Ho scelto il mio doppio voto, Rivoluzione Civile alla Camera e Sel al Senato, sulla base dei programmi. Non vedo quale altro criterio usare, se non si utilizza quello più in voga dell’empatia verso i protagonisti, leader o candidati. Infatti, pur citandolo come richiamo nel titolo non dò particolare importanza al ruolo di Antonio Ingroia. Se sarà un buon uomo politico lo vedremo nel tempo, non certo da questa prima esperienza.
Su Sel mi sono già espresso. Come altri gruppi, con queste elezioni sta per passare su un sentiero decisivo, anche per le sorti degli italiani, non solo per le sue. La strategia di Vendola, tutta incentrata sull’alleanza con il Pd, sta per avere la sua verifica storica.
Su Rivoluzione Civile ho già accennato ieri come le liste siano state il frutto di una logica meschina che andrebbe elettoralmente punita. Per evitare genericità, vi invito a leggere questo intervento di Guido Viale, un intellettuale troppo lucido per non essere vero. E mi fermo qua.
Di fatto, la migliore caratteristica di Rc è un programma tra i più avanzati che si possano leggere e questo programma ha una premessa non banale, direi fondamentale, che esercita su di me una sorta di richiamo istintivo:
Vogliamo realizzare una rivoluzione civile per attuare i principi di uguaglianza, libertà e democrazia della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza.
Già, la Costituzione della Repubblica Italiana. Cosa sono stati questi ultimi vent’anni, dopo la vicenda di Tangentopoli, se non il tentativo sempre più organizzato e determinato di svuotare questa legge fondamentale per il paese? Con l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione da parte della maggioranza del governo Monti (Pdl, Udc e Pd) si è fatta una violenza inaudita alla libertà della politica economica nazionale e alla politica nazionale tout court. E tutte le ultime cosiddette manovre economiche sono andate nel senso opposto ai principi fondamentali della Costituzione. Si tratta semplicemente di riattivarli.
Di questo programma mi piace mettere in luce alcuni punti semplici ma tali da implicare vere svolte culturali e sociali:
Accanto al Pil deve nascere un indicatore che misuri il benessere sociale e ambientale.
Siamo per una cultura che riconosca le differenze.
Vogliamo introdurre un reddito minimo per le disoccupate e i disoccupati.
Va fermato il consumo del territorio, tutelando il paesaggio.
Vanno creati posti di lavoro attraverso un piano per il risparmio energetico.
Vogliamo (…) istituire una patrimoniale sulle grandi ricchezze.
Vogliamo portare l’obbligo scolastico a 18 anni.
Così, ingoiati i rospi delle liste, mi rimane la speranza di cambiare qualcosa in una direzione ostinata e contraria a quella dell’ultimo ventennio.