Sabato 29 ottobre a Cassinetta di Lugagnano, un comune poco sotto Milano, si è tenuto il forum “Salviamo il paesaggio“, incontro che può segnare una data storica nelle politiche amministrative dei comuni italiani.
Riporto dal Corriere della Sera online:
Alla fine il «Messia», come qualche oppositore politico ha pensato bene di soprannominare il sindaco di Cassinetta di Lugagnano, Domenico Finiguerra, ce l’ha fatta e ha messo d’accordo tutti. Lasciati sfogare in mattinata gli animi degli oppositori più accesi all’Expo, i partecipanti al forum «Salviamo il paesaggio» arrivati da tutta Italia sabato 29 ottobre si sono seduti a scrivere il progetto di legge di iniziativa popolare a tutela del suolo e del paesaggio, che si prefigge di bissare il risultato ottenuto dai comitati referendari per l’acqua pubblica. Un progetto che, innanzi tutto, promuove un censimento a tappeto di ogni edificio e capannone vuoto presente nel Paese e una moratoria dei piani regolatori.
La crociata contro la cementificazione selvaggia passa da qui. E la raccolta di firme (50 mila) è già cominciata. Finiguerra da un palco singolare, ricavato nel parco pubblico, perché i partecipanti alla convention avevano superato ogni aspettativa e lo spazio comunale non era in grado di ospitarli, ha lanciato un messaggio politico: «Chiediamo ai partiti e alla politica di assumersi le loro responsabilità. Bersani si levi dalla testa di arrivare agli ultimi 100 metri per raccogliere i frutti della maratona del lavoro degli altri, come ha fatto per l’acqua. Bisogna scegliere. Non si può andare al mattino al convegno di Slow Food e al pomeriggio a quello di Confindustria a parlare di grandi opere. Questo è il territorio che l’Expo 2015 lo vive sulla propria pelle e sarebbe una vera rivoluzione avere almeno una parte di Expo a cemento zero».
Chi non conoscesse Domenico Finiguerra può cogliere da questo video di YouTube, un Report della scorsa primavera, l’essenza della sua posizione politica.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=0b6FUeEzVkE[/youtube]
Allego un articolo di oggi da la Repubblica online.
Il “tradimento” del mattone non è più un bene rifugio investimenti e prezzi in calo
di Adriano Bonafede
E poi dicono che la storia si ripete. La verità è che qui, a memoria d’uomo, non s’era mai visto nulla del genere. Il mattone, l’investimento preferito dagli italiani, quello che in teoria non dovrebbe tradire mai, è entrato in coma. I dati della crisi sono impietosi: rispetto a prima del 2008 c’è un meno 33 per cento di compravendite, un meno 40 per cento di nuova produzione, un meno 21 per cento sui prezzi (media nazionale). La novità è che non stiamo parlando di interventi pubblici in infrastrutture che, si sa, in questi ultimi anni, sono andati scemando per i noti problemi di bilancio. No, qui stiamo parlando perlopiù degli investimenti dei privati e in particolare delle famiglie. Si è improvvisamente spezzato il “cerchio magico” che ha sempre foraggiato quest’attività economica: il desiderio di cambiare casa per una più bella o di comprarsene una appena formata una nuova famiglia o anche solo per investimento, tanto poi ci avrebbe pensato il semplice scorrere del tempo a dare una bella remunerazione sotto forma di capital gain.
Già, l’investimento. «Non c’è dubbio – dice Lorenzo Bellicini, direttore del Cresme, uno dei più accreditati istituti di ricerca nell’edilizia, che ha presentato la settimana scorsa a Milano il voluminoso Rapporto annuale – finora la casa è stata vista come un bene d’investimento. Anzi, il miglior bene d’investimento visto che tra il 1995 e il 2010 il mattone ha reso più dell’oro. E’ stato un mercato di all winners (tutti vincitori). Ma ora sono improvvisamente cambiate le coordinate. Primo, è entrata in crisi la domanda di sostituzione: il 60 per cento del boom immobiliare dei primi anni di questo secolo è stato composto da persone che vendevano per ricomprare. Secondo, l’equazione all winers, ovvero basta comprare qualcosa e attendere, non funziona più, come si è visto dal recente andamento del mercato che ha premiato le case di qualità e penalizzato – con discese molto maggiori dei prezzi quelle senza qualità, lontane non solo da aree centrali e di prestigio, ma mal servite e costruite in contesti senza appeal. Terzo, in questo momento la gente preferisce tenersi liquida, al massimo può spendere per rimettere a posto la casa che ha già».
Nell’impressionante calo degli investimenti in abitazioni, che sono tornati nel 2011 a livello del 2000, cancellando tutto il boom e la bolla immobiliare, colpisce la tenuta della “manutenzione straordinaria”, unica voce – secondo i dati dell’Ance, l’Associazione dei costruttori edili a non essere calata nel quadriennio 20082011, contro il meno 35,5 per cento delle nuove abitazioni e il meno 23,2 del non residenziale.
Se ci si pensa bene, la cosa più strana in questa situazione è che – in mezzo alla crisi dei mercati azionari e poi anche dei classici titoli di Stato – nessuno (o comunque pochi, tanto da non essere in grado di invertire un trend discendente) ha finora pensato di buttarsi sul classico mattone. Neppure la casa, in questo impazzimento dei mercati, è sembrata un porto sicuro. Sono gli stessi dati elaborati ai primi di novembre dalla ricerca congiunturale della Banca d’Italia a dimostrare che il 40 per cento degli acquirenti ritiene che i prezzi nel prossimo futuro dovrebbero scendere. Perché dunque farlo adesso? Meglio attendere. Una specie di deflazione del mattone.
Ma quella che è venuta a mancare è soprattutto la domanda di abitazioni per necessità. «I dati – dice Roberto Anedda, vicepresidente e direttore marketing di Mutuionline, uno dei principali siti di confronto e di acquisti di prestiticasa registrano una caduta dei finanziamenti, che secondo nostre elaborazioni sulla base dei dati Bankitalia, a fine anno dovrebbe attestarsi intorno al 10 per cento. Si potrebbe pensare che siano le famiglie a rallentare volutamente gli acquisti, ma la realtà è più complessa. Intanto le banche si sono fatte più guardinghe perché hanno problemi di liquidità e tendono a concedere i mutui con il bilancino sia alle imprese che alle famiglie. Ma c’è anche un problema di costo del mutuo: la gente è disorientata, legge che i tassi ufficiali sono scesi ed è vero, ma le banche alzano invece il costo del prestito con uno spread più alto: oggi si arriva al 2,50 per cento contro l’1,301,40 del giugno scorso. Insomma, troppe incertezze sul costo del mutuo, sulla tenuta dell’euro, sul debito pubblico. Dico la verità: una congiunzione astrale così negativa non si era mai vista».
In altri tempi, di fronte a situazioni simili, erano i bassi tassi a offrire una possibilità di recupero al mattone. Ora i bassi tassi in teoria ci sarebbero ma, per colpa dei problemi del debito pubblico, nella realtà si sono rialzati rispetto anche solo a qualche mese fa, quando ancora si trovava un mutuo a tasso fisso intorno al 4 laddove oggi si arriva facilmente oltre il 55,50 per cento.
Il crollo dell’edilizia abitativa colpisce al cuore un sistema economico – quello delle costruzioni che, nel suo complesso, vale circa l’11 per cento del prodotto interno lordo. «E più della metà – dice Antonio Gennari, direttore dell’ufficio studi dell’Ance – è prodotto dalla sola edilizia abitativa. L’apporto alla crescita economica complessiva da parte di questo settore è stato importantissimo: tra il 1997 e il 2007 gli investimenti sono cresciuti del 24 per cento, contro un aumento del pil del solo 13 per cento. Il settore delle costruzioni ha davvero trainato il pil. Adesso, però, questa spinta è venuta meno. Al forte calo degli investimenti pubblici sulle grandi opere infrastrutturali che dura già da qualche anno si è aggiunto adesso il crollo degli investimenti privati sull’edilizia».
Un qualche intervento pubblico sembra ora necessario, sia per rilanciare i grandi lavori sia per spingere l’edilizia abitativa. Con i giganteschi problemi di debito sovrano che ha l’Italia non sarà facile trovare dei soldi, però è anche vero che l’Unione europea (e il buon senso) ci dicono che solo un rilancio della crescita economica potrà far uscire il paese dalla spirale negativa. E in tutti i libri di economia si mostrano gli effetti benefici di una ripresa dell’edilizia: per attivare “calce e mazzuola” bastano pochi soldi mentre si trainano molti altri settori, dal cemento ai materiali per l’edilizia e ai trasporti. «Tra effetti diretti, indiretti e indotto – dice Gennari – si è calcolato che 1 miliardo investito nell’edilizia ne attiva circa 3,34».
La “spinta” pubblica non deve necessariamente comportare una spesa a fondo perduto, ma può anche basarsi su interventi “intelligenti” che alla lunga si ripagano da sé. «Esemplare è il caso del recupero edilizio – dice Gennari . Se ancora gli italiani investono in questo settore, l’unico con segno positivo, è indubitabile che ciò sia dovuto anche all’apporto della detrazione fiscale del 36 per cento, che comunque lo Stato si ripaga interamente. Altri interventi di questo tipo sono possibili. Ad esempio in Francia hanno introdotto i mutui a tasso zero per le giovani coppie mentre è stato favorito fiscalmente il puro investimento con l’obbligo però di dare in affitto l’abitazione a canone concordato per nove anni. Sembra poco, eppure tra il maggio del 2010 e il febbraio del 2011 in Francia è aumentato del 21,8 per cento il numero dei permessi di costruzione e del 16 quello delle le operazioni cantierate».
Allego uno studio di ottobre della Banca d’Italia sul mercato delle abitazioni in Italia.
Usare il proprio territorio come un bancomat da parte dei comuni, oltre che essere disastroso sotto il profilo ambientale, si sta rivelando un pessimo investimento delle proprie finanze.
Non sarebbe ora di cambiare prospettiva?