Diario elettorale: Martedì 16 giugno 2015 (+2)
16 giugno 2015Caro diario,
è finito anche il secondo turno elettorale, il ballottaggio tra il primo ed il secondo arrivato, ovvero Marco Terenzi della coalizione di centrosinistra e Maria Teresa Senatore, già candidata sindaco del gruppo con quattro liste dove primeggiava la Lega Nord, ma diventata in seguito agli apparentamenti leader di una batteria di ben undici liste. Ebbene, questa accozzaglia, perché obiettivamente è difficile chiamarla coalizione, un’espressione con un significato chiaro nella lingua italiana, ebbene questa cosa qui ha vinto e in maniera chiara. Non possiamo quindi disconoscere la loro gioia ed emozione, dopo tante delusioni e sconfitte. Mentre per noi, per me, è stato come quella volta che sono caduto di brutto e mi sono rotto la clavicola.
Fu un intoppo pensai, era l’11 marzo 1951, alla Milano-Torino. Ricordano che sorridevo anche quando mi operarono. Ma non fu proprio così. Era piuttosto il segnale che sarebbe stato un brutto anno. In bicicletta, come nella vita di tutti e quindi anche in politica, le disgrazie non vengono una tantum. Bisogna saper leggere i segnali deboli e prepararsi al peggio.
Intanto quell’intoppo non mi fece entrare in forma per il Giro, dove arrivai quarto, fuori podio. Ricordo che vinse Fiorenzo, davanti a Rik e a Ferdi. Ma poi, quello fu per me un anno semplicemente tragico, da dimenticare. Il 29 giugno, al Giro del Piemonte, mio fratello Serse infilò la ruota nelle rotaie del tram di Corso Casale, a Torino, forse a due chilometri dal traguardo. Aveva preso una grande botta in testa, ma non sembrava nulla di grave, invece in albergo entrò in coma e non si svegliò più. Il mio fratello, 28 anni, mio gregario, morto in bicicletta. Nei giorni, nelle settimane, nei mesi seguenti, credevo di morire anch’io. Anzi lo speravo.
Decisi di partecipare al Tour proprio per non pensare a niente. Pedalavo però con la testa piena di nuvole, come in cielo. Vinse senza problemi Hugo con 22 minuti su Raphaël. Gino arrivò quarto, anche lui fuori podio, ma difese con Fiorenzo, settimo, la dignità della squadra italiana. Lo fece bene anche Serafino Biagioni, che vinse ben due tappe e indossò la maglia gialla per un giorno. Io invece arrivai decimo, a quasi 50′, una vergogna. Ma ebbi anch’io uno sprazzo d’orgoglio, vincendo bene la tappa alpina Gap-Briançon. Poi finii l’anno come l’avevo cominciato. Ma poi venne l’inverno, quello che serve ad un corridore per resettare tutto e ripartire. Venne il 1952, e fu forse il mio anno migliore, con la seconda doppietta Giro-Tour.
Così ti saluto, caro diario, invitando i miei amici della Bicicletta a fare qualcosa di simile. Hanno perso di brutto? Continuino a pedalare come sanno fare e hanno sempre fatto. Mentre pedalano pensino a tutto ciò che è successo, agli errori, ai problemi esterni, perché si può cadere per sottovalutazione di un percorso ma anche per caso, per fatalità, perché le cose stanno andando in un modo che non dipendono solo da noi. Però non scendano mai dalla bicicletta, cioè dalla dura gara. Mantenendo le gambe sempre pronte, usino la testa per fare esperienza degli errori. Il loro 1952 arriverà, forse prima di quanto sperino loro stessi.