Martedì sera ho assistito per due ore al Consiglio comunale. La seduta era di quelle ‘storiche’, poiché si trattava di discutere sulla Tav, una questione strategica, destinata a determinare la vita delle prossime generazioni della comunità locale. Ma c’era un pubblico ridotto, una dozzina di persone, Gianfranco Battiston dietro la sua piccola camera e il solo Lucio Leonardelli seduto negli spazi previsti per la stampa. Sono rimasto fino alle ventitrè, quando fu chiesta e concessa un’interruzione di cinque minuti per verificare le condizioni di una possibile convergenza sulle mozioni (almeno così ho capito io). Non vedendo particolari contatti me ne sono andato.
In realtà tutta la prima parte del consiglio è stata una cosa poco seria. Anzi, l’ho definita una situazione “desolante” con un sms mandato a breve distanza e mi riferivo all’atteggiamento di una parte dell’opposizione.
Ci sono momenti in cui anche l’ottuso e il vanesio, il più ambiguo e perfino il fascista, si mettono ad ascoltare per capire cosa dicono gli altri e poi trasmettono la propria posizione con chiarezza, con serietà, con la solennità necessaria all’occasione, anche e soprattutto per distinguersi. Così non è stato.
Mi rifiuto di entrare in un’analisi più approfondita e mi tengo tutta la mia desolazione, un sentimento che temo anticipi lo stato futuro di questo nostro territorio, ma – come ho già scritto su questo blog – quando io spero di non esserci più.
Noi non molleremo mai.