Chi segue la cronaca politica italiana pensando di capirci molto vede il tentativo del presidente Napolitano di uscire dallo stallo con la convergenza di Pd e Pdl, preparata dai cosiddetti dieci saggi in azione. Io credo che dopo il voto, con tutto il suo contenuto, il problema non sia solo quale governo, ma soprattutto con quale programma.
Certamente non si tratta solo di agire sulla legge elettorale e sui costi della politica, ma di iniziare finalmente un altro percorso della vita civile ed economica nazionale, partendo dal diritto fondamentale previsto dalla Costituzione, il diritto al lavoro. E sembra invece che il problema su cui ruota tutto sia lo spread, cioè il debito pubblico. In questo senso Monti sarebbe ancora lì perché è il miglior garante possibile dei cosiddetti mercati.
Ma non è così. Quello del debito non è più un problema risolvibile. E il nuovo governo, qualunque sia, dovrà affrontare questo mostro guardandolo negli occhi. E guardando negli occhi i cosiddetti partner europei, anzi dell’Eurozona.
Su questo mi pare molto chiaro Tonino Perna su il manifesto di oggi (il grassetto è mio):
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Al di là di ogni immaginazione, il governo Monti che ha perso nettamente le elezioni e la fiducia della stragrande maggioranza degli italiani, continua a restare al suo posto, anche grazie al Grillo parlante e ai dieci saggi silenti. Ma, attenzione: per uscire dal commissariamento non basta avere un nuovo governo. Bisogna avere un governo che sia capace di portare il nostro paese fuori dalla stretta della troika. Un governo che sappia fare politica ad alto livello, tessendo alleanze con gli altri paesi della Ue strozzati dal fiscal compact, negoziando a Bruxelles una ristrutturazione chiara e netta del debito pubblico.
Questo debito è impagabile per l’Italia, la Grecia, la Spagna, Cipro, il Portogallo, la Francia e altri paesi dell’Eurozona. Il mito della ripresa, della crescita che sta arrivando, è diventato una barzelletta: ogni sei mesi mister Draghi ci spiega che è rimandata ai prossimi sei mesi o anno. È così che andiamo avanti da cinque anni. Questa situazione non è più sostenibile. Né basta pensare, come sostengono gli economisti neokeynesiani, che bisogna far ripartire la spesa pubblica per far risalire il Pil e ridurre, per questa via, il rapporto col debito. Ci vorrebbero decenni e una diversa divisione internazionale del lavoro. Sul piano economico e finanziario, il nostro ruolo, come italiani ed europei, si è drasticamente ed irreversibilmente ridotto su scala mondiale. Le ricette del passato non funzionano più.
C’è una sola cosa che dobbiamo prendere dalla storia e dal pensiero economico: la ciclicità del debito pubblico e privato. Come diceva Adam Smith: «Una volta che i debiti sono stati accumulati fino a un certo livello, credo che non ci sia un solo esempio in cui essi siano stati regolarmente e completamente pagati».