Questi sono i giorni più lunghi dell’estate, quindi dell’anno. E le temperature stanno crescendo, in tutti i sensi.
Dal punto di vista politico, anche per la batosta dei referendum, abbiamo un governo allo sbando totale, senza una politica reale, senza un piano per risollevare le sorti del lavoro e dell’ambiente, incapace di garantire nuove prospettive materiali e spirituali al paese. Ma in verità abbiamo un’intera classe politica, quella che ha ricevuto segnali fortissimi anche poco prima, con le elezioni a sindaco di Pisapia a Milano e di De Magistris a Napoli, due personaggi votati perché poco, o comunque i meno, ‘politici’, che si trastulla con riformette di facciata (come quella fiscale) o corporative (come quella sulle intercettazioni) o ridicoli segnali per la riduzione dei costi della politica (come la proposta del Pd di togliere i vitalizi dei parlamentari, ma solo per il futuro siderale). Crisi di governo e crisi dell’opposizione, insieme. Gran paese il nostro.
Così un problema grosso e pesante come un macigno, pregno di presente e di futuro, quello della Tav in Val di Susa, non è neanche oggetto di discussione tra le forze parlamentari, tutto è in mano al coraggio, all’iniziativa, all’organizzazione della gente, delle forze locali.
Ci sono tante ragioni per dire no alla Tav, un sito ne elenca 150. A noi ne basta una: quando c’è uno scontro frontale tra un’intera popolazione e le istituzioni centrali bisogna fermarsi e discutere, non usare la forza dell’esercito per imporre la decisione presa. Neanche se questa forza è comandata da un ministro leghista, un presunto campione di federalismo ed autonomia dei popoli.