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Lettere a Fausto: Eddy Merckx

27 luglio 2009
Pubblicato da Adriano Zanon

Caro Fausto,
ho letto quanto ti hanno scritto Gastone, Fiorenzo e Jacques – tue vecchie conoscenze, ma anch’io, con tutta la mia irriverenza, vorrei scriverti qualcosa sui temi affrontati, cioè in particolare sulla fortuna nel ciclismo e su come affrontarla.

Per evitare equivoci e false modestie ti dirò subito che sono io il tuo erede, l’unico tuo erede. Nessun altro può accostarti, né prima di me né dopo. Vorrei dire di più, tanto so che tu mi capisci: io sono stato, ciclisticamente parlando, la tua reincarnazione. Tu sei stato il primo ad eccellere su tutti i fronti e pur sacrificando agli anni della guerra le tue energie migliori, sei riuscito a vincere tanto e in tutti i tipi di corsa. Desidero ricordare alcune cifre (prima le tue vittorie, fra parentesi le mie):

Giro: 5 (5), tappe 22 (25); Tour: 2 (5), tappe 9 (34); Accoppiate Giro+Tour:  2 (3)
Mondiali su strada: 1 (3); Mondiali ad inseguimento: 2 (0); Record dell’ora: 1942-56 (1972-84)
Milano-Sanremo: 3 (7); Classiche belghe: 1 (10); Giro di Lombardia: 5 (2); Totale classiche monumento: 9 (19)

Io ho vinto quindi di tutto, come te, solo un po’ più di te, ma per ragioni note. Oltre all’intervallo della guerra tu hai avuto senz’altro più antagonisti anche contemporaneamente: gli italiani Bartali e Magni, il francese Bobet, gli svizzeri Koblet e Kubler, il nostro Van Stenbeergen sulle corse in linea. Io ho avuto come avversari il vostro Felice Gimondi (uno che non mollava mai e ne usciva sempre come un signore) per tutto il periodo, Luis Ocaña (uno che meriterebbe un intero trattato sulla sfortuna), ma solo al Tour e all’inizio degli anni Settanta e il mio compaesano fiammingo Roger De Vlaeminck, vincitore di ben 11 delle classiche (di cui 4 Parigi-Roubaix!), ma nessun giro. Altri non sono nominabili.

Per chiarire ulteriormente, voglio sottolinearti che nessun altro può avvicinarci. Tra i sette che hanno vinto sia Giro che Tour nello stesso anno, cioè l’impresa più difficile (noi due più Anquetil, Hinault, Indurain, Roche e Pantani), si può considerare un po’ solo Hinault. Infatti Anquetil e Indurain (un gigante alto 1,88 e pesante 80 chili) vincevano solo cronometro e corse a tappe, mentre Roche è durato solo un anno (il 1987 in cui vinse anche il mondiale, incredibile questo irlandese) – come purtroppo anche Pantani, che ha fatto i miracoli nel 1998, lui che sostanzialmente era uno scalatore puro. Bernard Hinault dunque ha vinto 3 Giri e 5 Tours, con ben due accoppiate, ma solo 7 classiche, un mondiale e nessun record dell’ora. Ha vinto anche due Vuelta (io solo una), ma questa non è ancora una gara universale, dove partecipano tutti o quasi tutti i migliori e io non la considero fondamentale per misurare il Palmarès. Non capisco invece Lance Armstrong, uno che ha vinto il mondiale nel 1993 eppoi 7 Tours di seguito (1999-2005). Ma solo quelli! Mah…

Detto tutto ciò, come valutare la fortuna nel ciclismo? Intanto chiariamo il concetto. Magni quando cita Machiavelli mi pare che intenda la fortuna in negativo, cioè la sfortuna. Ma mentre per Machiavelli la Fortuna (con la Effe maiuscola) era ancora una protagonista assoluta, capace di fare e disfare il mondo, per noi è già un cosa diversa, può esserci e non esserci, può anche essere positiva. Mi si dirà: per forza! In una gara, se è sfortuna per uno è fortuna per un altro. In realtà si può chiamare fortuna anche quella in cui uno solo ha dei vantaggi contro tutti o quasi tutti gli altri. Non penso solo a cadute collettive. Vuoi che ti ricordi io qualche caso nel Giro?

Ti ricordi senz’altro Carlo Clerici nel 1954. Forse ti brucia ancora oggi… Era un gregario di Hugo Koblet. Alla sesta tappa, la Napoli-L’Aquila, vinse la tappa su altri tre compagni di fuga. Solo che il vantaggio fu di mezz’ora abbondante e non fu mai colmato, pur essendo Clerici anche un cattivo scalatore. Klobet arrivò secondo a 26′ e tu solo quarto a oltre 31′. Clerici non vinse altro in carriera. Possiamo dire che ha avuto fortuna?

Dopo il Giro del 1955, quello del lavoretto tuo e di Magni a Nencini, si può ricordare quello del 1956. Ventunesima e terzultima tappa, Merano-Monte Bondone, Pasquale Fornara in rosa si ritirò semiassiderato in mezzo ad una tormenta di neve, con lui si ritirarono altri 43 corridori. CosìCharly Gaul che era partito ventiquattresimo a 17′ di ritardo, vinse con 8′ su Alessandro Fantini e oltre 12′ su Magni. Gaul era unico, si esaltava sotto il cattivo tempo, secondo me è stato il più grande scalatore di tutti i tempi. Ricorderai che Magni pagò allora la fortuna dell’anno precedente. Arrivò al traguardo con una spalla fratturata in caduta e aiutandosi a spingere sui pedali tenendo con i denti un tubolare legato al manubrio. Mitico. Ho avuto perfino un po’ d’invidia, perché queste sono veramente grandi imprese.

(Il mitico Magni al Giro 1954)

A questo punto mi dirai che anche i casi di Clerici nel 1954 e di Gaul nel 1956 hanno poco a che fare con la sfortuna, si deve chiamare dabbenaggine di tutti nel primo caso e resistenza di Gaul nel secondo… Ma nel secondo intervenne anche la caduta di Magni a conferma che la sfortuna non guarda in faccia nessuno!

Insomma, caro Fausto, la fortuna c’è, eccome, ma non si può sapere quando arriva, neanche un istante prima. Ecco perché io dò ragione al vostro Segretario fiorentino, quello del Principe, già ricordato da Fiorenzo, quando dice che

“la fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla. E si vede che la si lascia più vincere da questi che da quelli che freddamente procedano. E però sempre, come donna, è amica de’ giovani, perché sono meno respettivi, più feroci, e con più audacia la comandano.”

E’ un brano del capitolo XXV che io ho imparato a memoria perchè è la mia filosofia di gara, quindi di vita. Io non ho mai concesso niente a nessuno, ho sempre cercato di vincere, sempre, in ogni occasione. Naturalmente qualche volta ho perso e la più bruciante fu al traguardo del Montjuich nel 1973, quando pagai la voglia di strafare e non riuscii più a fare la volata che il buon Maertens mi lanciò, lasciando via libera a Felice. Qui lo voglio scrivere con chiarezza: Gimondi era un grande, senza di me avrebbe vinto altri due Tours e altri due Giri e oggi avrebbe un palmarès pari ad Hinault, cioè da terzo ciclista del dopoguerra, dopo noi due.

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(Eddy Merckx morde la strada della Parigi-Roubaix)

A proposito d’immagine, non capisco perchè mi chiamassero il cannibale. Io non mangiavo gli altri, ma la strada e i pedali e il manubrio. Penso che una metafora più realistica sarebbe di tipo erotico e sessuale: possedevo la bicicletta con grande foga, qualcosa di innato che le vittorie ed il tempo non mi hanno calmato, fino a quando non ho vinto più, come succede a tutti gli uomini.

Intanto domenica 26 si è concluso il 96esimo Tour. L’ha vinto Alberto Contador, castigliano, anzi di Madrid, per la seconda volta dopo quella del 2007. La cosa che più impressiona però è che dal 1986, cioè in 24 edizioni, ci sono state 10 vittorie statunitensi (7 Armstrong e 3 Lemond) e 10 vittorie spagnole (5 Indurain, 2 Contador e una a testa Delgado, Pereiro e Sastre). Fanno eccezione solo Roche (1987), Riis (1996), Ullrich (1997) e Pantani (1998). Dopo Pantani solo americani e spagnoli. Bisognerà rifletterci un po’.

L’ho fatta un po’ lunga Fausto, come un tappone dolomitico e con te avrei voglia di continuare, ma ti lascio qui, con tutta la riconoscenza e un forte abbraccio.

Il tuo
Eddy Merckx

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