Un PAT per vivere bene consumando meno
20 agosto 2011Il nuovo Piano Regolatore Generale Comunale (PRGC), ora Piano di Assetto del Territorio (PAT), che il Comune di Portogruaro sarà chiamato a discutere, spero fra non molto, deciderà , in base al Documento Preliminare adottato dal Comune con delibera del 23/07/2008, il futuro di Portogruaro.
Partendo dall’art. 9 della nostra Costituzione, che dice di salvaguardare il territorio e il paesaggio, mi permetto di fare alcune considerazioni su un aspetto fondamentale: il sistema insediativo (cioè abitare in un territorio) e il consumo di ulteriore territorio per nuovi insediamenti.
Il documento preliminare a pag. 29, in riferimento al sistema insediativo riporta:
“Per quanto riguarda gli insediamenti del capoluogo e delle frazioni, il PAT si prefigge di:
a. promuovere il miglioramento della funzionalità e della qualità della vita al loro interno;
b. assicurare il diritto all’abitare perseguendo la mixité funzionale e l’integrazione sociale nelle zone residenziali;
c. programmare contenuti sviluppi residenziali, circoscrivendoli ad interventi di completamento e di ricucitura degli insediamenti esistenti ed ubicandoli preferenzialmente nelle frazioni allo scopo di rafforzare la loro dimensione demografica e creare condizioni più favorevoli alla qualificazione del loro assetto urbanistico;
d. orientare la produzione edilizia verso principi di sostenibilità e di risparmio energetico.â€
Gli obiettivi sopra indicati (qualità della vita, diritto di abitare, limitazione dell’edificare) devono essere giustamente perseguiti in maniera sostenibile.
Come è possibile dunque dare una casa a tutti, offrire la possibilità di vivere bene e in pace, abitare, lavorare, spostarsi e ricrearsi (diritto all’abitare) – ovviamente in rapporto al proprio reddito – e contemporaneamente salvaguardare il capitale naturale costituito dal suolo (sostenibilità )?
Oggi sappiamo esattamente cosa non bisogna fare; pur avendo introdotto azioni insostenibili con una cementificazione notevole, non abbiamo risolto il problema dell’abitare, anzi questo diritto per tanti non è neanche più pensabile. Ci sono tante case e ci sono tanti cittadini senza casa.
L’espansione edilizia, ripeto, non ha risolto il problema della casa; ha, in compenso, trasformato ettari di suolo agricolo in suolo edificabile coprendolo di infrastrutture che hanno dissanguato i bilanci comunali e non solo, depauperando parte del nostro capitale naturale.
Stabilito che la nuova e continua edificazione non risolve il dilemma della sostenibilità e del diritto all’abitare mi permetto di fare alcune proposte che spero siano fatte proprie nell’approvazione del nuovo PAT.
- Non si prevedano nuove aree edificabili fino a ché non si sia completato il piano esistente (se ricordo bene ci sono ancora almeno 500.000 mc da costruire);
- Si incentivi la edificazione che recuperi edifici esistenti o aree dismesse;
- Si trovino (tassa di scopo) nuove entrate per il comune non legate alla edificazione;
- Si trovino nuove leve fiscali (fiscalità di scopo) per indurre i possessori di case e appartamenti, a immettere nel mercato l’esiste, il già costruito;
- Il comune diventi un operatore immobiliare per operare nel settore edilizio e calmierare i prezzi del mercato oggi elevati.
Mi fermo qua, con la consapevolezza che bisogna invertire il modello di sviluppo fino ad oggi adottato per continuare a vivere bene e in pace consumando meno, sprecando meno, con più sobrietà , cominciando dalla terra intesa come suolo.
(Il presente articolo è stato ribadito come editoriale del periodico “La Città Futura”, n. 18, ottobre 2011 – pubblicato in pdf su questo sito il 25 ottobre 2011.)