Non è facile leggere – e tantomeno vedere in tv – cosa sta veramente accadendo a quei poveri disgraziati che ancor pensano e tentano di attraversare il Mediterraneo, ma qualcuno che descrive e qualcuno che riflette ancora c’è.
Tra i primi segnalo e invito a seguire in questi giorni il reportage di Domenico Quirico su La Stampa, iniziato con gli articoli del 12 agosto con “A Tripoli con i migranti respinti dall’Europa fra torture, umiliazione e fame” e oggi, Ferragosto, con “Libia, nella roccaforte degli scafisti dove inizia l’inferno dei migranti“. Mentre tra i commenti riproduco ancora l’articolo odierno di Guido Viale publicato dal manifesto.
Buon Ferragosto!
Bisognerebbe chiedersi perché il Governo della Libia – o quello che viene spacciato per tale – è così pronto a riprendersi, anche con azioni di forza, quei profughi che tutti i Governi degli altri Stati, sia in Europa che in Africa, cercano di allontanare in ogni modo dai propri confini.
La verità è che a volerli riprendere non è quel Governo, ma sono le due o tre Guardie costiere libiche che fanno finta di obbedirgli, ma che in realtà lo controllano; e a cui l’Italia sta dando appoggio con dovizia di mezzi militari. Ormai si sa che quelle Guardie costiere sono in mano a clan e tribù coinvolte nella tratta dei profughi e nel business degli scafisti. E che una volta a terra profughe e profughi riportati in Libia saranno imprigionati e violate di nuovo e torturati per estorcere un riscatto alle loro famiglie; oppure venduti ad altri scafisti che faranno loro le stesse cose; fino a che non li imbarcheranno di nuovo, non prima di aver fatto pagar loro, per la seconda volta, il passaggio. Per farlo meglio hanno riattivato una zona Sar fantasma, proibendo alle Ong di entrarvi. Quello che Minniti cercava e non era riuscito a fare con il suo codice di condotta. Un business così, legittimato da un Governo straniero, dall’Unione europea e dall’Onu, nessun criminale al mondo se l’era finora sognato…
Dunque è il ministro Minniti, e non le Ong, ad aver fatto accordi con i veri scafisti, invece di cercare di impegnare il Governo italiano, con tutte le sue carte residue, in un vero confronto con il resto dell’Unione europea per mettere al centro un programma condiviso di accoglienza (di cui, a questo punto, solo un movimento di massa di respiro europeo potrà farsi carico). E’ una grande presa in giro degli italiani ed è un crudele abbandono di migliaia e migliaia di persone in balia di veri e propri carnefici – di cui la magistratura non sembra volersi accorgere – in vista, perché di questo si tratta, delle prossime elezioni. Ma il prezzo è molto alto per tutti: della presenza di Minniti in questo governo, ma anche del suo passaggio su questa Terra, resterà per decenni non la sua effimera e cinica popolarità attuale, ma il suo sostanzioso contributo alla disumanizzazione della società. Ma che cosa rende possibile una politica simile?
Non si è riflettuto abbastanza sul rapporto tra umanità e socialità e tra perdita dell’una e perdita dell’altra. Ma quel rapporto è sotto i nostri occhi. Mentre imperversano denigrazione e criminalizzazione delle Ong impegnate a salvare decine di migliaia di profughi altrimenti condannati a una morte orrenda, martedì 8 a Bologna sono stati sgomberati con violenza due centri sociali con alle spalle straordinarie pratiche di supporto alla vita sociale dei rispettivi quartieri: attività culturali autogestite, nido per i bambini, scuole di italiano, feste di quartiere, orto urbano, mercatino, accoglienza dei profughi in forme civili e solidali che li hanno fatti accettare e apprezzare da tutto il vicinato, mensa popolare, impegno politico, responsabilità amministrative, ecc.
Quegli sgomberi sono i più recenti episodi, ma non saranno gli ultimi, di una campagna di desertificazione culturale e sociale perseguita con pervicacia da partiti, magistratura, polizia, amministrazioni locali e speculazione edilizia, con cui in tante città si stanno chiudendo decine e decine di punti di ritrovo – cinema, teatri, palestre, ricoveri, mense, centri artistici, laboratori e altro – animati da giovani e meno giovani impegnati a dare corpo alle basi della convivenza: che è incontro, confronto, solidarietà, impegno, sicurezza, autonomia personale conquistata attraverso attività condivise: una scintilla di vita nell’oceano dell’omologazione imposta da consumismo, carrierismo, competizione, pubblicità e media di regime; ma anche, e soprattutto, da precarietà, sfruttamento, insicurezza, disperazione e solitudine. Quegli sgomberi vengono tutti effettuati in nome della «legalità»: cioè della proprietà privata; anche quando, come nel caso del Labas di Bologna, ma non è il solo, la proprietà è sì privata, ma il proprietario è pubblico; e vuole far cassa con la speculazione su edifici occupati da chi ne ha fatto uno strumento di lotta contro il degrado di città e quartieri.
Quella desertificazione sociale e culturale è portata avanti da quasi tutte le forze politiche; i 5 Stelle non hanno esitato nemmeno a cacciare dalla sua sede storica il Forum dell’acqua che tanto aveva concorso al loro immeritato successo. Allo stesso modo vengono avvolti nel silenzio, e poi denigrati, tanti movimenti che si formano spontaneamente. Il messaggio è chiaro: riunirsi ed esprimersi in autonomia è un crimine: si fa di tutto per impedirlo. Ma una città senza socialità trasforma gli uomini in cose e i suoi abitanti perdono capacità e voglia di mettersi nei panni degli altri, che è la base della solidarietà.
E’ in questo brodo di coltura che matura quel trionfo dell’inumano di cui solo ora, di fronte alla persecuzione delle Ong che salvano i naufraghi, qualcuno – persino Repubblica e una parte dei 5stelle – comincia ad accorgersi. È tre anni e più che tutti i teleschermi e le prime pagine dei giornali sono occupate giorno e notte in modo spudorato dalle infamie razziste di un Salvini e dei suoi sodali a 5 stelle. Per una ragione precisa: far passare Matteo Renzi come l’unico baluardo contro il dilagare delle destre. E ora se ne vedono i risultati, con Renzi completamente risucchiato da Salvini e da quel «aiutiamoli a casa loro» che vuol solo dire «facciamoli morire lontano da qui». Una strada peraltro percorsa da quasi tutte le maggioranze di governo europee (e anche da molte delle loro opposizioni) che sta facendoci precipitare in una notte nera che l’Europa ha già conosciuto e che l’Europa unita avrebbe dovuto evitare che si ripetesse. Per questo va rifondata alle radici: con un nuovo «manifesto di Ventotene» che metta al centro accoglienza e solidarietà, ma soprattutto socialità.
(il manifesto, 15 agosto 2017)
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Guido Viale mi pare l’unico che mantiene uno sguardo diverso sul tema della migrazione. A molti sembrerà un alieno, ma a me sembra invece l’unico che tiene insieme la cosiddetta “tenuta democratica” e la necessità di cambiare la politica europea, cioè la politica tout court. (Pubblico qui sotto il suo articolo odierno.)
Io temo la «democrazia» di Marco Minniti
di Guido Viale
Immigrazione. «Aiutiamoli (a crepare) a casa loro»: perfetta unità sulla questione profughi e migranti delle tre forze che si contendono il controllo politico del paese, Pd, destra e 5stelle
Condivido i timori del ministro Minniti per «la tenuta democratica del paese»; è ora di prenderne atto. Solo che a creare questa drammatica situazione hanno contribuito in modo sostanziale lo stesso ministro, la sua politica, il suo partito e il governo di cui fa parte.
La tenuta democratica del paese, già messa in forse da un parlamento di nominati, eletto con una legge incostituzionale, che ha legiferato illegalmente per quattro anni, mettendo le mani anche sulla Costituzione, è ormai al tracollo. Perché sulla questione profughi e migranti, su cui si decide il futuro dell’Italia, dell’Europa e del poco che ancora resta della democrazia, le tre forze che si contenderanno il controllo politico del paese – la destra, i 5stelle e il Pd – hanno raggiunto una perfetta unità: «aiutiamoli (a crepare) a casa loro»; respingiamoli a ogni costo. Non c’è scelta. Poco importa se le destre lo proclamano con slogan razzisti e anche fascisti che i 5stelle ripetono da pappagalli mentre il Pd fa, ma sempre meno, ipocrita professione di spirito umanitario. In vista delle elezioni, e senza guardare oltre, Minniti vuole dimostrare che quello che destre e 5stelle propongono lui sa realizzarlo. E in parte ci riesce, incurante della catastrofe che sta contribuendo a mettere in moto.
Fermare gli sbarchi pagando e rivestendo con una divisa scafisti e trafficanti – fino a ieri indicati come “il nemico”, in combutta con le Ong – perché blocchino in mare, riportino a terra o imprigionino nel deserto profughi e migranti non è buona politica. Sappiamo che cosa fanno di quegli esseri umani intrappolati in Libia o ai suoi confini meridionali: le violentano, li fanno schiavi, li affamano, li imprigionano in condizioni igieniche inimmaginabili, li uccidono, li torturano per estorcere ai loro parenti altro denaro, li trattengono in veri Lager – pagati con fondi europei – e prima o dopo li imbarcheranno di nuovo verso l’Europa. O minacceranno di farlo come faceva Gheddafi, o come farà dopo le elezioni tedesche anche Erdogan, per strappare all’Unione europea altro denaro e nuove legittimazioni: a Erdogan ormai viene permesso tutto. Così, dall’Ucraina in mano a una milizia nazista, ai «moderati» che combattono Assad in nome della jihad, dai janjaweed che fermano in Sudan i profughi eritrei alla guardia costiera e ai «sindaci» libici incaricati di bloccare i flussi verso il Mediterraneo, l’Europa si circonda, armandole fino ai denti, di milizie usate come ascari, ma che non conosce, non controlla, e che sono sicura garanzia del mantenimento di un perpetuo stato di guerra in tutte le regioni ai suoi confini, aumentandone degrado e la produzione di nuovi profughi.
Non c’è argine a questa deriva. Le forze politiche italiane, come i governi dell’Unione europea e i partiti che li sostengono, Syriza compresa, hanno rotto la diga della solidarietà, lasciando campo libero a una ferocia covata a lungo sottotraccia, che ora riemerge come razzismo che si sente legittimato dalle politiche dei governi. A queste politiche non c’è per ora alternativa. A contrastarle ci sono solo le migliaia e migliaia di iniziative impegnate in tutta Europa nell’accoglienza, i milioni di individui che ne condividono lo spirito, le moltissime associazioni che cercano di mantener viva la solidarietà. Ma non sono unite da un programma comune e non è chiaro, al di là degli sforzi per non sopprimere in sé e negli altri uno spirito di umanità, che cosa si possa fare contro questa offensiva.
Ma la risposta non può più attendere. Invece di puntare lo sguardo su profughi e migranti, spaventare e spaventarsi per il loro numero – molti meno dei «migranti economici» che diversi paesi europei, Italia compresa, avevano accolto o regolarizzato ogni anno prima del 2008; e soprattutto meno delle nuove leve di cittadini e cittadine che verranno a mancare tra la popolazione europea di qui in poi – bisogna guardare a chi da quegli arrivi si sente minacciato. Se profughi e migranti sono considerati dai governi un peso e non una risorsa da valorizzare non c’è da stupirsi se molti passano alle vie di fatto per liberarsene con le spicce. E se casa e lavoro decenti (e scuola, e assistenza sanitaria, e pensione) sono un miraggio per un numero crescente di europei, la presenza – e non solo l’arrivo – di poche o tante persone tenute in inattività forzata, spesso in cattività, ed esibite come un carico inaccettabile a chi gli abita accanto non può che moltiplicare e acuire quell’ostilità di cui governi nazionali e locali sono i primi a far mostra. Non c’è argine agli arrivi o imposizione di rimpatri che possa invertire questa situazione.
Ma le case per tutti ci sono, solo che sono in gran parte vuote. Il lavoro per tutti, cittadini, profughi e migranti, c’è: è quello necessario alla riconversione energetica a cui tutti i governi si sono impegnati a Parigi e a cui nessuno ha ancora messo mano. Il denaro per finanziarla c’è: Draghi continua a tirare fuori dal cappello centinaia di miliardi che finiscono in tasca alle banche.
Quello che manca è la politica per mettere insieme queste tre cose. Invece ci si è rivolti all’Europa per farle condividere una militarizzazione di stampo coloniale di confini sempre più ampi e lontani. Ma il «piano Marshall» da esigere, e rispetto a cui mobilitare non tanto governi e partiti, quanto la vera opposizione sociale ai programmi di contenimento e di respingimento, è un grande investimento, capillare e articolato, sulla riconversione ecologica.
Non siamo né finiremo «sommersi». Molti dei profughi arrivati negli ultimi anni – e sicuramente quelli provenienti da zone di guerra o di conflitto armato – torneranno nei loro paesi se e appena sarà possibile. E se altri ne arriveranno, quello che occorre sono politiche di sostegno alle loro esigenze immediate – a partire dai corridoi di ingresso – e di promozione della loro capacità di organizzarsi: per progettare, anche grazie ai legami che hanno con le loro comunità di origine, delle alternative pratiche alla rapina dei loro territori e ai conflitti che li hanno costretti a fuggire.
È con loro che vanno fatti i progetti di cooperazione e anche i negoziati per restaurare la pace, dando spazio a queste forze e tenendo il più possibile lontani dai loro paesi multinazionali e mercanti di armi. Invece di deportazioni mascherate da rimpatri con cui i governi europei cercano di tacitare quel rancore degli elettori che essi stessi alimentano si innesterebbe così una libera circolazione delle persone da e verso i loro paesi di origine; a beneficio di tutti.
(il manifesto, 5 settembre 2017)
Ieri non avevo ancora letto l’ultimo numero de L’Espresso, che da un po’ viene distribuito domenicalmente con la Repubblica. Senza evidenziarlo troppo in copertina ha dedicato il suo Ingrandimento alla questione mediterranea con:
– l’editoriale del direttore Tommaso Cerno dal titolo già indicativo: “Ragion di Stato e valori migranti della sinistra in stato di choc”;
– un altro commento di Roberto Saviano, chiaro già dal titolo: “J’accuse. Se non difende migranti e Ong la sinistra perde l’anima”;
– una riflessione del filosofo Roberto Esposito sulla differenza tra legge e Giustizia: (“Nel nome della Giustizia. Msf lavora sugli interstizi della legge seguendo valori più alti”);
– un altro commento di Fabrizio Gatti, quello che è salito ripetutamente su questi traghetti per testimoniare direttamente, su “Chi e perché vuole fermare i volontari”;
– infine, ma è il più interessante, anche se ancora non scaricabile, l’articolo di Francesca Mannocchi, “Se questi sono uomini. L’intreccio criminale tra trafficanti e guardie libiche”, dove questa giornalista freelance molto presente su questa frontiera descrive molto bene l’intreccio tra affari e politica libica su cui si basa la politica di Marco Minniti, il ministro degli Interni italiano protagonista di questo triste Ferragosto. Qui c’è anche un’indicazione del collegamento delle attuali vicende con la presenza Eni in Libia. Un tema da verificare e riprendere appena possibile.