Cinque anni fa, alla vigilia delle elezioni del 2013, il mio appello riportava un’osservazione di ALBA, il soggetto politico nuovo che sarebbe fallito poco dopo, a due anni dalla nascita:
Al centro di questa campagna elettorale non ci sono affatto le grandi crisi che stiamo vivendo: la crisi economica, la crisi del lavoro, la crisi ambientale, la crisi della democrazia, la crisi della cultura e del sistema formativo, la crisi dell’Europa e la crisi dei partiti e delle classi dirigenti italiane. E infine quella delle sinistre. Un nuovo pensiero politico, un progetto politico nuovo devono invece cimentarsi con questo scenario, perché i temi del rinnovamento della politica e di una risposta altra ad una crisi di sistema sono sempre più all’ordine del giorno.
Da allora cos’è cambiato? Rispetto alle questioni di fondo, le crisi elencate, direi niente. Mancava allora la crisi dell’immigrazione, che a ben vedere è una conseguenza della successiva miseria della politica, nazionale e internazionale. E’ infatti su questa nuova rotatoria che girano quelle promesse ed azioni che hanno spostato con naturalezza lo scontro sul terreno più vitale alle destre, vecchie o riciclate.
Certo, è cambiato in peggio anche il mondo politico esterno, in Europa come in America, ma in Italia in cinque anni di governi centrati sul Pd e con alleati di destra, gli interventi legislativi, le cosiddette riforme, sono stati portati avanti senza l’opposizione di un’adeguata forza parlamentare di sinistra e senza una reazione degna della società civile, dai sindacati ai gruppi ambientalisti in testa. Così l’inerzia della fine della precedente legislatura, il governo Monti, è rimasta senza attriti. Un’inerzia che potrebbe risultare fatale per un altro ventennio nazionale.
Un’inerzia che ha stabilizzato il M5S al 25-30%. Un’entità politica frutto di un esperimento possibile solo nella società unidimensionale, quindi senza una cultura storica e senza una prassi critica e democratica interna, capace oggi di orientamenti random su tutte le questioni strategiche.
Un’inerzia che ha permesso la ricostruzione di una coalizione di destra che – con il 35-40% dei sondaggi recenti – si candida a rigovernare dopo i disastri provocati nella legislatura 2008-2013. E questo anche grazie ad una legge elettorale attentamente concordata col Pd per scegliere e controllare con cura i parlamentari eletti.
Un’inerzia che ha alimentato il protagonismo di ben due formazioni neofasciste, una bigotta ed una materialista (roba da non crederci), capaci di tornar utili in qualche modo, almeno fuori, se non proprio in parlamento.
In questi cinque anni si è tentato di cancellare la storia e l’idea stessa della sinistra italiana. Questo è successo. Oggi nessuno parla più di alleanze o compromessi a sinistra o di centro-sinistra, neanche tra laici e cattolici, tra progressisti ed ambientalisti, tra riformisti e radicali di sinistra. Niente più Ulivo, figurarsi Arcobaleno, superati da vocazioni maggioritarie e da personalissime ingegnerie elettoralistiche dell’ultimo momento (che portano anche al fallimento emblematico di un politico esperto come Pisapia).
Però ora a sinistra non siamo all’anno zero, ma almeno all’anno -2. E’ chiaro infatti che per affrontare da sinistra un’elezione nazionale ci volevano almeno 18-24 mesi di analisi, discussioni, rotture e sintesi. Non c’è stato nessun tempo a disposizione, fondamentalmente perchè dopo l’approvazione del Jobs Act (novembre 2014) e l’uscita di Civati dal Pd (maggio 2015) la sinistra interna la Pd si è trastullata per due anni sperando nella caduta di qualche meteorite su Renzi. Ma neanche la sconfitta al referendum costituzionale (dicembre 2016) ha cambiato l’inerzia. E la responsabilità di questa abulìa resterà scritta nella storia politica di questo nostro paese.
Eppure adesso a sinistra c’è una chiara novità. Si è formata una lista, Liberi e Uguali, che poggia su tre forze esistenti, Possibile di Giuseppe Civati, Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni, Art.1-Mdp (Articolo1 Movimento Democratico Progressista) di Roberto Speranza e tante altre figure di intellettuali e della società civile, tra cui Anna Falcone. Lo speaker di questa campagna elettorale è Pietro Grasso, presidente del Senato uscente, uno che non teme certo di metterci la faccia. E lo fanno anche alcuni già segretari dei partiti post Pci come Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani. E coi nomi mi fermo, non è detto che sia produttivo elencarne troppi.
La parte più interessante è infatti il progetto che ha una premessa chiara:
Il progetto di Liberi e Uguali nasce per restituire speranza nella democrazia a milioni di cittadine e cittadini che oggi non si sentono più rappresentati da nessuno e che hanno bisogno di un cambiamento concreto nell’interesse dei molti che hanno poco e non dei pochi che hanno troppo.
Per me, il testo completo riflette l’antico approccio economicista, del tutto obsoleto. C’è infatti sempre l’orizzonte progressista – tradotto nella famigerata crescita – e la manovra keynesiana, ma in assenza di un’adeguata analisi della finanza globale. E non si dà lo spazio necessario al nodo dell’Unione Europea. Probabilmente dentro c’è più prudenza che slancio, in un momento in cui servono passione, lucidità e concretezza inauditi. Ma c’è anche un buon, anzi ottimo, fondamento.
Nel progetto di Liberi e Uguali è espresso chiaramente il ruolo del principio eguaglianza. In questi ultimi dieci anni è la prima prima volta che nella politica italiana questo principio è la base di una forza politica che può avere un ruolo importante, con consensi non marginali, per non dire fallimentari come negli ultimi tentativi (Arcobaleno nel 2008, Rivoluzione Civile nel 2013).
E io credo che su questa base sia possibile avere un buon risultato elettorale, per riprendere il discorso già il 5 marzo, per cominciare a cambiare veramente lo stato di cose esistente. Siamo all’inizio di un cambiamento possibile, non certo automatico. Andiamo quindi a votare.
Io voto e chiedo di votare Liberi e Uguali. Buon 4 marzo a tutti noi!
(Questo invito al voto è mio personale e ovviamente non impegna la lista della Città Futura.)