trasformarlo in resort o in centro commerciale di lusso come è in progetto per l’Ospedale del Lido o come successo con lo storico Fontego dei Tedeschi?
Da Marghera al MOSE, le radici dello sfruttamento di Venezia
Cambia la tipologia di sfruttamento economico ma non cambiano i corsi e ricorsi della storia. Il presidente leghista della Regione Veneto Zaia e il sindaco Brugnaro infatti sono due figure farsesche se paragonate a Vittorio Cini e Giuseppe Volpi, i due “conti neri” a cui si deve l’ideazione di Porto Marghera, il polo industriale che svolge per Venezia il ruolo dell’Ilva per Taranto, o quello del polo petrolchimico per Augusta.
Due ministri del regime fascista divenuti milionari speculando sul lavoro e sulla cosa pubblica in una tragedia nella tragedia che porta al Vajont, della cui diga franata il 9 ottobre 1963 Giuseppe Volpi iniziò la progettazione nel 1926. Della “sua” Marghera, polo industriale edificato nelle casse di colmata lagunari 100 anni fa in faccia alla “Superba” togliendo respiro alle maree e velocizzandone i flussi, Venezia e la laguna pagano oggi le conseguenze e rappresentano gli esiti di un modello capitalistico che dallo sfruttamento di un territorio ambientale a fini industriali si è trasformato in puro sfruttamento turistico ad uso e consumo del qui ed ora, senza progettualità alcuna né rispetto.
Quella che ha colpito Venezia la notte tra il 12 e il 13 novembre e che minaccia nuovi attacchi infatti, non è solo una tragedia dovuta al drammatico cambiamento climatico in corso, ma anche alla drammatica corruzione e inadeguatezza di una classe politica incapace di progettare un futuro che non sia quello proprio e della propria famiglia. Una tragedia che ha il MOSE come il suo simbolo più eclatante.
Cosa possiamo fare
Come DiEM25 Italia, ora che continua la minaccia di nuove alte maree eccezionali, vogliamo segnalare l’iniziativa VENICE CALLS, l’associazione nata per fornire aiuto concreto ai veneziani che in questo momento stanno tentando di ripristinare l’agibilità delle loro case e delle loro attività distrutte dall’acqua.
Al momento sono oltre 500 i giovani volontari dell’associazione che stanno intervenendo nei luoghi dell’emergenza, ma auspichiamo che il loro numero aumenti: basterà contattare il gruppo Venice Calls su Telegram o sul sito venicecalls.com per contribuire in prima persona!
Tutti per Venezia, Venezia per tutti: carpe diem!
Martina Tarozzi (Collettivo Nazionale Diem25 Italia)
con il contributo di
Sandro Lazzaroni (DSC Venezia 1)
Edoardo Scatto (DSC Bologna 3)
15 novembre 2019
Questa voce è stata pubblicata in
Ecologia,
Economia,
Politica e contrassegnata con
clima,
DiEM 25,
Mose,
Venezia. Contrassegna il
permalink.