State tranquilli, non mi occupo qui dell’attuale staffetta tra il pisano Enrico Letta ed il fiorentino Matteo Renzi, ma di quella storica tra il fiorentino Michelangelo Buonarroti ed il pisano Galileo Galilei.
Questi si sono passati il testimone 450 anni fa. Michelangelo Buonarroti (Caprese Michelangelo, 6 marzo 1475 – Roma, 18 febbraio 1564) e Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642): il primo è morto dopo tre giorni che il secondo era nato. Solo tre giorni, eppure a me viene facile unirli, leggerli insieme. Perché? Cosa hanno in comune questi due uomini?
Sono stati certamente longevi per i loro tempi (quasi 89 anni Michelangelo, quasi 78 anni Galileo). Erano entrambi di origine fiorentina, perché il primo nacque per caso in provincia (ora di Arezzo), il secondo per caso a Pisa. Ed entrambi sono sepolti a Firenze, in Santa Croce. Ma hanno fatto cose diversissime tra loro, riuscendo il primo a lasciar segni profondi nella scultura, nella pittura e nell’architettura, mentre il secondo ha letteralmente inventato la nuova indagine della natura, mettendo insieme l’osservazione sperimentale e l’astrazione matematica come nessuno prima di lui.
Hanno vissuto tempi certamente non facili (anche se non c’era ancora l’euro). Michelangelo visse appieno l’epoca delle guerre d’Italia (1494-1559), in un tempo in cui c’erano poche certezze anche per chi aveva il potere, come scriveva il Machiavelli. Galileo invece visse nel cuore del dominio spagnolo e clericale, cercando i pochi angoli disponibili, come a Padova (1592-1610), nella Repubblica veneziana, prima di dover scendere anche lui a compromessi con chi deteneva la Verità.
Ma entrambi avevano uno spirito che guardava avanti, al futuro. Facevano, costruivano qualcosa per essere utilizzato nel tempo. Per Michelangelo dipingere la volta della Cappella Sistina, con tutti quei corpi nudi poi pudicamente ricoperti, come progettare la tomba di Giulio II, con il Mosè che guarda di sbieco per non vedere quella chiesa lì, significava rileggere la tradizione e rimettere al centro l’uomo. Per Galileo, mettere in Dialogo – cioè a confronto – i modelli geocentrico ed eliocentrico, significava mettere per iscritto il diritto del pensiero alla critica ed al cambiamento.
Lavoravano su due cose diverse, ma guardavano criticamente il passato per cambiare. Il loro presente era tensione al futuro. Ecco perché ricordo volentieri questa staffetta.