E’ di pochi giorni fa la notizia che quest’anno in Italia si sono vendute più biciclette che automobili.
Ma perché? Cos’è cambiato? La crisi, il prezzo della benzina arrivato a 2 euro al litro e i 7 mila euro all’anno (calcolati da Federconsumatori) per mantenere l’auto ci hanno sicuramente convinto a pedalare di più. «Ma non è solo questo – sostiene Nigrelli [direttore del settore cicli di Confindustria Ancma] – il segreto del successo sta nel fatto che la bici è easy, facile da usare, costa poco, è maneggevole, comoda, oggi anche hi-tech nelle versioni ibride ed elettriche. Su un tratto di 5 km batte qualsiasi altro mezzo».
E’ vero, la bicicletta è una grande invenzione, ma le bici possono andare dappertutto? Questo è il problema. Ai miei tempi si poteva. Le automobili erano poche e più piccole ed i camion in proporzione erano ancor meno. D’estate, quando non c’era il servizio scolastico, io potevo venire da Sesto al Reghena a Portogruaro senza tante ansie. Dodici km via Cinto o undici via Giai, passando sempre per La Sega, poi l’ultimo stradone in mezzo ai campi (l’attuale viale Pordenone).
Oggi nella bella stagione quando posso la faccio ancora in bicicletta, perché ho la fortuna di esser tornato a Sesto come sede di lavoro. Faccio la bassa di Portovecchio, poi in mezzo ai campi fino a Giai e quindi verso Sesto. E’ una strada bellissima, si corre in fianco al Lemene e in mezzo ai campi di biava, dodici km con pochissimi punti di particolare attenzione, sostanzialmente all’uscita/entrata di Porto. Se non ci sono intoppi, è mezzora di pedalata, ma in auto si risparmierebbero solo una decina di minuti e dipende dal momento della giornata.
Però il mio è proprio un caso fortunato. Dieci km in altre direzioni sono impraticabili in bicicletta, se non su strade secondarie e quindi solo per sport, non certo per andare al lavoro. Non verso San Stino (15 km), non verso Annone (14 km), non verso Cordovado (10 km). Figurarsi verso Latisana (15 km, ma via Frata-Alvisopoli-San Giorgio sarebbero 19 km). Ma anche sul percorso più breve di cinque km non ci sono più strade percorribili e non ci sono ancora piste ciclabili ben collegate tra loro. In particolare, la diffusione delle rotonde – dove è poco visibile e seriamente a rischio – ha complicato assai la vita del ciclista.
Naturalmente questa situazione non è solo locale. E in alcune città la bicicletta non è neanche utilizzabile, quando non è proprio ostacolata. In molti casi ci sono solo i segni per terra, un ologramma, ma per pedalarci sopra non basta avere una bici, ci vorrebbe un po’ di continuità di percorso e un po’ di sicurezza in più.
Che soluzioni adottano in giro per il mondo?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/06/30elode-come-cambiare-nostre-strade/344443/moderazione_02/
http://www.gtkp.com/themepage.php&themepgid=48
http://www.treehugger.com/bikes/green-box-biking-and-safety-its-all-in-our-heads.html
http://bikeportland.org/2008/05/09/green-bike-lanes-spread-to-seattle-7508
http://dc.streetsblog.org/2012/04/04/bikes-belong-selects-six-cities-to-fast-track-protected-bike-lanes/
Tra l’altro l’allegato C del PUT di Portogruaro ne riporta altri di interessanti
http://www.comunediportogruaro.org/storage/urbanistica/PGTU/ALL_C_AbacoIA.pdf