La Tav/Tac vista da veri esperti
In questi mesi abbiamo avuto modo di parlare, ospitare ed assistere ad interventi di alcuni fra i maggiori esperti a livello nazionale e internazionale a proposito della Tav che interessa il nostro territorio. Diciamo subito e senza incertezze che emerge un parere pressoché unanime e inequivocabile: il progetto presentato da Italferr, oltre che fortemente impattante, appare incomprensibile dal punto di vista degli obiettivi che vuole raggiungere e molto distante dal rispondere alle vere esigenze del territorio.
Per comprendere questa affermazione occorre partire dalla considerazione che Edoardo Salzano, già professore di urbanistica del Dipartimento di pianificazione dello Iuav di Venezia, fa a proposito del Corridoio V all’interno del quale si inserisce l’opera: i corridoi europei non devono servire a trasportare velocemente persone o merci da un capo all’altro, per esempio da Barcellona a Kiev (servizi per i quali non c’è una reale domanda) bensì a realizzare «connessioni facili, comode, economiche, rispettose dell’ambiente, tra i vari territori nazionali». In altre parole devono essere l’occasione per costruire un sistema di trasporti multimodale che dipende dalle relazioni economiche presenti nei diversi territori e che richiede risposte specifiche e diversificate. Per questo è insensato pianificare il trasporto stradale, ferroviario, fluviale, portuale e aeroportuale in maniera separata e non coordinata.
Ferrovia attuale, autostrada e progetto preliminare della Tav a Nordest
Punto di partenza imprescindibile ma spesso trascurato è quindi l’analisi dei problemi territoriali e la loro priorità: i gravi problemi oggi sono quelli che riguardano servizi adeguati per i pendolari, i trasporti ferroviari di breve-media percorrenza (ovvero i trasporti regionali) e la necessità di decongestionare la strada dal traffico merci. Per quanto riguarda il nostro territorio significa avere un buon servizio ferroviario regionale che permetta di raggiungere rapidamente e frequentemente Venezia o Trieste (mete principali del pendolarismo di lavoratori, studenti e turisti) e di spostare parte del traffico merci dall’autostrada alla ferrovia.
Lo spiega molto bene Franco Migliorini, già Direttore Pianificazione Regionale Trasporti della Regione Veneto e Coordinatore del Piano dei trasporti della stessa Regione, in un’intervista alla Nuova Venezia: «certo c’è l’esigenza di arrivare da Trieste a Milano in un tempo decente che consenta il viaggio in giornata. Ma, come dimostrano studi seri effettuati sui bacini di traffico, e pubblicati sul sito www.ferrovieanordest, per quanto riguarda la tratta da Trieste a Venezia l’utenza è spaccata a metà tra due sub tratte regionali che si uniscono sul Tagliamento. Insomma pochi, ad oggi, percorrono l’intera tratta, tanto che l’amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, ha detto più volte che per un treno no stop su questa tratta dovrebbe essere contemplato un contributo delle regioni, fino a raggiungere il break even»; ovvero un treno veloce sarebbe in netta perdita economica per carenza di domanda. Insomma il progetto Tav non risponde minimamente a questa esigenza del trasporto passeggeri, che dovrebbe essere risolta dal sistema metropolitano regionale. Per quanto riguarda i passeggeri, il treno veloce sembra rivolgersi ad una domanda di servizio che semplicemente non esiste.
E per quanto riguarda le merci, che il progetto dice di voler sottrarre alla strada anche per raggiungere obiettivi di carattere ambientale? Per fare questo non occorre una nuova linea ferroviaria. Maria Rosa Vittadini, professoressa associata di Tecnica e pianificazione urbanistica presso la Facoltà di Architettura dello Iuav e già Direttore Generale del Servizio Valutazione dell’impatto Ambientale (VIA) del Ministero dell’ambiente, in un’intervista radiofonica al programma Radio Scienza di Radio 3, sottolinea che l’attuale linea ferroviaria non risulta satura e che oltretutto sta perdendo quote di traffico; lo conferma lo stesso Migliorini: «tra Mestre e Trieste in teoria non c’è congestione né per i passeggeri né per le merci: c’è spazio per mettere almeno altre 20 o 30 coppie di treni.» La Vittadini prosegue spiegando come sia dimostrato che quando c’è una linea ferroviaria che perde traffico, farne un’altra in affiancamento è assolutamente inutile, perché le due linee si ruberanno semplicemente quote di traffico a vicenda.
Questi problemi, secondo Salzano, vengono però ignorati a favore delle grandi opere, molto costose e che fanno girare molti soldi. La spinta alla base di tutto ciò è il meccanismo di trasformazione del territorio da agricolo in costruito e quindi fonte di reddito, reddito privato. A discapito della qualità della vita, dell’ambiente, dell’economia e della democrazia (con il continuo ricorso al commissariamento e ad atti di imperio). Su questo concorda anche il professor Marco Ponti, Docente di Economia dei Trasporti al Politecnico di Milano e già consulente della Banca Mondiale, Ministero dei Trasporti e del Tesoro e Ferrovie dello Stato, che abbiamo ospitato il 4 Dicembre scorso ad un convegno in Villa Comunale dal titolo emblematico: Portogruaro. Camera con vista sul Corridoio V. Secondo Ponti si tratta semplicemente di una «scusa europea (ci sono ormai 20 corridoi) per dire che tutto è essenziale e finanziabile. Oltretutto le merci non sono interessante alla velocità. In Francia e Spagna la rete AV non consente nemmeno il transito di treni merci. In più treni merci AV nemmeno esistono.»
Per trasferire traffico dalla gomma alla ferrovia occorrono piuttosto politiche di pedaggi e tariffazione dei transiti (in Europa lo si fa già in Austria, Germania, Svizzera, Repubblica Ceca e Slovacchia, in base alle distanze percorse e alla classe di efficienza ambientale del mezzo), regolazione e controlli puntuali sul rispetto delle regole per le attività di trasporto, diminuzione delle prestazioni del vantaggio competitivo dell’autotrasporto (ad esempio non facendo continuamente nuove strade). A ciò, aggiunge Ponti, si devono affiancare investimenti in tecnologie e soprattutto una regolamentazione che permetta l’entrata di nuovi operatori nel settore del trasporto ferroviario, ovvero una maggiore liberalizzazione.
Come se tutto ciò non bastasse, c’è anche il problema del metodo utilizzato per portare avanti questo tipo di progetti. Oltre che inutili, risultano poco democratici e basati su criteri non chiari e poco razionali. Ancora la Vittadini sottolinea alcuni aspetti drammaticamente superficiali del progetto: non sono determinati né i costi dell’opera né gli effetti e i benefici che avrà, al di là di generici annunciati. La Valutazione d’Impatto Ambientale viene fatta solo sul progetto preliminare, quindi non può che cogliere alcuni aspetti di carattere generale, ignorando molti degli impatti a livello locale. Un problema non irrilevante poi è che il progetto viene presentato da un’azienda che progetta ferrovie. Insomma, per dirla alla Ponti, un metodo stile «lavagna da Bruno Vespa, fatta per compiacere gli interessi costituiti e l’immaginazione popolare.» Del resto la pochezza dei numeri giustifica questa approssimazione e superficialità: nel progetto si stima che la nuova linea porterà la misera cifra di 24 treni al giorno passeggeri nel lontano 2050, a fronte di una capacità potenziale di 220.
Migliorini aggiunge un ulteriore elemento: «la Slovenia ha già dichiarato che non poserà mai binari nuovi, al massimo ristrutturerà la vecchia ferrovia, quella ereditata da Francesco Giuseppe, in modo che i treni possano percorrerla fino a 160 chilometri orari, ma non più. Insomma noi spenderemmo 6 miliardi di euro, che non abbiamo, con un nuovo tracciato tutto da definire, per fare correre dei treni a 240 all’ora, fino a Trieste senza troppi passeggeri e poi farli proseguire, oltre frontiera, a 160 all’ora».
Esiste una soluzione alternativa a questo progetto che sembra semplicemente ridicolo? Sì, ed è lo stesso Migliorini, forse il maggior conoscitore del sistema trasportistico veneto, ad indicarla: «con questi chiari di luna delle finanze pubbliche di tutti i Paesi sarebbe meglio cercare di battere soluzioni ragionevoli, anziché inseguire quelle irrealizzabili: provare a vedere se tra due tracciati, uno costoso e l’altro improbabile, è possibile una terza soluzione che consenta tra Mestre e Trieste di ristrutturare la rete esistente in modo da andare più veloci, facendo sì che tra Milano e Trieste si arrivi all’interno di tre ore di viaggio.»
Una soluzione che noi riteniamo l’unica veramente sostenibile dal punto di vista economico, ambientale e sociale.
Fonti
Questo articolo è stato scritto dall’autore basandosi sul seguente materiale:
– Edoarzo Salzano: “Conversazione con Edoardo Salzano”, reperibile all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=gtHydfv7UkQ;
– Maria Rosa Vittadini: intervento al convegno “La TAV a Quarto d’Altino. Un’opportunità per chi?”, video 3/5 e seguenti reperibili all’indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=6zxzPbvDIlw; intervista radiofonica al programma Radio Scienza di Radio 3, reperibile all’indirizzo http://piemonte.indymedia.org/article/7215;
– Marco Ponti: estratti del suo intervento al convegno de La Città Futura “Portogruaro: camera con vista sul Corridoio V”, 4 dicembre 2010, Sala del Caminetto, Villa Comunale di Portogruaro;
– Franco Migliorini: intervista a la Nuova Venezia del 5 gennaio 2011 dal titolo “La terza via: ristrutturare l’attuale rete”.