Il politologo Roberto D’Alimonte è considerato un grande esperto di sistemi elettorali e come tale è finito a fare il consulente nella trattativa tra Pd e Fi, cioè Renzi e Berlusconi. Insomma se non l’ha proprio concepito l’Italicum lo ha comunque benedetto, facendo come Arlecchino il servitore di due padroni. Io credo che non servisse un così grande genio per imbastire due riforme simili, il Senato inutile e una legge elettorale peggiore (!!) del Porcellum. Ma sentite come giustifica il tutto, il servitore, quello che serve realismo a tavola degli italiani.
D’Alimonte: “Serve realismo però vorrei la soglia unica e premio più alto a chi vince”
di Silvio Buzzanca
Il consulente di Renzi sull’Italicum: “Il premio dà 321 seggi. Per governare con margine sicuro ce ne vogliono 340”
ROMA. Professore D’Alimonte, lei come esperto di sistemi elettorale e consulente di Renzi sull’Italicum cosa pensa delle riforme?
“Sono un sostenitore sia del nuovo Senato che dell’Italicum perché sono realista. Ci sono cose che potrebbero essere migliorate, ma se fossi in Parlamento li voterei perché preferisco riforme imperfette a nessuna riforma. Sul Senato poi si è trovato un equilibrio, anche sui poteri. Soprattutto dopo l’opera di revisione fatta dalla Finocchiaro e Calderoli”.
Adesso si riparla di sistema di elezione francese.
“Ci sono molti modelli possibili. Ma adesso sarebbe sbagliato ripartire da zero”.
Nonostante il realismo, lei però ritica le soglie dell’Italicum.
“Oggi ci sono le liste singole e le liste “sposate”. I singoli hanno uno sbarramento all’8 per cento, gli sposati al 4,5. Hanno uno sconto perché si alleano e nascono le “liste scontate”, un’invenzione tutta italiana. A me piacerebbe invece una soglia unica del 4 o 5 per cento per tutti come vogliono Vendola, Alfano e Salvini”.
Ma i patti Pd-Fi dicono di no.
“Non sono d’accordo con Verdini e Renzi. Il premier però, ed ero presente, ha dovuto accettare queste soglie nell’ambito di un compromesso. Ma se non si possono cambiare, pazienza”.
Perché non si possono cambiare?
“Perché le vuole Berlusconi e sono le sue condizioni per l’accordo. Le soglie “scontate” gli servono per riportare all’ovile dissidenti e frammenti. Lo vedete Alfano che supera l’8 per cento? E vuole utilizzare le liste bloccate per tenere in pugno il suo partito, scegliere lui i candidati”.
Questo vale anche per Renzi…
“È vero. Ma a lui interessano di più il ballottaggio e il doppio turno, avere un vincitore la sera del voto. Il suo realismo lo ha portato ad un compromesso con Berlusconi per raggiungere l’obiettivo. Io comunque in Parlamento voterei anche liste bloccate e soglie scontate. Ma come cittadino e studioso ritengo che siano altre le criticità”.
Tipo?
“Ho delle riserve sul possibile voto di preferenza. Nella Prima Repubblica ha fatto molti danni e oggi i lombardi quasi non lo usano, mentre il 90 per cento di campani, calabresi, pugliesi, sì. Bisogna chiedersi il perché. Allora volete il voto di preferenza? Ce lo possiamo anche mettere. Però se restano le liste bloccate non mi scandalizzo”.
Lei pensa a qualche correttivo?
“In Toscana vogliono tenere insieme le preferenze e listino bloccato, lasciando ai partiti su cosa puntare. Inoltre ci sono le liste flessibili. Cioè liste bloccate dove viene eletto il candidato piazzato primo in lista. Ma se il secondo raccoglie una quota X di preferenze, magari il 30% dei voti del partito, passa lui e non il primo in lista. Poi si potrebbe pensare che i capilista siano eletti automaticamente e gli altri posti se li giocano gli altri con le preferenze”.
E le altre criticità?
“Una è quella della parità di genere che si potrebbe risolvere con l’alternanza in lista. Le donne magari non saranno d’accordo, ma un compromesso si potrebbe trovare”.
E poi?
“Bisogna portare la soglia di sbarramento per il ballottaggio al 40%. Ma al vincente non basta dare il 52% dei seggi, pari a 321. Bisognerebbe arrivare al 55%, cioè 340 seggi”.
Lei crede al “rischio autoritario”?
“Queste chiacchiere sono delle cavolate. Il solo nesso fra Italicum e Senato è che i partiti minori per dire sì al monocameralismo vogliono una soglia unica fra il 4 e il 5 per cento”.
Si dice: le due riforme alterano gli equilibri costituzionali.
“Giusto, ma questo rischio c’era anche con il Mattarellum: poteva produrre una distorsione fra voti e seggi molto maggiore del Porcellum. Perché certi costituzionalisti non fecero allora le loro critiche? Io, politologo, dicevo, e vale anche oggi, che bisognava modificare la soglia per l’elezione del presidente della Repubblica”.
(la Repubblica, 28 luglio 2014)