Cronache degli anni Cinquanta (ma del XXI secolo)

Bruno Arpaia è un intellettuale con un itinerario abbastanza insolito. Nato nel 1957 a Ottaviano, studia e si laurea in scienze politiche all’università di Napoli e resta nell’area facendo il giornalista presso Il Mattino. Alla fine degli anni Ottanta si trasferisce a Milano dove lavora a la Repubblica e comincia a scrivere storie, pubblicando nel 1991 I forestieri, suo primo romanzo. Nel 1994 pubblica Il futuro in punta di piedi, dove anticipa con una certa precisione le vicende della scena politica italiana di un personaggio ancora inesistente, Silvio Berlusconi.

Ormai è lanciato. Lascia il giornalismo da dipendente e si butta sulla scrittura, rimanendo giornalista free-lance. E nel 1997, quando ha quarant’anni, pubblica Tempo perso, un romanzo ambientato nella rivoluzione delle Asturie del 1934. Così comincia anche a mettere a frutto una sua matura risorsa, la conoscenza della lingua e della letteratura spagnola e latinoamericana. Un altro frutto è il romanzo appena successivo, L’angelo della storia, del 1997, in cui ricostruisce con un tecnica che ritroveremo più avanti le ultime ore di Walter Benjamin a Portbou, in fuga dalla Francia alla Spagna a fine settembre 1940. E’ un libro di successo che entra nella selezione Campiello e comincia a far conoscere Arpaia al grande pubblico italiano.

Negli anni che seguono, il primo decennio del Duemila, continua la sua presenza nella traduzione spagnola (Jorge Volpi, Carlos Ruiz Zafon), arrivando nella cura editoriale di prestigio, come i due Meridiani dedicati a Gabriel García Márquez (2004, 2005), e al confronto intellettuale con Luis Sepúlveda (Raccontare, Resistere del 2003) e con Javier Cercas (L’avventura di scrivere romanzi del 2013). Ma mantiene anche l’originale attenzione alla società e politica italiana, con scritture non banali sulla crisi della sinistra (Il passato davanti a noi del 2006 e Per una sinistra reazionaria del 2007).

Ma nel 2011 la sua traiettoria narrativa cambia discretamente e passa attraverso la fisica delle particelle con il romanzo L’energia del vuoto, un thriller che richiedeva una certa competenza scientifica, maturata nel frattempo anche nel confronto con Pietro Greco, con cui pubblica poi La cultura si mangia! (2013). E’ così che arriviamo all’ultima fatica letteraria, Qualcosa, là fuori, un romanzo, anzi una cronaca di cosa succederà nel prossimo mezzo secolo.

La struttura del racconto ripete uno schema già utilizzato in precedenza, dove gli stessi protagonisti vengono seguiti in due storie parallele nei capitoli ma che si congiungono alla fine. E’ un libro che raccomando volentieri ai miei due lettori, sia per l’oggetto che per la forma ed i contenuti specialistici, di cui l’autore fornisce la fonte in un breve poscritto.

In quanto all’oggetto fondamentale, dirò solo che si tratta della cronaca del nostro pianeta e dei suoi disgraziati abitanti dopo l’inesorabile trasformazione dovuta al cambiamento climatico a sua volta dovuto al riscaldamento della Terra. Cioè quella cronaca che l’autore fa cominciare proprio dal 2015 col cosiddetto accordo della Conferenza internazionale sul clima di Parigi.

Buona lettura! (Si fa per dire.)

Questa voce è stata pubblicata in Ecologia, Politica, Società e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Una risposta a Cronache degli anni Cinquanta (ma del XXI secolo)

  1. Adriano Zanon scrive:

    I rifugiati fantasma senza diritto d’asilo: “Salviamo chi fugge dai disastri naturali”
    di Vladimiro Polchi

    Sei milioni di persone fuggono ogni anno dalle proprie case. Sono profughi “fantasma” senza tutele, né protezioni. Li chiamano “rifugiati ambientali”: uomini e donne invisibili alle leggi e alle convenzioni internazionali, vittime di calamità naturali e cambiamenti climatici. Entro il 2050 saranno 200-250 milioni. Peccato che la Convenzione di Ginevra non riconosca loro lo status di rifugiato: così oggi chi scappa dalla guerra può chiedere asilo, chi fugge da fame o sete resta senza diritti.

    I numeri sono impressionanti: secondo il Centre for research on the epidemiology of disasters, negli ultimi 20 anni sono state distrutte da catastrofi climatiche 87 milioni di case. Le migrazioni ambientali sono in gran parte migrazioni interne: solo nel 2015 il numero di sfollati per calamità naturali è stato 19,2 milioni in 113 diversi Paesi. L’ultimo caso è quello della Lousiana: nelle alluvioni del mese scorso sono state distrutte 60mila case. E i senzatetto sono stati più di 7mila.

    (Vedi articolo completo su repubblica.it di oggi.)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *