Ferdinando Camon oggi su La Stampa scrive “La legge della disperazione” di cui riporto alcune righe.
Ora sappiamo la «verità» sull’immigrazione. Credevamo di saperla anche prima, ma era una bugia.
Finora la verità erano le migliaia di immigrati che s’accumulavano a Lampedusa, tanti da superare gli abitanti dell’isola, il loro bisogno di tutto («sono miserabili»), le loro pretese («sono intrattabili»)(…).
Quella non era la verità, era un’apparenza. Perché faceva credere a noi e a tutta l’Europa che arrivasse un’umanità pericolosa e non integrabile, una minaccia per il decoro del nostro benessere. Scattava l’istinto di tenerli alla larga. Era l’istinto di conservazione, tanto più forte quanto più alto è il benessere da conservare. Questa strage di circa duecento uomini, donne e bambini, annegati in un crudele gioco di su e giù sulle onde di tre metri, ci butta in faccia una verità brutale (…). Ora sappiamo che non scappano da una vita misera. Scappano dalla morte, e attraversano la morte pur di scappare.
(…) L’Italia e l’Europa ci mettono tutta la forza delle leggi e dei trattati per impedirgli di venire qui. Ma loro ci mettono la forza della disperazione per venire. Lo scontro è fra queste due forze. Ora lo sappiamo.
Grazie Camon, per aver illuminato anche me. Anch’io infatti pensavo, dalle informazioni che si ricevono e dai commenti di autorevoli pensatori o ministri, che quelli chiamati migranti fossero solo degli stronzi ed irresponsabili, gente che non ha un cazzo di meglio da fare che rischiare la vita per rompere le palle a noi, che abbiamo ben altri problemi da risolvere.
(Scusi il linguaggio, ma l’occasione è quella giusta.)