La bicicletta e la vita secondo Nibali e Chaves (e Illich)

 Ansa

Nibali nell’attacco decisivo a Chaves e Valverde durante la tappa Guillestre (F) – Sant’Anna di Vinadio del 28 maggio 2016

Vincenzo Nibali ha vinto il 99° Giro d’Italia, ma non è stata proprio una passeggiata, anzi. Dopo due settimane di corsa aveva palesato una strana situazione psicofisica che lo vedeva attaccare per poi soccombere all’avversario di turno, prima l’olandese Steven Kruijswijk, poi il colombiano Esteban Chaves. Così, alla vigilia della 19a tappa, la Pinerolo – Risoul (F), era staccato di quasi cinque minuti dall’olandese in maglia rosa.

Poi è successo un po’ di tutto. Il coraggio, la determinazione, l’aiuto della squadra e soprattutto di Michele Scarponi, un grande gregario di quasi 38 anni, la fortuna. Già anche la fortuna, perché contro questa non si vince. E non penso tanto alla spettacolare caduta in discesa di Kruijwijk in maglia rosa, imputabile anche ad imperizia, quanto alle condizioni di salute del giovane colombiano Chaves che sul traguardo della penultima tappa tossiva ripetutamente. Però alla domanda del cronista televisivo sul fatto che fosse sotto antibiotici da giorni, questo giovane filosofo della bicicletta, cioè della vita, ripeteva che tutto era dovuto al semplice fatto che “Oggi io e Vincenzo abbiamo dato spettacolo. Nibali è stato più forte, io non avevo la gamba: è la vita. Ci sono cose più importanti di una corsa: i miei genitori sono qui per la prima volta in Europa a vedermi. Questa è la vita, la vera vita” – e sorrideva.

E io ne approfitto per ricordare che in bicicletta è bello andarci, il Giro è bellissimo da vedere in tv, ma – magari fuori stagione – sulla bicicletta si può anche leggere. (Non ‘in’ bicicletta, ma sulla bicicletta come oggetto letterario e filosofico.) Così indico alcuni libri più o meno recenti (non è un elenco completo, solo un mio elenco).
Augé M., Il bello della bicicletta [2008], Bollati Boringhieri, Torino 2009.
Bernardi W., La filosofia della bicicletta. Socrate, Pantani e altre fughe, Ediciclo, Portogruaro 2013.
Fottorino É., Piccolo elogio della bicicletta [2007], Excelsior 1881, Milano 2009.
Leblay J., Il tao della bicicletta. Piccole meditazioni ciclopediche [2010], Ediciclo, Portogruaro 2012.
Marthaler C., Lo zen e l’arte di andare in bicicletta [2004], Ediciclo, Portogruaro 2010.
Marthaler C., L’insostenibile leggerezza della bicicletta, Ediciclo, Portogruaro 2012.
Pauletto G., Amati giri ciclici. Pensieri emozioni e piccole storie in bicicletta, Ediciclo, Portogruaro 20062.
Pauletto G., Il ciclista impenitente. Divagazioni a ruota libera di un passista felice, Ediciclo, Portogruaro 2011.
Rigatti E., Minima pedalia.Viaggi quotidiani su due ruote e manuale di diserzione automobilistica, Ediciclo, Portogruaro 2004.
Tronchet D., Piccolo trattato di ciclosofia. Il mondo visto dal sellino [2007], Il Saggiatore, Milano 2009.
Senza dimenticare il più importante, che non è un libretto di ciclosofia ma un piccolo ma denso trattato di filosofia politica):
Illich I., Elogio della bicicletta [1973], Bollati Boringhieri, Torino 2006 – dove si scrive che:

“Un paese si può definire sottoattrezzato quando non è in grado di dotare ogni cittadino d’una bicicletta o di fornire come supplemento un cambio a cinque velocità a chi voglia trasportare gente pedalando. E’ sottoattrezzato se non può offrire buone strade ciclabili oppure un servizio pubblico gratuito di trasporto motorizzato (ma alla velocità delle biciclette!) per chi intende viaggiare per più di poche ore consecutive. Non esiste alcuna ragione tecnica, economica o ecologica perché in qualsiasi luogo si debba oggi tollerare una simile arretratezza.
Un paese si può considerare sovraindustrializzato  quando la sua vita sociale è dominata dall’industria del trasporto, che determina i privilegi di classe, accentua la penuria di tempo e lega sempre più strettamente la popolazione ai binari ch’essa le traccia. 
” (p. 64)
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