“C’è troppa fretta di liquidare la Lega. Come si trattasse di una storia finita. (…) È in difficoltà. Ma chi pensa di affidare ai Magistrati il compito di “sconfiggerla” politicamente si illude.” Così comincia e finisce l’articolo di Ilvo Diamanti su la Repubblica del 16 aprile. Ma perché tanta sicumera? Secondo Diamanti, perché:
“a) È radicata sul territorio (…). b) Dispone di una base elettorale fedele di notevole entità. (…) Disposti a negare la realtà pur di non contraddire la propria “fede”. Proprio come in questa fase. c) La Lega, oggi, costituisce il principale antagonista del governo Monti, in Parlamento. Inevitabile che sfrutti la propria rendita di (op)posizione. (…) d) Il clima d’opinione generale è intriso di sfiducia verso i partiti. Pervaso da un diffuso sentimento antipolitico. E la Lega ne è, paradossalmente, artefice e beneficiaria. Alimenta la sfiducia politica attraverso i suoi comportamenti e, al tempo stesso, rischia di avvantaggiarsene. e) D’altronde, nessuno tra i partiti maggiori ha beneficiato del calo della Lega. Gli elettori leghisti in “uscita” si sono parcheggiati nell’area grigia del “non voto” e dell’indecisione.”
Ma queste risposte in realtà non spiegano niente. Anzi rimandano ad altre domande: a) Perché è radicata sul territorio? c) Perché i suoi elettori gli son tanto fedeli? d) Perché gli stessi ne accettano le ambiguità? e) Perché non voterebbero nessun altro?
Fortunatamente, nello stesso giornale c’è la sintesi, citata dallo stesso Diamanti, di un libro-inchiesta, Lega e Padania. Storie e luoghi delle camicie verdi di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto (il Mulino, 2012). Qui si viene a sapere che le camicie verdi, cioè gli iscritti, “sono perlopiù (75%) uomini, giovani (il 39% ha meno di 40 anni), diplomati (60%), ma anche laureati (20%), lavoratori autonomi (37%).” Prima della Lega distribuivano il voto “in modo equilibrato tra Dc, Psi, partiti laici (Pli, Psdi, Pri)”, ma il 9% votava Msi e “solo” il 3% il Pci. Insomma, “tutti i dati della ricerca sono concordi: eletti, iscritti ed elettori della Lega posizionano se stessi e il partito all’estrema destra dell’arco politico.”
Inoltre, “quasi la metà ha ricoperto incarichi da consigliere comunale o provinciale, assessore o sindaco”. La loro è quindi “una militanza attiva”, con il 40% che “partecipa regolarmente alle manifestazioni elettorali e alle feste di partito” ed il 77% che “legge un quotidiano tutti i giorni”. Un dato significativo è anche questo: hanno fiducia nelle istituzioni (partiti, parlamento, presidente della Repubblica – solo il 55% non ha fiducia dei partiti, sotto la media nazionale, peraltro non riportata ma intuibile); però “mostrano ostilità verso banche, magistrati e sindacati”.
Infine, la ricerca individua quattro tipologie di militanti: i qualunquisti sono al 19% (“federalismo e pagare meno tasse”), i conformisti al 26% ( “si collocano a destra, temono l’immigrazione, ma sono radicali più per conformismo che per convinzione”), i conservatori al 26% (“per lo più operai”, sono “meno a destra”, “attenti ai temi sociali e del lavoro”), gli estremisti al 29% (“con un forte tratto autoritario, si collocano sul versante della destra più estrema”).
Dunque, riassumiamo il riassunto: i leghisti sono soprattutto maschi, giovani, lavoratori autonomi, politicamente attivi e dichiaratamente di destra. Mi direte: embé? Sai che novità? E’ vero, anche per me è solo qualcosa d’antico. Vediamo domani.